Mario Airo'
Giuseppe Armenia
Henri Bechard
Freres Bisson
Domenico Bresolin
Luca Campigotto
Giacomo Caneva
Martin Chambi
Giuseppe Cimetta
Vittorio Corsini
Louis De Clercq
Giulio Delve'
Paola Di Bello
Rä Di Martino
Benvenuto Disertori
Maxime Du Camp
Marcello Dudovich
Andrea Facco
Tano Festa
William Henry Fox Talbot
FrancisFrith
Maurizio Galimberti
Luigi Ghirri
Meri Gorni
Alice Guareschi
Elisabeth Holzl
Emilio Isgro'
Ketty La Rocca
HerbertList
Robert MacPherson
Hiroyuki Masuyama
SabrinaMezzaqui
Lorenzo Missoni
Bruno Munari
Carlo Naya
Maria Elisabetta Novello
Julio Paz
Domenica Riccardo Peretti Griva
Antonio Fortunato Perini
PetriPaselli
James Robertson
Filippo Romoli
Sara Rossi
Alessandro Ruzzier
Francesco Satta
Carlo Baldassare Simelli
Florian Slotawa
GiorgioSommer
Andrei Tarkovsky
Davide Tranchina
Patrick Tuttofuoco
Luca Vitone
C. & G. Zangaki
Adalberto Libera
Nicola Di Battista
Una mostra che mette in relazione lo sguardo del turista e lo spazio del turismo proponendo fotografie dei Grand Tour dell'800, guide dei viaggiatori di inizio '900, diari di viaggio, illustrazione d'autore, Pop Art, i linguaggi contemporanei del video e dell'installazione. Adalberto Libera e' uno dei grandi protagonisti dell'architettura italiana novecentesca, la mostra "La citta' ideale" ne ricorda l'opera a 50 anni dalla morte.
Andata e ricordo. Souvenir de Voyage
"C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio "
Andrej Tarkovskij
Il Mart presenta dal 22 giugno all’8 settembre 2013 “Andata e ricordo. Souvenir de
Voyage” una mostra che mette in relazione lo sguardo del turista e lo spazio del turismo.
Fotografie dei Grand Tour ottocenteschi, le prime guide dei viaggiatori di inizio novecento, i
diari di viaggio, la parabola della pubblicità dall’illustrazione d’autore al kitsch, l’ironia della
Pop Art, i linguaggi contemporanei del video e dell’installazione; sono alcune delle sorprese
di una mostra che cerca di capire come è cambiato il modo di viaggiare e di abitare i
luoghi sotto la spinta della globalizzazione e del postmoderno di massa.
“Andata e Ricordo”, prodotta dal Mart di Rovereto, è curata da Nicoletta Boschiero,
Veronica Caciolli, Daniela Ferrari, Paola Pettenella, Alessandra Tiddia, Denis Viva e
presenta in catalogo un saggio di Fernando Castro Florez.
La mostra si apre con “Tempo di viaggio”, un racconto per immagini del grande regista
russo Andrej Tarkovsky che nel 1983 compiva il suo Grand Tour accompagnato dal poeta
e sceneggiatore Tonino Guerra. Un modo di viaggiare, quello di Tarkovsky e Guerra, che
non cedeva alle tentazioni della memoria, ma che raccoglieva immagini per appropriarsi di se
stessi e del mondo. “Fotografare – scriveva Susan Sontag – significa appropriarsi della cosa
che si fotografa. Significa stabilire con il mondo una relazione particolare che dà una
sensazione di conoscenza, e quindi di potere”.
Il racconto di questo viaggio introduce in modo critico il tema della mostra: oggi l’industria
globale del turismo di massa ci sommerge di immagini stereotipate e omologate. Definibili
“immagini delle immagini”, alimentano le mappe mentali collettive e condizionano
fortemente la rappresentazione del mondo, progressivamente gli spazi turistici e quelli
culturali si sovrappongono.
