Bienentreu. Acqua memoria. Un cortometraggio realizzato sul Canal Grande e 20 tavole specchianti nei colori dal cilestrino al blu-nero fino ai blu oltremare.
a cura di Anna Caterina Bellati
Sbarcano a Venezia, in contemporanea alla 55° Biennale Internazionale d’Arte, gli specchi profondi dell’artista e performer tedesco Rolf Bienentreu.
Dal 2 al 30 giugno il visitatore potrà vedere/guardare queste tavole laccate e interagire con esse specchiando se stesso nel loro incunabulo visivo.
Con la partnership di Arte in Bragora e i patrocini della Provincia di Venezia e del Comune di Venezia, Acqua memoria propone una doppia matrice, artistica, perfettamente inserita nel circuito della Biennale di Arti Visive; e psicologica, considerata la natura introspettiva delle opere di Bienentreu.
Dedicata a un pubblico eterogeneo, la mostra è leggibile su più piani.
Ideata e organizzata da Anna Caterina Bellati affronta, nell’Anno Internazionale della condivisione dell’Acqua, il tema fondamentale e terribile del bene più prezioso a disposizione di ogni organismo vivente, oggi a rischio di totale depauperamento.
L’acqua matrice di vita è sempre meno pulita e presente in quantità sempre minore per una popolazione di uomini in continuo aumento. Bienentreu coglie la necessità di attenzione/rispetto/risparmio energetico che questo elemento primario merita.
Ma l’acqua è anche Memoria. Del passato organico di ogni singolo essere, perché nell’acqua veniamo concepiti e cresciamo prima di venire al mondo, perché il nostro corpo è per due terzi composto di acqua. Del passato emotivo di ogni persona. L’acqua diventa veicolo capace di trasportare sensazioni, ricordi, suoni, passioni, sentimenti, preghiere, speranze. Può essere scura, tomba di dolore e situazioni sprofondate nella parte segreta della coscienza; chiara, strumento di scambio e vita nel presente, viaggio, vacanza, gioco del quotidiano.
Una ventina di tavole specchianti nei colori dal cilestrino al blu-nero, passando per i verdi chiari della battigia e i verdi profondi dei canali di Venezia, fino ai blu oltremare di quello che gli antichi chiamavano il Pelago, il dio Mediterraneo che dispensava ricchezze e possibilità di sopravvivenza.
E un cortometraggio di 15 minuti, nel quale Bienentreu fissa la macchina da presa in riva al Canal Grande e sorprende ogni minimo movimento delle onde specchiate in uno dei suoi lavori.
A raddoppiare la valenza della memoria che diventa da personale a corale.
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Specchi profondi
di Anna Caterina Bellati
Il primo specchio che s’incontra nella vita è quello in cui vediamo riflessa la nostra immagine stando in braccio alla mamma. “Quello sei tu”, dice e tu impari piano piano a riconoscerti. Il primo specchio che s’incontra nella letteratura è invece quello della matrigna di Biancaneve e anche questo ha a che fare con lo sviluppo della personalità e il riconoscimento dell’io. Nella fiaba si racconta che la regina crudele, distrutta dalla gelosia, non sa accettare il fatto che la figliastra la superi in bellezza. Come non pensare all’Edipo re e alla tragedia che travolge tutti i protagonisti: intanto la madre Giocasta, quindi Laio, il padre che ha il terrore di essere soppiantato dal figlio, ed Edipo, il ragazzo il cui destino è segnato e quindi necessario. Ma c’è un altro personaggio, questa volta preso dalla mitologia, al quale rimanda subito l’idea dello specchio. Si tratta del bellissimo Narciso e del proprio innamoramento-ripiegamento su di sé che il giovanetto pagherà con la morte cadendo nell’acqua dello stagno.
Ora, il nodo su cui s’incentra l’indagine svolta da Bienentreu intorno allo specchio tiene conto di tutti questi elementi che si può dire stiano alla base della percezione che ciascuno ha di sé, in particolare quando questo “sé” è sogguardato da una distanza privilegiata, il riflesso dello specchio. Non a caso le tavole dipinte di Bienentreu si chiamano Specchi profondi . Profondi per un motivo tecnico, i molti strati di vernice creano l’illusione della profondità; e profondi perché impongono allo spettatore uno sguardo autentico.
Quando la mattina ci si guarda allo specchio per farsi la barba o truccarsi gli occhi, in realtà non si bada a quello che nello specchio accade. Ci si limita a fissare una piccola porzione del proprio viso della quale ci stiamo occupando. Invece gli Specchi profondi obbligano a uno sguardo non distratto. Intanto l’immagine, derivante da un gioco di luci che s’incrociano sulla superficie riflettente delle tavole, non è quella cui siamo abituati. Siamo noi ma più larghi, o più lunghi, o più magri. E la nostra faccia non è proprio così, non è proprio quella che ci viene incontro. Questo gioco di domande mette in campo sia l’abitudine alla propria immagine, sia la soddisfazione di scoprirsi dentro un oggetto lucido e brillante. Le tavole di Bienentreu sono in genere rosse, verdi o blu i suoi colori preferiti, ma in realtà su chi le guarda impongono una speciale attenzione-attrazione. Sono invitanti e pieni di vita le rosse, sono riposanti le verdi e le blu. Il piacere e la calma. Ma c’è un secondo elemento del quale tenere conto.
C’è l’occhio dell’artista. Lui sa che nelle sue tavole si specchierà il mondo che passa loro davanti e sa che questo mondo sarà costretto non a vederle, ma a guardarcisi dentro. Ecco, il gioco di Narciso raddoppia e diventa l’esercizio di un potere. E non è ininfluente che Bienentreu sia un pediatra. Conosce perfettamente i meccanismi che muovono la curiosità di un bambino e smuove quei medesimi meccanismi sopiti, anche nell’adulto.
Questa specie di sottile violenza esercitata sullo spettatore diventa ancora più forte nelle fotografie. La realtà non viene ritratta, fotografata, fissandola attraverso l’obiettivo, ma viene fermata quasi capovolta, cogliendone un ritaglio dentro la tavola dipinta. Le forme si liquefanno, i contorni si sciolgono, niente è più come normalmente appare. Il mondo intero diventa d’acqua e in tal caso “riconoscersi” comporta un atto di fede. Quando lo specchio profondo è usato come una quinta scenografica dentro cui una macchina da presa filma l’esistente, tutto quello cui siamo abituati assume un aspetto diverso. Tutto quello che di solito compone la nostra vita diventa un’altra cosa.
E allora lo specchio che ha tradito le immagini abituali diventa strumento per indicare la precarietà del nostro essere nel mondo.
Anna Caterina Bellati
Con i patrocini di: Provincia di Venezia, Comune di Venezia
In collaborazione con: B٠E٠L٠L٠A٠T٠I E D I T O R E, Arte in Bragora
e-mail: info@bellatieditore.com
www.bellatieditore.com
inaugurazione 1 giugno ore 18
Scoletta della Bragora
Campo Bandiera e Moro, Castello 3011 B - Venezia
Martedì-domenica 10.00-18.00, chiuso il lunedì