Fragile. Come in tanti frame di un video, Mantegazza racconta, in una progressione claustrofobica, lo spacchettamento di un volto totalmente avvolto dal nastro adesivo.
Come in tanti frame di un video, Mantegazza racconta, in una progressione claustrofobica, lo ‘spacchettamento’ di un volto totalmente avvolto da nastro adesivo. Immagini fotografiche (80 per la precisione) che in sequenza mostrano un’azione… inquietante o liberatoria?
Una forma di protezione autocostruita, la testa tutelata da attacchi fisici, o forse da quello che non riesce a proteggere il cuore. La paura di sconvolgimenti, il non sentire i tradimenti, l’amore o l’ipocondria, l’angoscia di farsi male, e comunque soffrire, per poi alla fine liberarsi di tutte le sovrastrutture per sgomberare la mente. Coinvolgente, questa è la prima cosa che ho pensato nel vedere le foto; la fragilità della nostra esistenza, l’artista non ha paura di mostrarla anzi mette in evidenza le mani che compiono un gesto importante, che decidono comunque di agire svelando, poi alla fine, una nube nera informe.
Ci sono delle cose che possono impedire all’uomo di essere quello che è, ogni cosa o avvenimento, pone dei ritardi che vanno poi recuperati, nessuno può fermare il tempo, ma esso non scorre invano. Allora un’azione di protezione e poi di apertura alla vita diventa la conoscenza di se; questa dimensione di movimento in senso diacronico da un giusto significato alla nostra esistenza, forse…
Marcello Mantegazza nasce nel 1974 a Potenza, vive e lavora a Rieti. E’ rappresentato dalla galleria 3)5 ArteContemporanea di Rieti.
L’installazione costituita da 80 immagini in sequenza e 2 light box è curata da Serena Achilli e presentata nell’ambito di Medioera, festival di cultura digitale alla sua quarta edizione.
Inaugurazione 30 aprile ore 17
Palazzo dei Priori
piazza del Plebiscito - Viterbo