La costruzione dei luoghi destinati a ospitare l’esperienza turistica (i parchi a tema, i centri
commerciali) si evolve in modo innovativo e speculare all’evoluzione culturale in atto nella
società contemporanea. Lo spazio turistico postmoderno è cioè caratterizzato da un’estrema
frammentazione dei segni che lo orientano. Il souvenir è il regalo che accompagna il
rientro dai viaggi, è convenzionale e già visto, ma è inimmaginabile farne a meno. Anche
l’arte è un dono che sta tra l’insignificanza e la sublimazione, il risultato di un viaggio o di un
processo del quale spesso si sono cancellate le orme.
LA MOSTRA
Il percorso di “Andata e ricordo” si snoda attraverso il tempo e lo spazio, luoghi reali,
immaginati e immaginari: video, installazioni, dipinti, sculture di artisti contemporanei e
quattro magiche chambres in cui rivivono, attraverso documenti, foto e materiali d’archivio,
momenti e testimonianze di viaggio.
Nella prima chambre attraverso mirabili vedute ottiche, le stereoscopie di città e paesaggi,
le prime guide dei viaggiatori e gli album “souvenir” dell’inizio del secolo scorso, si
ripercorre l’esperienza del Grand Tour, il viaggio di formazione dei giovani aristocratici
europei che ebbe la sua fortuna a partire dal XVIII secolo.
La seconda chambre racconta di crociere e traversate navali, alla scoperta del Mediterraneo
- come mostrano ricordi, diari, fotografie di intellettuali, artisti, architetti, da Margherita
Sarfatti a Gino Pollini - o per raggiungere le Americhe oltre l’Oceano - come raccontano le
carte di Fortunato Depero e di Thayaht.
Con l’evolversi dei mezzi di trasporto, il viaggio cambia identità. Da possibilità destinata a
pochi fortunati esploratori, diventa attività turistica alla portata di tutti. Nella terza chambre
vengono esposte le prime campagne pubblicitarie, i depliant, i manifesti e le cartoline -
provenienti dalla Collezione Wolfsoniana di Genova, dal Touring Club Italiano, dal Museo
degli usi e costumi della gente trentina, dal Museo della cartolina - da confrontare con gli
odierni esiti kitsch del souvenir da bancarella: boules à neige, oggetti e piattini esposti
nell’ultima e quarta chambre , che diventano anche il segno tangibile di un turismo sempre
più diffuso, ma spesso superficiale e inconsistente.
L’industria turistica è attualmente il grande motore economico e la chiave del processo e
dello sviluppo culturale. Grazie ad essa si trasmette l’ideologia diffusa della globalizzazione.
La mostra mentre parla del tema del turismo parla del viaggio, la diaspora, ma anche il
camminare, la conversione del mondo in un non-luogo sistematico, l’ibridazione dei
linguaggi, il pidgin.
Il viaggio nell’arte contemporanea è una specie di simulacro, il resto di una ideologia
“nomade” che forse ha anche a che vedere con la completa paralizzazione sedentaria.
Dagli anni Sessanta, quando Tano Festa introduce nel suo lavoro le immagini divenute
icone del turismo di massa, come in Michelangelo according to Tano Festa (1967), alle nuove
generazioni di artisti in cui continuano a emergere secoli di cultura visiva stratificata e
trasformata a uso e consumo del turista.
Da questa identità visiva, fatta di Colossei in miniatura, cannocchiali panoramici, cartoline
con le vedute più tipiche di Venezia, Roma o Firenze, si è spesso sviluppata una ricerca
artistica che ha cercato di restituire autenticità a queste immagini, oppure di denunciare il
loro abuso, il loro eccesso di visibilità. È un aspetto fondativo, soprattutto per l’arte italiana
come ricordano per esempio le fotografie di Luigi Ghirri scattate alla fine degli anni
settanta nel parco de L’Italia in miniatura, vero e proprio souvenir a cielo aperto, dove si
visitano, in un gioco di finzione, i monumenti e le icone dell’Italia turistica. Doppio talmente
finto, però, da rimandare, con le parole del fotografo, direttamente all’esperienza reale nella
nostra memoria.
Alice Guareschi racconta di un viaggio partito dapprincipio sull’atlante e terminato nella
postproduzione delle riprese effettuate nei quattro mari del mondo (Bianco, Rosso, Giallo,
Nero). Il viaggio “sentimentale”, eco di Laurence Sterne, è rappresentato dalla
corrispondenza femminile di lettere e autoritratti di Meri Gorni e dalla sagoma di alcune
Isole del Mediterraneo disegnate da Sabrina Mezzaqui.
