Milena Cavallo
Chiara Dellerba
Andrea Martinucci
Ynaktera e Scual
Filippo Berta
Annabella Cuomo
Silvia Giambrone
Alex Munzone
Sergio Salomone
Josè Angelino
Nicole Voltan
Cristina Falasca Franz Rosati
Mauro Vitturini
Arnaud Eeckhout
Edoardo Aruta
Ignazio Mortellaro
Sara Spizzichino
Iulia Ghita
Despina Charitondi
Maziar Mokhtari
Navid Azimi Sajadi
Leila Mirzakhani
Yiannis Vogdanis
Martina Adami
Francesca Casale
Maila Buglioni
Daniela Cotimbo
Sara Fico
Laura Loi
Giulia Zamperini
Helia Hamedani
Roberto D'Onorio
Ho qualcosa da dire...e da fare. All'interno dell'iniziativa si presentano numerosi progetti artistici: le personali di Andrea Martinucci, Ynaktera e Scual, Milena Cavallo e Chiara Dellerba, e tre collettive (Essere io non ha misura, Refuse, Artisti nomadi in citta' d'arte).
Refuse
A cura di Roberto D'Onorio
Artisti: Filippo Berta, Annabella Cuomo, Silvia Giambrone, Alex Munzone, Sergio Salomone
Giovedì, 23 maggio 2013, si inaugura a Roma il nuovo appuntamento con FACTORY “Ho qualcosa da dire e da fare…” presso lo SPAZIO GIOVANI ROMA CAPITALE (Ex Mattatoio di Testaccio). All'interno della rassegna curatoriale si presenta il progetto espositivo Refuse a cura di Roberto D’Onorio. Saranno presenti in mostra le opere di: FILIPPO BERTA, ANNABELLA CUOMO, SILVIA GIAMBRONE, ALEX MUNZONE, SERGIO SALOMONE. A cura di Roberto D’Onorio il progetto espositivo vive nell'errore logico del passato fondato sulla cognizione imperfetta dei grandi eventi e dell’influenza che questi agiscono nella costituzione della cultura esistente. A tutt'oggi quello che stiamo vivendo è il retaggio di una società disciplinata dal torto e dall'antitesi gli insegnamenti del passato, come gli eventi presenti, dati per certi e inevitabili nel loro ripetersi, hanno svuotato ogni materia della sua determinatezza sino a snaturarne la visione critica e possibilità di mutazione. Quel che accade è un umore che vive nell'orrore e nell'errore ciclico, fossilizzando ogni possibilità di scelta, riducendo la cultura in un deposito statico d’informazione, in cui la storia ha il duplice compito di far ricordare e di far dimenticare. Refuse tenta di ripercorrere l’orizzonte visibile, segnato e descritto dagli accadimenti storici, ponendo l’attenzione sulle teoria di Lotman per cui la cultura conserva l’informazione e ne riceve di nuova in un continuo processo di codifica e decodifica di testi, messaggi, pratiche che appartengono a linguaggi diversi. La ricerca formale delle opere installative di Silvia Giambrone, Sergio Salomone, Alex Munzone, come quelle incisorie di Annabella Cuomo e video di Filippo Berta, avviene mediante la cronaca e la testimonianza del vissuto come dalla volontà di indagarne il labile limite della conoscenza. Il percorso in mostra ospitato negli spazi della Pelanda, consiste nel tradurre una porzione di luogo appartenente alla conservazione della cultura collettiva, quale generatore di nuova informazione. Il dialogo che ne scaturisce è pensato all'interno di una porzione, un’area chiusa sullo sfondo della memoria, che necessita di caos esterno per annientarla e crearla continuamente. Refuse si presenta quale generatore di un possibile cammino, in cui l’uomo, nuovamente, si trova ad un bivio: l’alternativa radicale tra l’essere ancora e il non essere più figlio dei fatti e delle convinzioni non più sostenibili.
