Place / No Place. L'artista si piega all'utilizzo della superficie piana, piega il materiale come nastro che racconta delle storie. Contiene resti di vite, tracce di umanita', verso una riflessione morale.
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a cura di Francesco Pantaleone e Agata Polizzi
con un testo di Agata Polizzi
Negli anni l'interesse di Loredana Longo per gli oggetti ha creato un
archivio della memoria fatto di luoghi, cose, persone che in qualche modo
sono stratificazioni, testimoni di una vita trascorsa tra case piene, tra
rumori di cristalli e voci, una energia tipicamente mediterranea, una
platea di ricordi ricorrente alla quale Loredana attinge e alla quale
appartiene.
L'immagine più precisa di tutto questo potrebbe essere l'eterna
rappresentazione di una "Cena di Natale", sontuosa e traboccante, barocca.
Un altare sul quale consacrare il rito, il momento conviviale che unisce,
che divora la perfezione, lasciando solo i resti di ciò che è stato.
Opulenza e forza. Questa è la matrice umana e artistica della Longo.
In lei c'è puro impeto, come all'interno di un vulcano, imprevedibile.
Scrollarsi di dosso il suo essere del Sud non è facile. Del resto lei non
ne ha la minima intenzione. Una carica dirompente ma pacifica anima i suoi
gesti, lei dice che si tratta di "un atto d'amore".
Ecco perché le esplosioni, il frastuono, il lampo. La serie "Explosion"
chiarisce perfettamente la sua natura.
Esplosione # 8 Sweets è la teatralizzazione di un interno borghese, una
tavola affollata da troppo cibo, troppe cose, ogni singolo oggetto è il
tassello di un ricordo; ogni oggetto è posto in un equilibrio perfetto che
sta per essere travolto, perderà i connotati.
Disastro o rinascita? Loredana Longo usa l'oggetto come un puzzle al
contrario. Prima con cura prepara la scena, poi la distrugge, poi la
ricompone, dà ad essa una nuova vita.
Il dinamismo caratterizza in modo determinante pensiero ed azione.
Improvvisamente una sensazione, poi l'idea che prende forma, poi il lavoro
di costruzione, poi la deflagrazione, e poi ecco la ricomposizione e la
rinascita.
Un'azione che ha valore solo nella sua interezza, vale ogni singolo
passaggio intermedio. È una linea retta su cui ogni segmento contribuisce
a raggiungere il tutto. È come l'infinito.
Costante in Longo il riferimento agli interni, alla "roba", così cara al
verghiano Mazzarò. Appunto la roba, le cose che si accumulano e che
rendono tangibile la quotidianità. Loredana Longo contrariamente a Mazzarò
non è ossessionata dal possesso ma è solo affascinata dalle cose.
Stoffe, legno, mobili, suppellettili, vetri, porcellane, sono come oggetti
sacri, emanano energia vitale.
Oggetti che hanno una doppia valenza: minimale se creati da lei ex-novo,
ridondante invece se attraverso lei sono reinterpretati.
Un ossimoro che si rafforza nell'opposizione. La creazione è comunque per
Longo una atto di forza, ama astrarre dai contesti, conferendo all'oggetto
un valore diverso, spesso di rottura.
In PLACE/NO PLACE prevale lo sforzo di sintesi, una concentrazione
fortissima sul proprio lavoro, poiché Longo deve confrontarsi con la
bidimensionalità del supporto espressivo e materiale.
Già nella precedente serie FLOOR Longo anticipa la nuova direzione e crea
un pavimento che è un corteo di mattoni di cemento impoverito, inerte e
pesante, come l'animo di certi uomini senza scrupoli, che trattiene nelle
pieghe rigide e profonde stracci, cocci, appartenuti a chi sa chi. Una
riflessione acuta sul malaffare legato agli appalti e alle infiltrazioni
della criminilità organizzata nel tessuto urbano e nella politica, un
doloroso accento sulla violazione indiscriminata del paesaggio, tormentato
da abusi edilizi e scempi ambientali.
Loredana Longo si piega all'utilizzo della superficie piana, piega il
materiale come nastro che contiene e racconta delle storie. Contiene resti
di vite, tracce di umanità. Inizia in lei un percorso che la porta, sempre
più intensamente, verso una riflessione morale che traspare
dall'attenzione al particolare, a ciò che sottilmente suggerisce di
leggere tra le righe, di scavare nei fatti.
