Museo d'Arte Contemporanea di Lissone MAC
Lissone (MB)
viale Padania, 6
039 2145174 FAX 039 461523
WEB
Tre mostre
dal 15/2/2013 al 8/3/2013
mar-ven 15-19, gio 15-23, sab-dom 10-12 e 15-19

Segnalato da

Matteo Fato




 
calendario eventi  :: 




15/2/2013

Tre mostre

Museo d'Arte Contemporanea di Lissone MAC, Lissone (MB)

Il MAC di Lissone continua il suo articolato programma di eventi e progetti espositivi con la retrospettiva dedicata a Franco Grignani (L'arte del progetto), il primo appuntamento della rassegna Videography con il performer Michael Fliri e il riordino della collezione permanente, dal titolo "Cronache del dopobomba".


comunicato stampa

Il 16 febbraio, il MAC di Lissone continua il suo articolato programma di eventi e progetti espositivi con la retrospettiva dedicata a FRANCO GRIGNANI, il primo appuntamento della rassegna VIDEOGRAPHY e il riordino della collezione permanente, dal titolo CRONACHE DEL DOPOBOMBA.

SECONDO PIANO. Nella sua vocazione di riscoperta e valorizzazione del Secondo Novecento, il Museo di Lissone inaugura una retrospettiva di Franco Grignani, figura trasversale, rara nel suo genere, unica nella sua complessità. Incentrata sulle opere optical degli anni Sessanta e dei primissimi anni Settanta, la mostra annovera alcuni cicli tematici particolarmente significativi, tra cui un importante nucleo di opere esposte alla Quadriennale di Roma del 1972. Il decennio preso in esame permette di sondare uno dei periodi più ricchi, intensi e innovativi dell’artista, mettendo in relazione gli esperimenti di arte visiva con alcune applicazioni grafiche dello stesso Grignani, al fine di evidenziare quello scambio proficuo e interdisciplinare che ha sempre caratterizzato la sua ricerca visiva. La mostra è quindi un’occasione per ammirare le alterazioni e le interferenze percettive che spinsero Franco Grignani all’analisi critica della comunicazione visiva, il cui contributo culturale è di stringente attualità, oggi come allora.

PIANO INTERRATO. Il riordino della collezione permanente intende cartografare l’Europa poststorica (intesa come fine della vita storica e perdita definitiva di ogni centro) attraverso le opere informali degli anni Cinquanta e Sessanta di Appel, Bellegarde, Feito, Marfaing, Mathieu, Moreni, Romiti, Scanavino, Schneider, Tàpies, Thieler e Vedova. Al centro della sala verrà invece collocato l’Uomo atomizzato di Agenore Fabbri; sarà proprio la scultura di Fabbri a riallacciarsi in modo esplicito al tema delle bombe atomiche, ordigni bellici che sono stati forieri di un nuovo ordine concettuale – o più precisamente: di un inedito disordine visivo – all’interno della pittura e della scultura del secondo Novecento. Alcune teche, collocate in prossimità delle opere, metteranno a disposizione immagini e libri che documentano gli avvenimenti connessi alla dolo[ro]sa distruzione di Hiroshima e Nagasaki. Riportando in superficie le angosce, gli strazi e i patimenti di quegli anni, l’allestimento di Cronache del Dopobomba intende porre l’attenzione sulle tensioni culturali e il dissesto psicologico che innervavano/avvelenavano l’arte del secondo dopoguerra.

SALA VIDEOPROIEZIONI. Il MAC di Lissone dedica una rassegna alle video-produzioni delle ultime generazioni. A cadenza mensile la saletta del secondo piano sarà riservata alle opere di un unico artista; la prima sessione sarà affidata a Michael Fliri, che per l’occasione presenta tredici video grazie ai quali sarà possibile ripercorrere dieci anni della sua attività artistica, dal 2001 al 2011. Michael Fliri è un performer che opera “in solitaria” e “in silenzio”. I suoi video sono incentrati sui gesti, sulla corporeità, sugli sforzi fisici al limite del non-senso. L’artista incarna la figura dell’antieroe intrappolato nel proprio ruolo e spossato da regole che rimangono sconosciute allo spettatore. Nei video sembra non succedere quasi nulla, ogni situazione appare a dir poco paradossale, i personaggi vengono sottoposti a imprese prive di logica (se non la logica dell’assurdo) e il dispendio di energie sembra vanificato dall’insuccesso o dall’inanità delle imprese in atto. L’unica cosa certa in questi video è che nulla è come sembra. È altresì impossibile sapere cosa aspettarsi.

