Prima mostra di Studio Lab, il nuovo spazio sperimentale del Liquid Art System nel quale si studiano gli effetti sul pubblico di esperimenti creativi che coinvolgono l'intero ambiente espositivo. Con i disegni e un'istallazione degli artisti.
Disegni: Enzo Calibè: Senza Titolo (smoke)
Installazione: Alessandro Cannistrà, Piume di un dio oltre casa
a cura di Marco Izzolino
Ciò che troverai all'interno non ha una forma solida stabile; mentre tende verso l'alto, la materia sottile disegna immagini che ciascuno di noi sà riconoscere. Entra, aspetta, prenditi del tempo, recupera il “tuo” tempo, lasciati avvolgere dal silenzio e poi osserva... guarda ciò che ti starà di fronte, intorno, ma soprattutto guarda verso te stesso... e ascolta.
Questa è la frase che introduce alla prima mostra dello Studio Lab, il nuovo spazio sperimentale a Capri del Liquid Art System: nel quale si studiano gli effetti sul pubblico di esperimenti creativi che coinvolgono l'intero ambiente espositivo, trasformandolo in un'opera d'arte totale.
Due lavori complementari, opere di due artisti italiani che si incontrano in questo nuovo spazio per la prima volta, rendendo lo "Studio Lab" il teatro di un discorso unico, dalle molteplici chiavi di lettura, sulla forza evocatrice del fumo.
Un antico dizionario etimologico alla parola "sfumare" assegna, tra le altre, questa definizione «Nella pittura è Dare il colore digradato in modo che lo scuro sia dolcemente confuso col chiaro, non altrimenti che un fumo che nell'aria si dilegua». E' curioso che nella lingua italiana si conservi una stretta relazione tra la gradazione luminosa che si realizza nella pratica pittorica e l'effetto del dissolvimento del fumo nell'aria. Il fumo costituisce la più evidente manifestazione visibile di un passaggio graduale da una forma ad un'altra, da uno stato ad un altro: da solido (o liquido) a gassoso, da visibile ad invisibile, dalla luce all'ombra, ecc.
Disegnare "il" fumo o disegnare "col" fumo. Due modi distinti e diversi di rappresentare il passaggio, di dominare il passaggio, tra forme o condizioni diverse.
Da una parte la luce che illumina il bianco della carta su cui sono stati realizzati i multiformi disegni di Enzo Calbè; dall'altra la relativa oscurità che avvolge l'installazione di Alessandro Cannistrà, che assorbe ogni traccia di luce.
Da una parte il fumo appare, dall'altra il fumo rappresenta.
Nei sui disegni Calibè dà forma visibile - ma non corpo - a scie di fumo. Migliaia di punti, tutti dello stesso diametro, si condensano o si allontanano, creando immagini di rotazioni, involuzioni, fusioni e separazioni di materia. Non appaiono linee, però: la scelta della tecnica (puntinista) asseconda il soggetto (non soggetto) da rappresentare.
Il fumo diventa metafora di una fiamma che "arde" senza bruciare: metafora dell'idea, dell'intuizione creativa che dà forma definitiva ad una immagine mentale impermanente che è il frutto di un flusso continuo di pensieri che continuamente cambia.
Cannistrà applica nero fumo ad un'ampia superficie cartacea, che avvolge interamente l'ambiente che la contiene, in modo tale che il supporto si carichi di una magica energia. Il fumo funge da catalizzatore della carta: aumenta gli effetti della reazione emotiva determinata da ciò che è rappresentato sulla sua superficie. Non vi appaiono tuttavia figure, tutto è vago, astratto, informe, (in una parola) "sfumato"… eppure l'installazione è in grado di suscitare le emozioni più disparate e con esse l'osservatore vi proietta l'immagine di ciò che nella vita reale suscita tali emozioni.
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Lo Studio Lab è nato per sperimentare nuovi linguaggi espressivi e studiare gli effetti di questi sul pubblico. Questo studio consente agli artisti, da una parte, di confermare o modificare dei risultati raggiunti dalla propria ricerca, alla galleria, dall'altro, di aggiornarsi continuamente su linguaggi espressi dalla contemporaneità e fare proposte sempre nuove all'interno dei propri spazi espositivi e commerciali.
Un discorso più particolareggiato, dunque, meritano i linguaggi espressi dai due artisti in questa prima mostra. Entrambi, per i lavori qui presentati, sono partiti in origine dalla figurazione: dalla fotografia Calibè, dal disegno del paesaggio Cannistrà; ma entrambi se ne discostano tanto da lasciare soltanto una vaga suggestione dei modelli di partenza.
Calibè sceglie il linguaggio della "densità": come particelle volatili nell'aria i punti di china si condensano in misura maggiore o minore sul foglio di carta, consentendo all'osservatore di seguire con lo sguardo scie di movimento che in realtà non c'è: non vi sono linee, non vi sono contorni, né figure, eppure l'immagine del fumo appare vivida agli occhi di chi osserva il disegno.
Nella sua installazione Cannistrà sceglie invece il linguaggio della latenza. Tanti sono gli elementi presenti in questa installazione che rimangono nascosti, latenti: tra cui ad esempio la tensione verso l'alto, il peso, il colore, la presenza di luce esterna alla superficie "dipinta", il suono… Cannistrà ha lavorato per sottrazione di elementi, che tuttavia rimangono presenti in forma potenziale.
L'artista modifica "concettualmente" il bianco indifferenziato delle pareti della sala: è come se le pareti stesse fossero ripiegate a creare una modanatura aggettante e irregolare in grado di assorbire elementi interni ed esterni all'ambiente, ma anche la fantasia e le suggestioni di coloro che entrano all'interno dell'installazione.
Come una nebbia uniforme, il nerofumo impedisce qualsiasi possibilità di orientamento. Ma ciò significa anche che tutte le possibilità restano aperte. Bastano poche modificazioni nella sua composizione perché l'osservatore possa credere di intravedere qualcosa di corporeo, il "fantasma" di una figura.
Tra i tanti visitatori che hanno già visitato l'installazione è molto frequente la sensazione (ancestrale) di trovarsi all'interno di un bosco, attorno ad un fuoco; la luce ribassata crea grandi ombre che proiettano oltre al profilo dei corpi anche le immagini dei racconti e dei ricordi delle persone. La tensione verso l'alto - suggerita dalle linee delle piegature e dal contrasto di luce che dall'ombra in basso tende progressivamente verso il bianco - si tramuta in una tensione verso la propria interiorità e la necessità di esternarla.
Il Liquid art system, con i suoi dipartimenti differenti, la White Room, la Square Gallery, lo Studio Lab e l'Art Archive, propone un modo "glocale" di promuovere e commercializzare l'arte contemporanea.
Studio Lab a cura di Marco Izzolino
White Room
via Vittorio Emanuele, 50 Capri (NA)