L'intesse per l'Oriente ha perciò una natura fortemente politica.
Lavorare sul tappeto implica il confronto con molti precedenti, con la
storia imprescindibile di un oggetto assolutamente magico e per questo
molto utilizzato. In più e oltre si sovrappone il testo, che diventa
metalinguaggio, esperienza sensoriale. PLACE/NO PLACE usa la parola come
un'arma, in questo caso per difendere, parola usata per colpire senza
violenza.
Nel 2012 Philipphe Alain Michaud, conservatore al Centre Pompidou di
Parigi, cura per l'Accademia di Francia a Roma, 'Tapis Volant": il tappeto
come un intreccio, come un film che racconta la trama lungo tutta la sua
superficie. Il tappeto è per Michaud il luogo-non luogo, il recinto sacro
e il giardino. Analisi di come artisti del passato e del presente hanno
interpretato questo spazio, spesso animandolo.
L'anno precedente, alla Fondazione Giorgio Cini a Venezia, un'altra mostra
“Penelope's Labour: Weaving Words and Images" curata da Adam Lowe e Jerry
Brotton, mette in relazione, concettuale e formale, altre opere d'arte,
antica e contemporanea, dove il tappeto è esso stesso "opera" oppure
medium che accoglie altri segni.
Due precedenti abbastanza vicini che segnano un momento di confronto, di
rinnovato interesse verso un oggetto direi quasi "immortale", presente
nella storia delle arti in continuità perenne.
La ragione di questo interesse è semplice, il tappeto è un manufatto
frutto di capacità pratiche e concettuali. Coniuga l'aspetto visivo con
quello filosofico, dispiega disegni e simboli in un labirinto di
significati rarefatti e potenti.
Il tappeto è luogo della preghiera, è il ponte con l'Oriente, è il luogo
del sogno.
Per Loredana Longo il tappeto è come spazio vuoto, pagina bianca, lo
pervade di parole combuste, che nascono dall'osservazione del mondo.
Massima tensione è rivolta verso quelle aree della Terra in cui si giocano
sempre di più partite importanti e silenziose. Cina, Arabia, Medioriente.
È qui che si sposta un flusso di interessi molteplici, economici,
politici, culturali. È qui che si concentra l'interesse di molti.
Interesse che è complicato, comporta equilibri fragilissimi.
Loredana Longo sceglie frasi brevi, apparentemente semplici, ma che
possono cambiare i destini della gente se dette dalle persone giuste al
momento giusto.
Frasi tratte da discorsi ufficiali o catturate per caso dal web, parole
che sono un'antologia di stati d'animo, che si imprimono come tatuaggi
nella trama del tappeto, come nella mente di colui che legge. Sono frasi
di potenti e capi di stato che però una sconvolgente semplicità rende
universali. Armi a doppio taglio. Come un vaticinio contemporaneo
nascondono molti significati, molte interpretazioni. PLACE/NO PLACE gioca
con questa ambiguità, ne fa un motivo di analisi antropologia e sociale.
Il tappeto è per Longo un luogo neutro, è il terreno di riflessione,
perde la sua funzione originale, balza via dall'immaginazione comune,
dalla favola persiana, dai caldi interni dove arreda, copre, si lascia
calpestare, è prezioso e al tempo stesso umile, tattile.
Loredana Longo non prescinde mai dal contatto, dalla manipolazione
dell'oggetto, che tra le sue mani si trasforma, si stratifica, ricrea
nuove identità, lei lo modifica permanentemente. Lascia il segno.
Un po' come accade con i sentimenti, con le cicatrici. Tutto passa, ma la
traccia resta sempre. Il tappeto dunque è per lei un pretesto, uno
strumento sul quale imprimere l'atto creativo, che diventa vivo e parla
per lei.
Loredana Longo instaura un rapporto intenso e passionale con l'oggetto,
lo possiede prima nel pensiero, dove avviene la vera trasformazione e poi
nello spazio, dove trasfigura l'idea che ha di esso. Ne fa veicolo.