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VIDEOGRAPHY: MICHAEL FLIRI

A cura di Alberto Zanchetta

l MAC di Lissone dedica una rassegna alle video-produzioni delle ultime generazioni. A cadenza mensile la saletta del secondo piano sarà riservata alle opere di un unico artista, offrendo al pubblico la possibilità di vedere i filmati da lui realizzati nel corso degli anni. La prima sessione sarà affidata a Michael Fliri, che per l'occasione presenta tredici video grazie ai quali sarà possibile ripercorrere dieci anni della sua attività artistica, dal 2001 al 2011.

Michael Fliri è un performer che opera "in solitaria" e "in silenzio". I suoi video sono incentrati sui gesti, sulla corporeità, sugli sforzi fisici al limite del non-senso. L'artista incarna la figura dell'antieroe intrappolato nel proprio ruolo e spossato da regole che rimangono sconosciute allo spettatore. Nei video sembra non succedere quasi nulla, ogni situazione appare a dir poco paradossale, i personaggi vengono sottoposti a imprese prive di logica (se non la logica dell'assurdo) e il loro dispendio di energie sembra vanificato dall'insuccesso o dall'inanità delle imprese in atto. Ciò nondimeno, esiste in questi fotogrammi un effetto destabilizzante: forse che questi sforzi nascano e nascondano per davvero una necessità fisiologica? Un'urgenza di relazionarsi con il mondo e con la vita?

Sovvertendo i luoghi comuni e mettendo in crisi i rapporti tra interno-esterno, alto-basso, i video di Fliri sono fulminei, folgoranti, pervasi da un'acuta ironia (che traspare in titoli quali THE UNSEEN LOOKS LIKE SOMETHING YOU HAVE NEVER SEEN del 2011, 0O°°°oo°0Oo°O0 del 2010, GETTING TOO OLD TO DIE YOUNG del 2008 o I'M IN HELL AND I'M ALONE del 2007), vena ironica che ha in sé un sapore agre, pungente, difficile da definire a parole ma che l'immagine filmica riesce a comunicare con grande efficacia.

Le performance di Michael Fliri vengono generalmente fruite attraverso il video, in cui l'artista è protagonista assoluto. Fliri cura anche le scenografie, i suoni, le inquadrature, e in particolar modo i costumi; il camouflage gli permette infatti di dar vita a delle figure ambigue, ibride, che spaziano dallo sciatore allo scalatore fino al naufrago. Particolarmente suggestive sono anche le sue metamorfosi animali e le manipolazioni dell'ambiente. L'unica cosa certa in questi video è che nulla è come sembra. È altresì impossibile sapere cosa aspettarsi.

Michael Fliri è nato nel sud Tirolo nel 1978, vive e lavora tra Vienna e l'Italia. Ha studiato alla New York University, all'Accademia di Belle Arti di Bologna, all'Akademie der Bildenden Künste di Monaco e alla Kunstakademiet di Bergen. Ha inaugurato sue mostre personali alla Galleria Raffaella Cortese di Milano, al Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, all'Art dans la Cité di Parigi, al Museion di Bolzano e alla Galleria Enrico Fornello di Prato. Tra le mostre collettive si ricordano quelle al Centre Pompidou di Parigi, all'Alpenrepublik Kunstraum di Innsbruck, al Padiglione Esprit Nouveau di Bologna, al Kaohsiung Museum of Fine Arts di Taichung, alla Generali Foundation di Vienna, al Mart di Rovereto, all'Expo di Shanghai, a La Friche la Belle de Mai di Marsiglia, alla Galleria Comunale d'Arte Contemporanea di Monfalcone, all'Hancock Museum di Newcastle, alla Terza Biennale d'Arte di Mosca, alla Fondazione Merz di Torino, al Dome City Centre di Beirut, al Centre d'Art de la Bastille di Grenoble, all'Hangar Bicocca di Milano, al Palazzo Strozzi di Firenze, alla Galleria Civica di Trento, alla Somerset House e al Form Content di Londra, alla Fondazione Stelline di Milano e al Kunsthaus di Merano. Ha vinto il premio dell'AIR Antwerp del Belgio, l'European Festival of Visual Arts in Hospital di Parigi, il Récollets della Fondazione Sparkasse e del Museion di Bolzano, ha inoltre ricevuto il Premio d'Onore della Giuria al primo Premio delle Performance Internazionale di Trento.