I collage di Lorenzo Missoni, ottenuti ritagliando le fotografie delle enciclopedie, ci
offrono l’esempio di come le immagini comuni e inflazionate possano diventare occasione
per un viaggio personale, immaginifico, fatto accostando luoghi fra loro lontani e visti
soltanto in fotografia. Maurizio Galimberti offre invece inediti colpi d'occhio sui
monumenti italiani più tradizionali trasformandoli nei suoi mosaici di polaroid.
Davide Tranchina, nelle sue fotografie, mette in evidenza come le immagini diventino
stereotipi, perdendo così originalità e unicità mentre Petri Paselli crea un virtuale viaggio in
Italia fotografando i souvenir negli ambienti domestici deputati alla loro esibizione,
producendo dei curiosi cortocircuiti di senso.
Gli artisti evocano anche i luoghi magici ritratti nelle cartoline - come l’Aurora di Mario Airò
e Souvenir San Gimignano di Vittorio Corsini - oppure mescolano industria turistica e
industria cinematografica - come nelle fotografie dei set dei colossal americani abbandonati
nel deserto raccontati nelle immagini di Rä di Martino, quasi fossero essi stessi, simulazione
e surrogato, il paesaggio e il monumento reale, in un ambiguo gioco allusivo, fra cinema,
luogo comune e realtà.
In mostra anche installazioni, come dispositivi che alludono alle abitudini dei turisti come
quelle del cannocchiale panoramico ripreso in Kaleidos di Maria Elisabetta Novello; oppure
gli ombrelloni rotanti di Giulio Delvè, prelevati direttamente dall’Hotel Tritone di Ischia,
memoria balneare inseparabile dai ricordi delle nostre vacanze; o ancora il collage di mappe
della metropolitana di Parigi proposto da Paola di Bello che ripresenta, ingigantito e
consunto, lo strumento più comune di orientamento per i turisti metropolitani.
Chiude la mostra la grande installazione dal Per grazia ricevuta / per grazia riciclata di Julio Paz,
esposta per la prima volta al museo a seguito della donazione da parte della famiglia.
L’artista argentino, scomparso nel 2010, ha assemblato tantissimi di oggetti raccolti dal 1977
al 2008. Si tratta di ex voto, manufatti ottenuti unendo materiali diversi che nell’insieme
creano un grande affresco che racconta la vita nomade dell’artista.
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Adalberto Libera
La città ideale
A 50 anni dalla morte (e 110 anni dalla nascita) il Mart di Rovereto dedica
un omaggio all’architetto trentino Adalberto Libera, grande maestro
dell’architettura moderna italiana
Il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto rende un nuovo
omaggio all’architetto Adalberto Libera (1903 -1963), uno dei grandi protagonisti del
rinnovamento dell’architettura italiana.
Un nuovo punto di vista è offerto sull’opera di questo grande maestro dell’architettura
moderna: il curatore della mostra, l’architetto Nicola Di Battista, ha scelto infatti di
approfondire il lavoro di Libera attraverso la selezione di alcuni progetti tra i più significativi,
la cui lettura, sorprendentemente inedita, intende attualizzare le modalità di formazione di
uno stile.
In questo modo è ripercorsa la storia professionale di Adalberto Libera, con particolare
attenzione al periodo di formazione e agli esordi, dove più forte risulta la sua volontà di
proporre un linguaggio moderno e internazionale, attraverso l'interpretazione degli indirizzi
del Razionalismo europeo.
Nell’Italia fascista il settore degli allestimenti espositivi era l’unica palestra possibile per gli
architetti razionalisti, le cui tensioni creative d’avanguardia erano tenute a prudente distanza
dal regime. In questo settore Libera esprime con grande chiarezza un’idea di architettura
capace di mettere in relazione il contesto storico con le forme della città moderna, come
accade ad esempio per l’allestimento della mostra delle colonie estive e dell’infanzia al Circo
Massimo a Roma nel 1937.