Si ringrazia la Galleria Doppelgaenger di Bari
http://refusemostrafactory.tumblr.com/
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ESSERE IO NON HA MISURA
a cura di Daniela Cotimbo, Sara Fico, Laura Loi e Giulia Zamperini
Giovedì, 23 maggio 2013, presso FACTORY – SPAZIO GIOVANI ROMA CAPITALE (Ex Mattatoio di Testaccio) si inaugura un nuovo appuntamento dal titolo “Ho qualcosa da dire…e da fare”. All’interno di tale iniziativa si presenta il progetto espositivo Essere io non ha misura, a cura di Daniela Cotimbo, Sara Fico, Laura Loi e Giulia Zamperini. La mostra nasce con l’intento di riflettere sulla necessità costante in qualsiasi esperienza esistenziale di rapportarsi alle cose del mondo pur vivendo nella consapevolezza della propria transitorietà. L’uomo fin dai primordi si interroga sulle intime relazioni che intercorrono tra sé e ciò che lo circonda; tale rapporto, si manifesta in tutta la sua problematicità, e in molteplici sfaccettature di senso. Ciò che appare costante è la ricerca di un rapporto osmotico con l’altro, qualcosa attraverso cui riconoscere i propri presupposti identitari. Partendo da questa analisi si è deciso di coinvolgere otto giovani personalità rappresentative nel panorama artistico contemporaneo, che fossero in grado di analizzare il delicato tema da più angolazioni, grazie alle differenti peculiarità di ognuno: installazioni, disegni, video e performance, mettono in luce un quadro di ricerca del tutto poliedrico. L’analisi del legame tra uomo e natura è presente nei lavori di Ignazio Mortellaro, che attribuisce alle ‘tracce’ un valore fondamentale per connotare il proprio passaggio, e in quello di Josè Angelino, il quale interviene sulla natura dei fenomeni evidenziandone un percorso non precostituito. Analogamente legato alla scienza è il lavoro di Nicole Voltan che, studiando le costellazioni e le leggi del cosmo, compie delle riflessioni sul superamento dei limiti prestabiliti attraverso molteplici letture dell’universo.
Cristina Falasca Franz Rosati e Mauro Vitturini & Arnaud Eeckhout, mettono maggiormente in gioco la rilevanza sensitiva (visiva e sonora) nell’accesso alla comprensione, con l’aiuto di raccordi linguistici, filosofici o semantici che trovano risposta nel dialogo con altri esseri umani. Edoardo Aruta analizza, nella sua opera, esperienze di vita quotidiana ponendo in evidenza il legame tra persone e “oggetti”. Per finire, sfociando in una dimensione socio-culturale, Sara Spizzichino si sofferma sulla peculiarità dell’uomo nel non sapersi scindere dal confronto umano, alternando il suo intervento tra un approccio di colore più intimistico e quello di natura pubblico/sociale, come nel caso dei sistemi di rapporti preconfezionati.
Ufficio Stampa: essereiononhamisura@gmail.com
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Andrea Martinucci
È così difficile dimenticare il dolore
a cura di Francesca Casale
Gli spazi della Pelanda - Ex Mattatoio di Testaccio accolgono l’ edizione VISUAL ARTS presso FACTORY – SPAZIO GIOVANI ROMA CAPITALE. Si inaugura un nuovo appuntamento dal titolo “Ho qualcosa da dire…e da fare”. All'interno di tale iniziativa si presenta il progetto curatoriale di Francesca Casale: “ È così difficile dimenticare il dolore “. In mostra ANDREA MARTINUCCI
Il progetto parte dall’opera RE-AZIONE di Andrea Martinucci, frutto di una ricerca iniziata circa due anni fa. Nasce dalla precisa volontà di raccontare il percorso intrapreso dal giovane artista romano di restituire all’ arte un ruolo di condivisione sociale. La doppia installazione affronta tematiche che necessitano di conoscenza e di sensibilizzazione. Dentro gli involucri | cubo sono posti disegni di piccolo formato, figure, dense nel tratto, che si fondono e confondono con l’oggetto nel momento in cui isola e aliena l’occhio del visitatore, per sviluppare un momento di visione articolato. Sulla superficie esterna vi è un foro, unico punto di osservazione per la scena rappresentata all' interno: si può decidere se avvicinare l’occhio o fermarsi alla superficie esterna e non lasciarsi coinvolgere. La doppia percezione sviluppa un momento di osservazione in cui le opere sono poste in contrasto, per le modalità del racconto (micro/macro), con il rapporto stabilito con il pubblico (azione passiva/attiva-reazione). Ciò permette un meccanismo di esame volto ad amplificare il ruolo di testimone del visitatore. Il progetto prende avvio dai fatti realmente accaduti durante le proteste della Primavera Araba in Egitto, nel 2011, che hanno provocato l’arresto di diciassette giovani donne. Queste, dopo aver preso parte ad una manifestazione insieme a dimostranti di sesso maschile, sono state condotte in carcere e sottoposte a insulti, violenze e abusi da parte degli uomini della polizia, in una stanza con porte e finestre aperte sulla strada.
