Scommetti che se salto quel fosso... Indagine estetica su una famiglia. L'autore predilige cromatismi e grafica dotati di un impatto molto comunicativo, scegliendo come punto di partenza la fotografia.
A cura di Fabrizia Bettazzi
A volte ci vengono schiusi alcuni orizzonti. Possibilità privilegiate di visioni, intime, intimiste. Luci su un calore familiare gelosamente custodito.
Edoardo Nardin è il tramite, l’accesso ad una dimensione che da particolare diventa sentire condiviso per chiunque vi si accosti: i legami familiari, affettivi propri della famiglia dell’artista diventanto universali. L’operazione è Pop, popolare certo, per la scelta stilistica: l’autore predilige cromatismi e grafica dotati di un impatto molto comunicativo, scegliendo come punto di partenza la fotografia. A tutto è sottesa (ancora popolarmente) una dimensione nella quale ognuno potrà identificare sé stesso ed il proprio nucleo parentale.
Un Qui domestico, dove chiunque sa che potrà fermarsi.
L’allestimento negli spazi di Lato tiene conto di questi legami familiari che sorreggono e guidano tutta la lettura. All’ingresso l’origine di tutto, l’unione di due figure carica di un significato profondo le parole che danno il titolo alla mostra. Quest’ultime sono l’alchimia che ha reso possibile il dipanarsi stesso del filo di questo racconto: un racconto fatto di sguardi, gesti, posture che come in un gioco di rimandi è abilmente descritto dall’abilità del suo narratore.
Nardin sviluppa il suo percorso verso la costituzione/costruzione della sua famiglia, dai nonni attraverso uno sguardo su tutte le famiglie dei quattro zii, con prospettive diversificate che accompagnano le espressioni dei personaggi assecondandone di volta in volta l’espressione caratteriale.
Ogni scelta compositiva riflette l’indole, il gusto del ricordo nella mente dell’artista, l’eco di confidenza che ognuna di quelle figure riveste nel suo mondo.
In una posizione di rilievo, come un secondo punto di partenza nell’immaginario di Edoardo, il quadro della sua famiglia, accanto i fratelli, e lui stesso, insieme alla compagna Chiara, preludio al futuro più prossimo.
La regia di Nardin è efficace nell’accompagnarci attraverso un racconto per immagini.
La presenza dell’autore nel legame ai suoi valori è percettibile, se non fisicamente, attraverso un segno: sull’altalena immaginiamo un bambino, che, diventato adulto, ha trovato gli strumenti per poter costruire un affresco moderno di così grande efficacia.
L’artista recupera nell’ecletticità della sua scelta stilistica e compositiva una dimensione di ingenuità volutamente fanciullesca, imprescindibile punto di partenza per chiunque voglia nella vita arrivare ad una personale realizzazione adulta.
Fabrizia Bettazzi
Edoardo Nardin nasce a Pordenone nel 1983. Frequenta il Liceo Artistico Enrico Galvani di Cordenons dove ha modo di sperimentare diversi linguaggi artistici e si diploma con la specializzazione in grafica pubblicitaria.
Nel 2003 si trasferisce a Prato, dove si laurea con lode in “Produzione di Musica, Spettacolo e Arte”, facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze, con tesi sui finanziamenti alla cultura. Personalità eclettica, porta avanti una ricerca artistica personale sul mondo dell’acrobatica e della giocoleria, organizza eventi culturali con un’associazione da lui fondata e lavora come freelance graphic designer per diverse realtà nazionali.
Inaugurazione: sabato 26 gennaio dalle ore 18:30
Lato
piazza San Marco, 13, Prato
Orari: piazza San Marco, 13
Ingresso libero