Il pittore tedesco, dopo la rappresentazione della sua stanza nella sua ultima serie di lavori (oli su tela di lino o di cotone), realizza una sorta di ritratto dell'artista nello studio.
Dalla rappresentazione allegorica di Gustave Courbet alle immagini pop
di Roy Lichtenstein, dagli interni gioiosi di Henri Matisse alle
atmosfere pensose di Giorgio Morandi, dalla sintesi di forme di Pablo
Picasso alle analisi concettuali del videoartista Bruce Nauman, lo
studio dell'artista, il luogo sacro della creazione per eccellenza, il
laboratorio dove le idee vengono coltivate, cucinate e servite sulla
tela, è un soggetto frequente nella storia dell'arte anche recente.
L'artista si ritrae spesso al centro del suo ambiente, circondato da
quegli oggetti che lo accompagnano nella quotidiana ricerca di
rappresentazione e comprensione della realtà.
Anche il pittore tedesco Robert Haiss (Offenbach, 1960), dopo averci
condotto in passato in un viaggio alla scoperta della sua stanza (con il
ciclo Die Reise um mein Zimmer an einem Tag), nella sua ultima serie di
lavori, oli su tela di lino o di cotone, realizza una sorta di (auto)
ritratto dell'artista nello studio.
Un ritratto però sui generis, del
tutto inedito: l'immagine dello studio viene infatti smembrata, fatta a
pezzi e i suoi frammenti vengono lasciati liberi di combinarsi come le
tessere di un mosaico in contesti diversi, fino a partorire nuove
storie. E, dato che lo studio è considerato per tradizione lo specchio
fedele dell'anima dell'artista, è come se anche la sua anima andasse in
frantumi per essere ricomposta in modo nuovo, rivelando il processo alla
base della creazione di un'opera d'arte.
Spiega l'artista: "I miei
quadri nascono da disegni, idee e progetti che sintetizzo sul mio
taccuino. Può volerci del tempo perché io senta la necessità di
dipingere un quadro. Spesso parto da oggetti, da cose che mi circondano.
Comincia così una sorta di danza, di gioco di rapporti, finché nuove
relazioni mi suggeriscono impulsi. Un motivo si può moltiplicare e dare
origine a una serie, come è accaduto con quest'ultimo lavoro.
Mi piace
veder nascere una collezione viva di quadri riuniti sotto lo stesso
tema, anche se la maggior parte di essi si possono considerare
separatamente e indipendentemente l'uno dall'altro. Sono senza titolo,
si rivolgono al pubblico e si mettono in relazione direttamente con il
vissuto di ciascuno. Non vogliono raccontare troppo, vogliono essere
liberamente dei quadri".
Tema del ciclo di Robert Haiss è il mestiere del pittore. L'artista ci
dice che è un lavoro duro, faticoso, perfino eroico. Come quello delle
Spigolatrici (1857) di Jean-François Millet: tre donne curve nei campi,
a raccogliere le spighe sfuggite alla mietitura, tre figure umili,
eppure piene di dignità e in perfetta comunione con la natura. Haiss le
cita più volte nei suoi piccoli dipinti. Le dipinge vicino al greto di
un torrente, in una campagna avvolta dalla nebbia o in un campo
verdissimo, sagome monumentali in equilibrio studiato, la cui postura
richiama la forma di un arco, elemento architettonico di stabilità e
armonia.
"Il motivo della figura che si piega per raccogliere qualcosa
da terra o forse solo per accarezzarla mi è sempre piaciuto. Il
ritrovamento e la scoperta sono situazioni in cui chiunque si può
riconoscere. Le Spigolatrici di Millet hanno a che fare con l'essenza,
con questioni fondamentali che mi toccano nel profondo. Nella loro
solitudine riconosco la mia di artista". Le Spigolatrici sono l'alter
ego del pittore, che nell'intimità dell'atelier condivide lo stesso
destino di solitudine, dedizione, abnegazione.
Anche altri dipinti sono legati in maniera sottile alla metafora del
lavoro nei campi. In un piccolo quadro vediamo ad esempio l'artista
emergere da un campo portando sulla schiena quella che a prima vista può
sembrare una fascina di legna. Si tratta invece delle assi che servono
per montare il cavalletto e il telaio a cui fissare la tela per
dipingere.
Legate tra loro con un nastro, come pensieri stretti e
concatenati l'uno all'altro, le assi in altri dipinti appaiono a un
angolo di strada, o nascoste dietro a una porta socchiusa, o svettano
contro un cielo minaccioso, in cima a una montagna. L'ispirazione, ci
vuole forse suggerire l'artista, arriva quando meno te l'aspetti:
"Girando per la città osservo la vita e la inserisco nella mia opera
adattandola al mio ritmo interiore".
Il viaggio nella psiche dell'artista prosegue attraverso una foresta di
immagini simboliche, metafore, enigmi, che scaturiscono però da
situazioni quotidiane, all'apparenza perfino banali, come nella miglior
tradizione della pittura surrealista: una veduta urbana, un paesaggio,
un interno, dove qualche elemento "fuori posto" è in grado di mandare in
cortocircuito la visione del reale.
Come René Magritte, un maestro che
Haiss cita tra i suoi punti di riferimento (insieme a Watteau, Adolph
von Menzel, Giorgio Morandi, Corot, Hammershoi...), l'artista tedesco
immette in situazioni quotidiane soggetti familiari che, colti con
un'ottica realistica, vengono però accostati tra loro in modo da
suggerire nuove relazioni. In particolare in alcuni lavori di Haiss si
sente l'eco dei capolavori del primo Magritte surrealista, quello della
metà degli anni Venti: dalla Traversata difficile (1926), alla Nascita
dell'Idolo (1926) al Cavaliere perduto (1926) al Giocatore segreto
(1927).
Haiss si appropria persino di alcuni elementi caratteristici di
Magritte, come l'immagine delle acque agitate di un mare notturno in
tempesta: e allora vediamo un telaio alla deriva tra le onde nere e
minacciose, in attesa che l'artista lo recuperi. O ancora l'immagine
davvero singolare del balaustro, che nella pittura del grande
surrealista era a sua volta associata alla figura dell'albero spoglio, a
un manichino o a un pezzo degli scacchi. Haiss lo ripropone in contesti
diversi: nel campo lambito dalla nebbia accanto alle due spigolatrici,
nell'angolo di una stanza, all'aperto vicino a un altissimo armadio.
Nella pittura colta di Haiss non appare nessun elemento fantastico, e
tuttavia le sue composizioni di luoghi e oggetti banali emanano un'aura
speciale, trasmettono una straordinaria atmosfera di magia, di suspense.
Partendo dal quotidiano, la sua pittura approfondisce la conoscenza del
mondo, ma una conoscenza che rimane inseparabile dal suo mistero.
Inaugurazione: Sabato 23 Febbrario ore 18
Duetart Gallery
vicolo Santa Chiara, 4, Varese
Orari: mar-sab 15-30-19.30
Ingresso libero