Non rinunciando alla poetica dell’immagine, all' interno dei cubi bianchi sono collocati dei disegni su carta, uno diverso per ognuno dei cubi, uno per ognuna delle donne coinvolte. Le rappresentazioni sono tratte da fotografie di giornali, il mezzo maggiormente utilizzato dai media, dalle quali l’artista sottrae gli elementi di disturbo mediatico con figure che emergono nel bianco. Oltrepassando l' installazione del cubo, che sarà posto al centro della sala, si stabilisce un rapporto di azione-reazione con il visitatore. In questo momento lo spettatore compie un’azione diventando egli stesso oggetto della visione, entrando all'interno della struttura. La possibilità di uscita è per il visitatore il presupposto alla sua reazione. Il progetto è parte di un lavoro collettivo più ampio sviluppato attraverso una piattaforma web che ha coinvolto numerosi artisti con la creazione di differenti opere: www.re-azione.weebly.com. A questa sezione si aggiungono in mostra le carte dell' installazione site-specific di HO BISOGNO: una serie di frasi tratte dal taccuino di appunti personali di Andrea Martinucci. Le affermazioni si interrogano sul ruolo dell’artista nel sistema dell’arte attuale seguendo le semplici istruzioni dell’artista: 1: leggi la frase 2: pensa Rintracciando i duplicati disseminate negli spazi del museo, lo spettatore può intervenire nel modo più diretto, raccogliendo e portando con se un foglietto. Il gesto opera dove la contaminazione delle idee è il punto di partenza o di arrivo che possiamo ritrovare in un’ analisi profonda della realtà con diffusione anche virale.
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Ynaktera e Scual
1_MB67_11
A cura di Maila Buglioni all’interno di VISUAL ARTS ‘Ho qualcosa da dire..e da fare’
Maila Buglioni partecipa a ‘VISUAL ARTS. Ho qualcosa da dire..e da fare’ con il progetto 1_MB67_11. Sperimentazione e collaborazione tra differenti linguaggi artistici sono le basi su cui si è sviluppato il progetto 1_MB67_11 : un’opera audio/video ideata da Ynaktera – artista audiovisivo, produttore e performer – e Scual – artista audiovisivo, fotografo e performer – ambedue appartenenti al collettivo Stochastic Resonance, etichetta indipendente che si muove all’interno della scena elettronica sperimentale. Punto di partenza della loro ricerca artistica è il fenomeno fisico della risonanza stocastica, secondo la quale un segnale a basso volume diventa più forte e percepibile attraverso l'aggiunta di altri suoni o addirittura rumori. Obiettivo ultimo di tale indagine è proporre lavori in cui la sovrapposizione degli elementi audio e video fino a generare una profonda e precisa percezione dell’opera stessa. Entrambi gli artisti indagano nuove forme di comunicazione derivanti dalla fusione di diversi idiomi audio-visivi, sia digitali sia elettronici, al fine di produrre creazioni non classificabili entro etichette convenzionali.
Fonti d’ispirazione sono i sistemi scientifici, come i modelli matematici, e la musica elettronica sperimentale del tedesco Alva Noto, dei giapponesi Ryoji Ikeda e Ryoichi Kurokawa. L’opera a quattro mani 1_MB67_11 (2012) prende spunto dalle numerose esplorazioni spaziali effettuate dall’uomo dal 1961 a oggi. Nella seconda metà del XX secolo, concluse le guerre territoriali e definiti i confini politici delle singole nazioni tuttora esistenti, l’essere umano ha proiettato le sue aspirazioni di conquista verso gli infiniti spazi esistenti nell’universo. Partendo da questa premessa Ynaktera e Scual hanno elaborato questo lavoro proponendosi di coinvolgere totalmente lo spettatore attraverso l’ideazione di un viaggio nel cosmo, luogo a noi sconosciuto abitato da innumerevoli stelle, pianeti, asteroidi ed altri corpi celesti. Nell’opera, la musica si muove su componenti minimali composti da suoni sinusoidali puri mentre la scansione ritmica è ottenuta con effetti acustici di frequenza molto alta, contrapponendosi ad altri più bassi e profondi. La composizione grafica del video è concepita su forme semplici e lineari per narrare un percorso che oscilla tra il micro e il macro della scienza: da un modello a stringhe, proprio delle strutture subatomiche, fino a figurazioni che ricordano ammassi di corpi celesti. - Maila Buglioni
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Milena Cavallo e Chiara Dellerba
Delicata mutevolezza
a cura di Martina Adami
all’interno di VisualArts . “Ho qualcosa da dire…e da fare”
Si inaugura il 23 maggio alle ore 19, presso La Factory di Roma Capitale - Ex Mattatoio Testaccio - la rassegna Visual Art. Ho qualcosa da dire…e da fare, dove si inserisce il progetto Delicata Mutevolezza, a cura di Martina Adami.
