Tre artisti della Generazione anni Trenta. Nella presente occasione, anziche' il consueto Confronto da Museo a due, per la prima volta azzardiamo un Confronto da Museo a tre, facendo esporre gomito a gomito un pittore, un operatore estetico ed uno scultore, quali Paolo Pasotto, Vincenzo De Simone e Fabio De Sanctis.
Nell'ambito dei Confronti da Museo - formula espositiva avviata nel 2001 con il confronto a sequenza di Annibale Biglione e Lucio Bulgarelli e, successivamente, con il confronto diretto di Ennio Finzi e Carmelo Zotti - vengono messi in rapporto dialettico, due o più artisti, appositamente scelti, per meglio comprendere le motivazioni espressive e linguistiche dei discorsi portati avanti da ciascuno.
Nella presente occasione, anziché il consueto Confronto da Museo a due, per la prima volta azzardiamo un Confronto da Museo a tre, facendo esporre gomito a gomito un pittore, un operatore
estetico ed uno scultore, quali Paolo Pasotto, Vincenzo De Simone e Fabio De Sanctis.
'Essi - scrive Giorgio Di Genova, direttore artistico del Museo e curatore della presente mostra - sono tutt'e tre della generazione anni Trenta, ma hanno storie diverse che si sono connotate, artisticamente, in ricerche e discorsi distinti e differenziati, anche nelle tecniche utilizzate. Ciascuno appartiene ad un filone espressivo di quella sterminata e variata frantumazione del linguaggio che ha connotato il XX secolo e che connota ancora l'inizio del presente secolo, con ulteriori arricchimenti, anche con connubi di tecniche, sia tradizionali che nuove.
Se Paolo Pasotto, il quale nella Bologna anni Sessanta s'è affermato con la sua declinazione dell'Informale così particolare da interessare Francesco Arcangeli che lo sostenne, ha proseguito, al di là di qualche slittamento nell'iconismo sognato e sognante, in uno scandaglio delle possibili soluzioni cromospaziali ottenibili con gli strumenti del lessico informale, lo scultore Fabio De Sanctis ha proceduto, anzi viaggiato, ben fornito di bagagli per le sue Attraversate delle Alpi, nell'ambito del Surrealismo, attirando anche l'attenzione di André Breton, il quale della sua esperienza di designer nell'ambito di Officina Undici s'interessò, scrivendo nel 1964 un testo, ora contenuto nel volume Le Surréalisme et la Peinture. Per quanto riguarda, invece, il leucofilo Vincenzo De Simone, egli appartiene a quella schiera di operatori nomadi che saggiano ciclicamente diversi modi espressivi ed esecutivi, in questo secondo caso con una tecnica da lui inventata.
In un tragitto che dal quadro-oggetto è transitato per opere con inserimenti di pacchetti di sigarette, per installazioni, anche teatrali, egli è giunto alla sua particolarissima tecnica utilizzata nella sua galleria di ritratti, realizzati senza uso di colore, ma solo attraverso stratificazioni di tele che creano ombre disegnative con i loro studiatissimi ritagli.
Come constaterà il visitatore, si tratta di tre discorsi tra evanescenze e oggettività , tre discorsi corroborati ciascuno dalle variazioni ideative ed esecutive che il tempo, contestualmente al connesso approfondimento delle personali ricerche, ha rese necessarie. Infatti nel suo fare l'artista è meno libero di quanto si possa credere. Anzi, spesso è un esecutore delle pulsioni interiori che lo dominano, non di rado rendendolo schiavo di 'ciò che gli ditta dentro'. Il segreto sta tutto nel sapere assecondare le pulsioni interiori, addestrando la mente e le mani a tradurle al meglio in assoluta consonanza. Ed è tenendo conto anche di tale creativa 'schiavitù' - conclude Di Genova -che vanno considerati e messi a confronto per una più profonda comprensione i discorsi di Paolo Pasotto, Fabio De Sanctis e Vincenzo De Simone'.
Museo Bargellini
via Rusticana a/1
Pieve di Cento (BO)