Dotato di una eccezionale abilità nel disegno, Libera usa rappresentare i propri progetti con
magistrali vedute prospettiche, quasi sempre di spazi interni, alcune conservate e altre andate
perdute e di cui si hanno oggi solo le riproduzioni fotografiche in bianco e nero.
Queste prospettive sono capaci da sole di raccontarci il progetto senza l’ausilio di altri
elaborati ed è per questo che Di Battista ha deciso di renderle ‘protagoniste’ di tutta
l’esposizione. Così nasce l’idea dell’allestimento di questa mostra, a cura dell’architetto
Gianni Filindeu, organizzato attorno a 14 grandi riproduzioni delle vedute prospettiche dei
progetti selezionati.
Il visitatore ha la possibilità di entrare come protagonista nell’architettura di Adalberto
Libera, coglierne gli aspetti più legati alla composizione e assumerli come valori assoluti da
interpretare nell’attualità.
Accanto alle grandi foto sono esposti anche materiali d’archivio originali relativi a ogni
progetto, quali schizzi, fotografie, pubblicazioni d’epoca e soprattutto preziose relazioni
tecniche redatte da Libera stesso.
Da questo primo spazio si raggiungono alcuni ambienti, ciascuno dei quali ospita una
sezione della mostra: la prima è dedicata ai disegni realizzati da Libera nell’arco della sua
vita su temi e con tecniche differenti; la seconda comprende una raccolta di tempere
originali che illustrano alcune sue architetture; la terza è dedicata ai progetti a pianta
centrale; una sala è dedicata ai video. L’ultima stanza è interamente dedicata alla “città
ideale”: Adalberto Libera, come in una boule à neige, disegna un paesaggio riassuntivo
dell’Italia che fa da sfondo a un grande ambiente in cui si celebra una scena conviviale.
Biografia Aldaberto Libera
Adalberto Libera nasce a Villa Lagarina (Trento) il 16 luglio 1903. Durante la guerra è
costretto a lasciare il Trentino e si trasferisce a Parma nel 1915. A Trento frequenta tutte le
scuole inferiori presso la Stadtliche Schüle e il primo anno delle tecniche della Scuola
Industriale, dal 1913 al 1914. A Parma Libera vivrà circa dieci anni, termina l’ultimo anno
delle medie e frequenta il Regio Liceo conseguendo la relativa maturità. Si iscrive al primo
anno della facoltà di matematica della Regia Università Parmense e nel contempo frequenta
le lezioni di architettura presso l’Istituto di Belle Arti. Nel 1923 dà gli esami di ammissione al
corso speciale di architettura presso l’Istituto statale d’arte di Parma. Vi frequenta il corso
speciale, diplomandosi con lode e diploma d’onore. Nel 1925 si trasferisce a Roma e si
iscrive al terzo anno della Regia Scuola Superiore di Architettura di Roma e si laurea nel
luglio 1928. Consegue l’esame di Stato il 12 novembre 1928.
È tra i primi fautori del movimento per l’architettura moderna in Italia. Nel 1927, ancora
studente, entra a far parte del Gruppo 7, sorto nel 1926 nel Politecnico di Milano a opera di
Gino Pollini, Luigi Figini, Giuseppe Terragni, Guido Frette, Ubaldo Castagnoli, Sebastiano
Larco e Carlo Enrico Rava. Quale membro del Gruppo 7, partecipa all’enunciazione del
programma del razionalismo architettonico italiano pubblicando alcuni scritti programmatici
su “Rassegna italiana” (dicembre 1926- maggio 1927). Nel 1927 partecipa con il progetto
‘Alberghetto a mezza montagna’ all’esposizione ‘Die Wohnung’ per l’inaugurazione delle
case del Weissenhof di Stoccarda.