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CRONACHE DEL DOPOBOMBA

A cura di Alberto Zanchetta

Se la storia è «Maestra degli errori imperdonabili e irreparabili», l'arte è lo specchio di un'esistenza mutante e medesima. A cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta i sismografi dell'arte registrarono un'esplosione "anodina" rispetto all'olocausto di Hiroshima e Nagasaki: alla detonazione dell'informale corrispondeva infatti l'implosione interiore dell'artista, la cui angoscia epocale si sarebbe espressa nell'urlo dell'anima. Dal conflitto con il supporto nasceva la tensione dei grandi formati - che andavano però guardarti da molto vicino - ove gli artisti raffigurano sensazioni e sentimenti, proiezione di quell'autre che divenne la cosa in sé. Tra colpi e contraccolpi, sciabolate di pennello e sferzate della spatola, il colore venne ridotto ad ampie taches oppure in tracce convulse che conferivano all'opera il suo aspetto di casualità e causalità.

Il riordino della collazione permanente intende cartografare l'Europa poststorica (intesa come fine della vita storica e perdita definitiva di ogni centro) rispetto all'imperialismo americano, quello cioè dei Signori della Guerra. L'effetto catastrofico delle bombe nucleari aveva di fatto riversato la sua onda d'urto sulla pittura, che improvvisamente si disgregava e assumeva l'aspetto di quello che sarà chiamato informel o gesture painting. Benché fosse venuta meno la responsabilità verso lo spettatore, i pittori del secondo dopoguerra lasciavano intuire la loro insofferenza psicofisica: stanchi di una pittura addomesticata, e in radicale opposizione al figurativo, la forma aveva finito per dissolversi, come a voler denunciare la crisi del momento e il senso di ciò che era ormai perduto. Alle "reliquie" di un vecchio ordine subentrava quindi la follia multiforme/informe del caos che pervadeva il mondo reale.

Nel piano interrato del Museo saranno esposti i dipinti di Karel Appel, Claude Bellegarde, Luis Feito, André Marfaing, Georges Mathieu, Mattia Moreni, Sergio Romiti, Emilio Scanavino, Gerard Schneider, Antoni Tàpies, Fred Thieler e Emilio Vedova, artisti che hanno saputo incarnare al meglio la stagione dell'informale, riuscendo a catalizzare l'esperienza e l'esistenza per sobillare le coscienze. Al centro della sala verrà invece collocata una scultura di Agenore Fabbri, effigiante un Personaggio atomizzato; sarà proprio la scultura di Fabbri a riallacciarsi in modo esplicito al tema delle bombe atomiche, ordigni bellici che sono stati forieri di un nuovo ordine concettuale (o più precisamente: di un inedito disordine visivo) all'interno della pittura e della scultura del secondo Novecento.

Alcune teche, collocate in prossimità delle opere, metteranno a disposizione immagini e libri che documentano gli avvenimenti connessi alle esplosioni atomiche dell'agosto 1945. Riportando in superficie le angosce, gli strazi e i patimenti della dolo[ro]sa distruzione di Hiroshima e Nagasaki, la mostra vuole porre l'attenzione sulle tensioni culturali e il dissesto psicologico che innervavano/avvelenavano l'arte del secondo dopoguerra. Tra i fumi della devastazione e le urla dei sopravvissuti, la pittura informale ha cercato di risanare le rovine morali e materiali del continente europeo, assecondando una speranza di guarigione e di riscatto dai conflitti bellici. Senza mai dimenticare o rinnegare quelle ferite che ancor oggi si rifiutano di rimarginarsi e tutti quei fantasmi che non saranno mai veramente fugati, la pittura informale è stata un anelito di liberazione e rivoluzione rispetto a una realtà tragica, brutale, inumana e più che mai insensata.

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FRANCO GRIGNANI: L'ARTE DEL PROGETTO

A cura di Alberto Zanchetta

Nella sua vocazione di riscoperta e valorizzazione del Secondo Novecento, il Museo d'Arte Contemporanea di Lissone inaugura una retrospettiva di Franco Grignani, figura trasversale, rara nel suo genere, unica nella sua complessità. Artista, architetto, fotografo, graphic designer, art director: ancor oggi riesce difficile etichettare le sue molteplici competenze. All'indomani della sua scomparsa, Sergio Polano l'aveva descritto come un «maestro solitario e rigoroso, ricercatore raffinato e metodico della "verità" della forma visiva, della parola visibile e dell'immagine eloquente, il progettista visuale, pittore e fotografo, insomma l'artista».