Il gesto forte, nato dal fuoco, difficile e pericoloso, tossico, la
costringe a stare attenta, a trattenere il respiro, a lavorare con
cautela, il rischio aumenta il valore simbolico del suo gesto, dove lei
effonde se stessa, è un'artigiana. Il suo lavoro è parte di lei. Nell'atto
creativo ha sede l'anima. Ne deriva un guscio come un sarcofago, un corpo
visibile che imprigiona il senso profondo del fare.
Il suo intervento è pericoloso come pericolose sono le parole, implicano
una sapiente conoscenza, la capacità di dire e non dire. La capacità di
persuadere. L'affabulazione diventa misura dei fatti, parla del presente,
é monito, spot, ecco le nuove orazioni che non perdono tempo, e possono
essere più efficaci di mille parole. Esprimono il punto di vista, fissano
un attimo come una fotografia. Loredana Longo viviseziona la storia per
capirla attraverso le parole che la scandiscono.
Con un pizzico di "prospettivismo storico" Longo crede che la conoscenza
della storia passi attraverso i punti di vista dei singoli individui. La
varietà delle opinioni e delle prospettive restituisce una realtà più vera
e più obiettiva. Leva il velo sui fatti, apre le vedute, crea tolleranza.
PLACE/NO PLACE allora diventa una teoria di tappeti e di "parole bruciate
e volanti" come molte che attraversano la contemporaneità, parole che
mettono in moto un'analisi sui contesti, sulla percezione dei fatti.
È un lavoro che con sottile attenzione trova il suo senso in quella
ricerca morale che José Ortega y Gasset definiva come "coscienza storica",
la sola capace di creare il reale progresso per l'individuo.
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curated by Francesco Pantaleone and Agata Polizzi
text by Agata Polizzi
Loredana Longo’s interest for the objects during the years has created an
archive of memories made up of places, things, people considered witnesses
of a life lived through crowded houses, noises of crystals and voices, a
Mediterranean energy, an audience of cyclic memories to which Loredana
taps from and belongs to.
The perfect image might be a “Christmas Dinner” and its eternal
representation, luxurious and overflowing, elaborate.
An altar where to consecrate the ritual, the moment that links us
together, that consumes the perfection, leaving just the rests of what it
was like.
Opulence and strength. These are the human and artistic origins of Loredana.
There’s pure force in her, as within a volcano, unpredictable.
She can not abandon her southerly origin. She does not want to. An
explosive tension but peaceful in the meantime lives in her gestures, she
said this is “an act of love”.
That’s the reason behind the explosions, the uproars, the lightning. The
series "Explosion" clarifies perfectly her nature.
Esplosione # 8 Sweets is the theatralization of a middle-class home, a
table packed with food, too many things, each object is the tile of a
memory; each object is in balance ready to be overwhelmed, it will lose
its characteristics.
Distasters or re birth? Loredana Longo uses the object as a back-to-front
jigsaw. She sets up the scene accurately, then she destroys it, then she
sets it up again giving it a new life.
The vitality represents thought and action. All of a sudden a feeling, the
shape of the idea to come, then the building, the explosion and eventually
the rearrangement and the rebirth.
An action that has got value in its entirety, each moment has a value. It
is a straight line where each segment contributes to the result. It is
like what the unlimited is.
The reference to the “property” of Verga is a permanent feature. The
property, things we collect and make the ordinary life tangible. Loredana
Longo is not like Mazzarò though, obsessed by possession but just
enchanted by things.
Fabrics, wood, furnitures, glasses, porcelain as holy objects, they
release vital energy.
Objects that have a double feature: minimal if created by herself,
redundant if interpreted through herself.
An oxymoron strengthened in the opposition. The creation is for Longo a
gesture of strength, she love to abstract things from their contexts,
giving to the objects a different value, a breakage value.
In PLACE/NO PLACE the strength of a recap has priority, a focus on her own
work, because Longo must relate with the double dimension of the
expressive and material object.
In the previous series FLOOR, Longo anticipates the new direction and
creates a floor of impoverished cement , heavy and lifeless, as the soul
of some men, that keeps in its deep and stiff creases rags and crocks
belonged to unknowns.
A consideration on crime within tender and its infiltration in the urban
and political life, a stress on the indiscriminate defacement of
landscapes, anguished by unauthorized building and environmental hash.