Nel 1928 fonda e dirige il M.I.A.R. (Movimento Italiano per l’Architettura Razionale), ente
di cultura e di propaganda per il rinnovamento dell’architettura italiana. Nello stesso anno
organizza con Minnucci la prima Esposizione di Architettura Razionale a Roma. La seconda,
organizzata nel ’31, inaugurata da Mussolini alla Galleria di Roma, diretta da P.M.Bardi,
segna l’inizio della polemica con l’ambiente accademico e scatena un vivissimo
contraddittorio. Sciolto il M.I.A.R. , Libera lavora come professionista indipendente
associandosi di volta in volta con i migliori architetti dell’ambiente romano quali: De Renzi,
Montuori, Ridolfi, Vaccaro, ecc. Si segnala per la partecipazione alla Mostra della
Rivoluzione Fascista allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel ’32. L’importanza
dell’occasione e il successo del progetto gli aprono la via per una serie di incarichi per
allestimenti e padiglioni effimeri quali quelli per l’Esposizione Mondiale di Chicago nel ’33,
per l’Esposizione di Bruxelles nel ’35 e per le mostre al Circo Massimo di Roma, sempre in
collaborazione con De Renzi.
Negli anni ’30 realizza a Roma importanti opere pubbliche come il Palazzo postale
all’Ostiense nel ’33 e il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi all’E42 nel ’37. Per
l’Esposizione universale romana, oltre al Palazzo dei Congressi, progetta il grande Arco
simbolico e partecipa al concorso per il Palazzo dell’Acqua e della Luce nel ’39. Durante la
guerra, si ritira a Villa Lagarina nella casa di famiglia, tralascia l’attività professionale e si
immerge nella riflessione sui temi fondamentali dell’architettura. Centinaia di fogli densi di
annotazioni e schizzi, testi, pubblicazioni sugli elementi dell’alloggio, documentano il
profondo studio fatto da Libera sulla ‘casa dell’uomo’; tali elaborati sono classificati da
Libera stesso con la dicitura ‘progettazione senza committente’. Ritorna a Roma nel ’47 e inizia
una lunga collaborazione con l’Ina-casa in qualità di direttore della sezione architettura che
lo porta alla costruzione dell’Unità di abitazione orizzontale al Tuscolano a Roma nel 1954.
Il suo interesse si sposta sempre più dallo studio dello spazio abitativo alla scala del quartiere
e della città. L’attività progettuale alla metà degli anni ’50 si intensifica con la realizzazione
del Palazzo della Regione a Trento, del Palazzo per uffici a via Torino a Roma, il Villaggio
Olimpico sempre a Roma e la cattedrale de La Spezia.
Nel 1951 è nominato accademico di San Luca. Nel 1953 vince per concorso la cattedra di
‘composizione architettonica’ e comincia a insegnare alla Facoltà di architettura di Firenze.
Nel novembre del 1962, è chiamato a insegnare a Roma ‘La Sapienza’.
Nel mese di marzo 1963 muore improvvisamente nel pieno della sua attività professionale di
architetto, di insegnante e di ricercatore.
Biografia Nicola Di Battista
Nato a Teramo il 20 ottobre 1953, tra il 1981 e il 1985 compie il suo apprendistato nello
studio di Giorgio Grassi a Milano, collaborando a diversi progetti. Nel 1986 fonda uno
studio professionale a Roma, dove risiede e lavora. Dal 1989 al 1995 è vicedirettore della
rivista ‘Domus’. Dal 1997 al 1999 è professore di progettazione architettonica all’ETH di
Zurigo. Svolge un’ampia attività didattica in varie sedi universitarie italiane ed estere,
affiancando attività e di ricerca progettuale.
Attualmente è professore di progettazione alla Facoltà di Architettura di Cagliari.
Le opere in corso di realizzazione (Riqualificazione del Castello Fienga a Nocera e
Riqualificazione del Castello San Michele a S. Maria del Cedro - entrambi con E. Souto de
Moura -, Museo Naturalistico-Archeologico a Vicenza, Fondazione Lewitt a Praiano),
testimoniano una modalità di lavoro che con consapevolezza si basa sulla conoscenza del
passato e, in continuità con esso, cerca un’innovazione per il progetto contemporaneo.
Nel 2011 vince il concorso per l’ampliamento del Museo Archeologico Nazionale di Reggio
Calabria.
Immagine: Davide Tranchina, Trough the globe #12, 2003. Courtesy dell'artista
Responsabile Comunicazione e Relazioni Esterne
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Inaugurazione Venerdì 21 giugno ore 19.00
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