È a Franco Grignani che dobbiamo la primogenitura dell'Op Art europea e una ricerca pioneristica nel contesto dell'arte ottico-visiva. Negli anni Quaranta e Cinquanta inizia a elaborare teorie sulla sub percezione (che è il recupero contemporaneo dello spazio visivo totale attraverso il fenomenodello sguardo laterale ricostruito con lenti astigmatiche); nei decenni successivi l'artista affronta invece problemi connessi alla tensione e alla distorsione ottica, sondando i fenomeni di proiezioni, di induzioni e di assorbimento nelle strutture radiali. Impermeabile a sentimentalismi e nostalgie, l'artista dipinge su fondi neutri, bianchi o neri, sulla cui superficie si articolano illusioni ed elusioni ottiche dall'effetto destabilizzante. Ne risultano opere dall'equilibrio precario, ove le forme avanzano e allo stesso tempo retrocedono, suggerendo un movimento interno alla superficie.

La retrospettiva, ordinata da Alberto Zanchetta negli spazi del MAC di Lissone, è incentrata sulle opere degli anni Sessanta e dei primissimi anni Settanta, annoverando alcuni cicli tematici particolarmente significativi - dalle Tensioni alle Proiezioni, dalle Diacroniche alle Dissociazioni delcampo, dalle Periodiche alle Psicoplastiche - tra cui un importante nucleo di opere, esposte per la prima volta alla Quadriennale di Roma del 1972. Il decennio preso in esame permette di sondare uno dei periodi più ricchi, intensi e innovativi dell'artista, in cui l'estetica tende a trasporre il pensiero in immagine. L'allestimento della mostra comprende inoltre cataloghi personali e
documenti dell'epoca (come le veline del discorso tenuto allo storico congresso Vision65), ma soprattutto mette in relazione gli esperimenti di arte visiva con alcune applicazioni grafiche dello stesso Grignani, evidenziando quello scambio proficuo e interdisciplinare che ha sempre caratterizzato la sua ricerca visiva; ne sono un esempio le elaborazioni per le officine grafiche Alfieri & Lacroix, le copertine di Linea grafica e Graphis, il marchio della Pura Lana Vergine da lui ideato nel 1964 e qui riproposto al pubblico assieme al logo dell'Aiap. La mostra è quindi un'occasione per ammirare le alterazioni e le interferenze percettive che spinsero Franco Grignani
all'analisi critica della comunicazione visiva, il cui contributo culturale è di stringente attualità, oggi come allora.

Franco Grignani (Pieve Porto Morone, 1908 - Milano 1999) consegue la laurea al Politecnico di Torino. Dopo aver militato nel Secondo Futurismo si interessa alle teorie della Gestalt e al costruttivismo. I suoi principi formativi e i suoi interessi si orientano quindi nell'area delle nuove estetiche, e in particolar modo nel campo della comunicazione visiva. La sua ricerca, svolta in modo coerente e solitario, analizza i fenomeni e i processi percettivi, influenzando le correnti optical dell'arte e della grafica internazionale. Sue mostre personali sono allestite a Londra, Chicago, Kassel, Stoccarda. Particolarmente significative le antologiche alla Rotonda della Besana di Milano nel 1975, al Museo de Bellas Artes di Caracas nel 1977 e alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna nel 1983. Espone inoltre in collettive tenutesi a New York, Los Angeles, Parigi, Melbourne, Helsinki, Barcellona, Madrid, Amburgo, Varsavia, Zurigo, Arles, Copenhagen, Munster e nelle principali città italiane. Sue opere si trovano al MOMA di New York, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, al Victoria and Albert Museum di Londra e al Museo d'Arte Moderna di Varsavia. Dal 1952 fa parte dell'AGI (Alliance Grapique Internationale) ed è membro della STA (Society of Typographic Arts) di Chicago. Viene premiato alla XXXVI Biennale di Venezia nella sezione di grafica sperimentale. Nel 1959 gli è conferita la Palma d'Oro della Pubblicità e la Medaglia d'Oro della Triennale di Milano. Di lui hanno scritto Apollonio, Argan, Ballo, Caramel, Carluccio, Celant, Dorfles, Trini, Valsecchi, Zannier e molti altri importanti critici.

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Immagine: F. Grignani, Trauma spaziale 6, 1965, olio su tela, cm 96x96

Inaugurazione sabato 16 febbraio ore 18.30

Museo d’Arte Contemporanea
Viale Padania 6 (fronte stazione FS) - 20851 Lissone - MB
Martedì, Mercoledì e Venerdì h 15-19
Giovedì h 15-23; Sabato e Domenica h 10-12 / 15-19
Ingresso libero

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