Loredana Longo uses the plane surface, she bends material as a ribbon that
has inside, and tells, stories. It has life, humanity. Here starts a path
that walks her towards an ethical consideration through the attention for
details, through the suggestion to read between the line, to investigate.
The interest for the Orient has therefore a political value.
Working on a carpet means the relation with the history of a magic object,
very common. Moreover text is superimposed, text that becomes
metalanguage, a sensorial experience. PLACE/NO PLACE uses the word as a
weapon, to protect in this case, to hit with no violence.
In 2012 Philipphe Alain Michaud, curator at the Centre Pompidou of Paris,
curated for the French Academy in Rome, 'Tapis Volant": the carpet as a
plot, as a movie that explains its plot through its surface. The carpet is
for Michaud the place-no place, the scared fence and the garden. An
analysis on how past and present artists have interpreted this space,
often lighting it up. The previous year, at the Giorgio Cini Foundation,
in Venice, another exhibition “Penelope's Labour: Weaving Words and
Images" curated by Adam Lowe and Jerry Brotton, relates each other more
works of art, from the past and contemporary, where the carpet is a work
itself or a way to welcome signs.
Two exhibitions close to each other that mark a moment of debate, of
interest for an object almost “immortal”, within the history of art.
The reason for this interest is simple, the carpet is the result of
conceptual and practical abilities. It gathers together the visual and
philosophical aspects, with symbols and drawings on a labyrinth of
powerful meaning.
It is the place for praying, the bridge with the Orient, the dream place.
For Loredana Longo it is like an empty space, a blank page, she permeates
it with words coming from the world. A great importance is given to those
areas where there are silent conflicts. China, Arabia, Middle East. Here a
flow of interests moves people. Economic, political, cultural interests.
Everybody is focused on these areas. A complicated interest, with a
fragile balance.
Loredana Longo picks up brief sentences, apparently simple but able to
change destinies of right people in the right places.
Sentences taken from official speeches or from the web, words as an
ontology of states of mind, imprinted as tattoos in the carpet and in the
mind of those who read. Sentences of powerful Presidents made universal
with a disturbing simplicity. Double-edged swords. As a contemporary
prophecy they have double meanings, interpretations. PLACE/NO PLACE plays
with this ambiguity, making it an anthropological and social analysis.
The carpet is a neutral place, the place where to meditate, it loses the
original function, the Persian tale, it loses its domestic function where
it covers, it is stepped on, it is precious and humble in the mean time.
Loredana Longo considers the contact, in her hands it is transformed,
creates new identities, she modifies it repeatedly. She leaves her mark.
As for feelings or scars. Everything passes but there will always be a
mark. The carpet is for her an excuse, an instrument where to imprint the
creative act, that has a life and speaks on her behalf.
Loredana Longo has got an intense and passionate relation with the
object, she has it in her mind first where the real transformation takes
place and then in the space, where she makes it real.
The gesture of fire, dangerous, obliges her to be careful, to hold her
breath, to work carefully, the risk increases the symbolic value of the
gesture, where she is an artisan. Her work is part of herself. In the
creative act there is the soul. Here comes a shell as a sarcophagus, a
body that traps the deepest sense of creating.
Her work is dangerous as words, implies a knowledge, the ability to say
something and not. The persuasion. The affabulazione speaks for the
present, it is a warning, the new orations have more meaning than thousand
words. They express the point of view, they freeze a moment as a picture
does. She vivisects history to understand it through words.
With a sort of “historical perspectivism” Longo thinks that history comes
through each human being. The variety of opinions gives back a real and
impartial truth. It unveil things, it open minds, it creates endurance.
PLACE /NO PLACE is then a theory of carpets and of “burning and Flying
words” as vault through the contemporary, words that move an analisys, a
perception.
It is a work that carefully find its meaning in the moral research that
José Ortega y Gasset defined as “historical awareness”, the only thing
able to create progress for people.
Info@
Francesco Pantaleone arte Contemporanea
Via Vittorio Emanuele 303
90133 Palermo
+39 091 332482
+39 393 4356108
info@fpac.it
www.fpac.it
Opening: Giovedì 7 marzo 2013 dalle 18:00
Bad New Business
via Marco Formentini, 4/6 - Milano
Orari: dal lun al ven dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00
Ingresso libero