Pietro Tirloni
Arturo Tosi
Alberto Salietti
Ugo Bernasconi
Silvio Consadori
Ezio Pastorio
Ferruccio Baruffi
Natale Morzenti
Domenico Colpani
Illemo Camelli
Angelo Rescalli
Tra maestri e amici. Dipinti di Arturo Tosi, Alberto Salietti, Ugo Bernasconi e altri autori per ricostruire la fitta rete di amicizie e relazioni intessuta da Tirloni sul piano nazionale e nel suo territorio d'origine.
Personalità poliedrica e a tratti vulcanica, Pietro Tirloni svolse tutta la vita la professione d’insegnante, ma coltivò parallelamente una proficua attività di storico, storico dell’arte, critico d’arte e giornalista. Alcuni suoi contributi monografici (Pittori caravaggini del ‘500, le voci su Nicola Moietta o i Danedi detti Montalto nella collana “I Pittori Bergamaschi”, le monografie dedicate a Enrico Pancera e Giovanni Moriggia) sono tuttora un imprescindibile punto di partenza per gli studi a venire. La costante dedizione alla poesia e, soprattutto, alla pittura non ebbero invece pari fortuna. L’attività di poeta sfociò in alcune pubblicazioni, mentre l’attività di pittore ebbe scarsa visibilità al di fuori di Caravaggio, città natale di Tirloni. Eppure Tirloni aveva cominciato a dipingere alla fine degli anni Venti e posò i pennelli soltanto intorno al 2000, ormai novantenne. La ragione di tale prolungato silenzio va forse cercata nella sua sensibilità timida e discreta, non però solitaria.
Questa mostra, promossa dall’Amministrazione comunale di Treviglio in collaborazione con la famiglia dell’artista, tenta di ricomporre la fitta rete di amicizie e relazioni intessuta da Tirloni sul piano nazionale, in parallelo a una carriera pittorica cresciuta in sordina, principalmente nel territorio d’origine. Una serie di dipinti di Arturo Tosi, Alberto Salietti, Ugo Bernasconi, Silvio Consadori, Ezio Pastorio, Ferruccio Baruffi, Natale Morzenti, Domenico Colpani, Illemo Camelli e Angelo Rescalli raccontano le vicende della maturazione di Tirloni, dagli studi nel Seminario Vescovile di Cremona ai suoi primi scambi con le personalità artistiche di punta della Bassa Bergamasca, dal servizio militare nella capitale ai soggiorni a Rovetta nel secondo dopoguerra. L’incontro decisivo fu certamente quello con Arturo Tosi, figura di cerniera fra la tradizione ottocentesca tardo-scapigliata e le novità propugnate da Novecento. Tirloni conobbe l’anziano maestro a Rovetta nel 1949, strinse con lui una sincera amicizia e lo frequentò fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1956. Non a caso, fu soprattutto negli anni Cinquanta che Tirloni sviluppò una profonda consapevolezza artistica e s’incanalò nei meandri del sistema dell’arte, partecipando a mostre e concorsi. Nel 1950 inviò La Maddalena e San Giovannino a un’importante rassegna d’arte sacra indetta a Cremona per la ricorrenza dell’Anno Santo. Partecipò inoltre con successo al “Premio Dalmine 1953”, alla Seconda Mostra d'arte “Treviglio” 1954 Artisti Contemporanei Bergamaschi e alla XIX Biennale Nazionale di Milano, allestita al Palazzo della Permanente sul finire del 1955. La visibilità della sua pittura conobbe in quegli anni la sua stagione d’oro.
Nei decenni seguenti, al contrario, i quadri di Tirloni non sarebbero più usciti dal suo studio, prigionieri della sua innata ritrosia. Ebbero il privilegio di vederli alcuni giovani artisti bergamaschi: Bruno Visinoni, Carlo Inico, Mario Toffetti e Francesco Tresoldi. Artisti che si sono oggi affermati nei rispettivi ambiti, come testimoniano le loro opere in mostra, e custodi a loro volta dei suggerimenti ricevuti dal “maestro” durante animati confronti sulle comuni passioni.
La rassegna documenta inoltre i rapporti di Tirloni con Trento Longaretti, che furono di stima e di affetto fin dagli anni Quaranta, e quelli, più tardi e sporadici, con lo scultore milanese Virginio Ciminaghi, professionalmente legato alla Galleria Ferrari di Treviglio e amico - al pari di Tirloni - dell’intellettuale Alberico Sala, milanese di adozione ma di originario di Vailate.
A pochi mesi dalla pubblicazione della prima monografia dedicata a Tirloni pittore (edita dalla Banca di Credito Cooperativo di Caravaggio), oggi il suo operato artistico esce finalmente dall’oscurità, spostando sulle pareti di una sala espositiva quel dialogo con l’opera di amici e maestri che un tempo fu assiduo, ma solo verbale o epistolare. Accanto alle opere degli artisti citati, sono esposti oltre settanta dipinti, pastelli e disegni di Pietro Tirloni, che ripercorrono settant’anni di esplorazione dei suoi temi prediletti. Numerosissimi sono i paesaggi di Rovetta, ma non mancano scorci dei laghi d’Iseo e d’Endine e vedute della campagna cremonese. Inferiore è il numero delle nature morte e rara è la presenza della figura umana, mentre l’impegno nell’opera sacra scaturì quasi sempre da precise circostanze.
Tirloni maturò gradualmente un proprio linguaggio artistico attraverso l’esercizio quotidiano del dipingere. I suoi modi espressivi sono profondamente radicati nel naturalismo lombardo - da quello caravaggesco a lui ben noto a quello ottocentesco ancora assai diffuso all’inizio del Novecento -, vivificato da assonanze ora novecentiste ora chiariste e venato da un lirismo carico di nostalgie romantiche. Né vanno trascurate l’ammirazione e lo studio dei grandi interpreti dell’arte moderna francese, dal realismo di J. F. Millet, Courbet e Corot a tutti gli impressionisti, cominciando dall’amatissimo Renoir, fino al neoimpressionismo di Van Gogh, Cézanne e Pissarro. Una serie di riferimenti dotti che Tirloni si era eletto a modello fin dai suoi esordi come autodidatta e che aveva profondamente assimilato con il trascorrere degli anni, fino a liberarsene di nuovo. Così il rigore formale e la costruzione solida delle sue vedute si stemperarono, lungo i decenni, in pennellate sciolte e composizioni dinamiche.
Sara Fontana
inaugurazione 16 marzo ore 18
Centro Civico Culturale
vicolo Bicetti, 11 - Treviglio (BG)
Lunedì-venerdì: 15.00 - 18.00; sabato e domenica: 15.30 - 18.30
Ingresso libero