Il Dinamismo del Colore. Mostra personale di pittura e grafica. Le sue Tavole klimtiane sono l'esempio piu' elegante di cio' che collega il nostro artista al maestro della Secessione Viennese.
Scrive Sara Catanese Critica e Storica dell’Arte Contemporanea: "La pittura", così si esprimeva Pablo Picasso, "è una professione da cieco: non dipinge ciò che vede ma ciò che sente, ciò che dice a sé stesso riguardo ciò che ha visto". E Bruno Paglialonga, a mio avviso, di cose ne ha viste tante con il suo "sguardo da cieco": ecco perché i suoi paesaggi lasciano trasparire, senza ostentare, il risultato della stratificazione di influenze ed esperienze artistiche precedenti, che la professione dell'insegnamento e la profonda conoscenza dell'arte portano a sedimentarsi nell'interiorità dell'artista, rendendo possibile la creazione di opere dalle molteplici citazioni, che stimolano nello storico dell'arte un gioco di decifrazione e ricerca. Una ricerca che Paglialonga conosce bene, che diventa sperimentazione incessante e che, dall'incisione, lo conduce alla pittura astratta fino a toccare l'arte informale.
Le sue Tavole klimtiane sono l'esempio più elegante di ciò che collega il nostro artista al maestro della Secessione Viennese: per comprendere la raffinatezza dorata e scintillante della pittura klimtiana è necessario, infatti, risalire all'attività del padre, orafo e incisore. Un'arte, quella incisoria, che Bruno Paglialonga padroneggia con grande precisione e meticolosità e che fa si che le Tavole klimtiane diventino testimoni della delicatezza e della malinconia della sua ricerca artistica.
La velatura malinconica che evocano le sue rappresentazioni è la caratteristica che ha maggiormente colpito la mia attenzione: il bianco della tavolozza è un bianco pallido, spento, malinconico appunto, che attenua i contrasti e scherma i colori, tanto da dare ad essi una consistenza murale. In Tavola segnico-decorativa si manifesta questo sentimento che pervade il quadro e che sembra trasformare i segni in fili d'erba che il vento dei colori accarezza ma non porta via; o ancora in piccole figure rapite dai propri pensieri, piegati da un'onda, ma con i piedi ancora ben piantati in terra.
L'uso della spatola e delle piccole campiture di colore piatto richiama il paesaggio post-impressionista e cubista con riferimenti vicini alla sensibilità di Emile Bernard più che a quella chiassosa e vivace dei più famosi Picasso e Braque. Ma l'irregolarità delle frammentazioni ricorda anche quel cubismo orfico di Delaunay, applicato non al simbolo di una metropoli come Parigi, ma al paesaggio italiano. In Polis Paglialonga fa rivivere il desiderio dell'artista francese di rappresentare la realtà con un forte impatto emotivo, per dare l'impressione di una simultaneità dell'immagine. L'artista recupera la dimensione emotiva e lirica del colore, per infondere una vibrazione ritmica alla superficie pittorica e scatenare all'interno del quadro un ritmo dinamico.
Dal dinamismo del colore alla potenza del segno, un segno deciso, accurato, che vibra e rende vitale il tessuto pittorico. È una pittura vigile e scrupolosa: l'artista mostra di saper frenare le proprie energie per indirizzare l'azione creativa verso la formulazione di un progetto espressivo tutt'altro che affidato al caso. In Tavola segnica in grigio la malinconia diventa tristezza, disperazione: il bianco è preda del nero, è dominato dal colore scuro che lo racchiude tra le sue linee, impedendogli la possibilità di espandersi sulla superficie pittorica. È l'arte informale che regala questa opportunità a Bruno Paglialonga: la possibilità di raccontare, di esprimere sulla tela la propria interiorità con una forza del segno, frutto di una grande precisione e organizzazione del quadro.
Un'eredità ingombrante che non può non influenzare Leonardo Paglialonga [che viene ospitato all’interno della mostra con alcune opere dipinte], figlio dell'artista abruzzese, che ne sintetizza gli aspetti fondamentali, mantenendo la spatola ma liberando il gesto dalla griglia geometrica e facendosi guidare da un'unica direzione, quella diagonale. I colori complementari si incontrano, o meglio si scontrano senza mescolarsi per non annullarsi e diventando i protagonisti assoluti della tela. Leonardo Paglialonga accende la tavolozza, la rinnova rispetto al padre, segno di un bisogno di essere graffiante, sconvolgente; è un dialogo fatto di accostamenti cromatici, sconfinamenti, sovrapposizioni e sembra che a volte la tela non basti all'artista per esprimere e mostrare la propria sensibilità.
Inaugurazione sabato 20 Aprile ore 17,30
Museo Colle del Duomo
Piazza S. Lorenzo (Pal. dei Papi), 8 - Viterbo
Apertura: 10,00/13,00 - 15,00/19,00 (lunedì chiuso)
Ingresso 3 euro