Si inscena un dialogo tra due giovani artiste operanti nella capitale: Milena Cavallo e Chiara Dellerba, che dimostrano la comune capacità di evocare le condizioni di variabilità, provvisorietà, vulnerabilità e fragilità proprie della società e dell’uomo contemporaneo, immerso in un ambiente in perenne e repentina mutevolezza del contesto ambientale e sociale. Il mutamento, alla base dello sviluppo naturale delle cose, è allo stesso tempo, ancora di più oggi, una condizione esistenziale. In un mondo dove l’unica costante è il cambiamento, il divenire, la nostra identità rimane incompiuta e indefinita.
Contraddistingue il linguaggio espressivo e la forma estetica dei lavori di entrambe le artiste la delicatezza: leggeri sono i tratti, i materiali e le tecniche da loro utilizzate. Nei loro lavori la linea è sottilissima, quasi impalpabile, domina la macchia cromatica che è scelta perché riesce a rendere meglio, esteticamente e concettualmente, le suddette condizioni esistenziali.
L’identità, Il corpo e la superficie delle cose sono gli aspetti indagati nei loro lavori che spingono a riflettere sullo scorrere della vita e sull’aspetto del cambiamento che domina la nostra esistenza.
MILENA CAVALLO (1987) è un’artista e illustratrice romana. Dopo aver studiato illustrazione e animazione multimediale presso l'Istituto Europeo di Design, ha frequentato a Milano il MImaster. Ha partecipato a mostre, ha vinto premi e diversi sono i suoi interventi in riviste.
La singolarità delle sue composizioni risentono di una forte carica emotiva. La sua poetica personale è enigmatica nonostante l’equilibrio interno sia della composizione che delle eleganti tonalità cromatiche, tramite cui l’artista riesce a coinvolgere e sollecitare riflessioni. Il suo è uno sguardo che va oltre, sensibile, profondo e indagatore.
CHIARA DELLERBA è nata Bari nel 1984, vive e lavora a Roma.
I suoi lavori tenui e leggeri si articolano sempre su un doppio registro: la stratificazione riguarda i materiali, le tecniche e i soggetti. La leggerezza della composizione è funzionale ad indagare concetti quali la mancanza di struttura, di sostegno e la conseguente condizione di transizione. Il corpo per l’artista è più un concetto ideologico che fisico, leggero e trasparente; privato di struttura, si scioglie per divenire fluido, liquido nello spazio, mutevole in cerca di sostegno.
Info: martinadami@yahoo.it
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ARTISTI NOMADI IN CITTA D'ARTE
a cura di Helia Hamedani
Nemo profeta in patria Per gli artisti con identità ibrida, la distanza da casa diventa sovente un motore per dialogare; questo li porta ad appropriarsi della cultura del paese ospite e a sovrapporla e fonderla con la propria. L’artista, in questo caso, produce e si riproduce attraverso la trasformazione. Diventa il mediatore, il profeta transculturale. Negli ultimi decenni l’esistenza e l‘essenza dell'arte contemporanea è stata costantemente ridefinita attraverso variegate teorie, vedi il post-colonialismo, il multiculturalismo e l’arte glocal e transglocal. Ma a tutt’ora affrontiamo certe difficoltà nella lettura delle opere degli artisti che provengono da una cultura alter per noi. Spesso ci confondiamo e fraintendiamo, la nostra interpretazione viene condizionata da pregiudizi convenzionali. Gli artisti presenti in questo progetto non sono italiani ma hanno acquisito la maggior parte della loro formazione artistica a Roma. Sono tutti studenti provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Roma. Per i giovani artisti che sono stati informati (messi in forma) fuori dalla loro terra, la traccia della loro cultura locale è compenetrata con quella acquisita all'estero. Hanno in comune una capacità di lettura dell'immagine ibrida, che appartiene alla retina dei nomadi, eppure producono un linguaggio artistico estremamente variato tra loro. Possono parlare la lingua italiana con errori grammaticali, ma hanno scelto un linguaggio universale, il fare artistico; che vive e oltrepassa i confini. Un alfabeto comune e potente che sopravvive alle barriere politiche, economiche e soprattutto culturali. Artisti nomadadi si incontrano a Roma, terra straniera per loro ma terra franca per l'arte e, città d’arte per tutti loro.
Ogni artista viaggia con la sua storia e con un bagaglio unico. Iulia Ghita (Romania,1986), Despina Charitondi (Grecia,1991), Maziar Mokhtari (Iran, 1980, Navid Azimi Sajadi (Iran,1982),Leila Mirzakhani(Iran,1978)e Yiannis Vogdanis (Greca, 1991) viaggiano con noi.
artistinomadi@gmail.com
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Inaugurazione: giovedì 23 maggio 2013, ore 19 - 24
Factory c/o ex Mattatoio Testaccio
piazza Orazio Giustiniani, 4 - Roma
Apertura per tre fine settimana dalle 19 alle 24:
23-24-25-26 maggio;
31 maggio - 1-2 giugno;
6-8-9 giugno