Tre album fotografici vicino a un cassonetto. Tre album che raccontano una vita. Istantanee che documentano il quotidiano e lo straordinario, immagini che raccontano una storia.
a cura di Laura Mocci
Tre album fotografici vicino a un cassonetto. Tre album che raccontano una vita. Gli amici, le vacanze al mare e in montagna, gli studi, le feste, gli amori, le gite, la prima automobile, il matrimonio e gli anni della maturità. Istantanee che documentano il quotidiano e lo straordinario, immagini che raccontano una storia. Non ha importanza che si tratti di Evelina, Paola, Adele o Elisabetta, non è importante il rango o il censo. E’ la vita di una donna che appare attraverso scatti fotografici definiti, a volte incerti, ma comunque ritenuti dalla protagonista, degni di nota, degni di essere raccolti, ordinati, catalogati ma che, all’improvviso, in un attimo di lucidità, divengono inutili, obsoleti, da gettar via.
E’ una scelta ferma, razionale, presa con lucidità. E’ una sorta di suicidio, la ricerca dell’annullamento. Un atto durissimo e violento, espressione di una volontà decisa che viene decretata con una etichetta, sulla quale, con grafia tremante forse commossa, si legge “si può buttare”. E’ stata la protagonista a scriverlo, o è stato qualcun altro? In un mondo in cui sembra che il mostrarsi sia il solo modo di esistere, qualcuno decide consapevolmente di sparire (o di far sparire), di cancellare una memoria…come a dire che non è nell’apparire che si perdura, ma nell’essere.
Ma come accade nelle leggende e nelle favole, l’esecutore materiale del gesto, dotato di libero arbitrio, si ribella. Non obbedisce. E invece di gettare via i tre album, li appoggia vicino al cassonetto, offrendo un’ultima possibilità alla memoria di una vita.
E’ un gesto, un solo gesto. Un gesto di ribellione che trasforma quella serie di eventi da particolari in universali. La sequenza di scatti che un attimo prima era anonima, perduta, smarrita improvvisamente raggiunge l’assoluto. Non ha più importanza l’identità, il luogo, il tempo della storia, ciò che affascina, che attrae, che diviene prezioso è il senso di identificazione e di coinvolgimento.
Forme, ombre, prospettive si amplificano e trovano eco nelle opere di Angelo Turetta, con la 1100 che scoppia in una desolata piazza siciliana, la coppia di innamorati che camminano abbracciati lungo i viali del quartiere Prati, le feste romane e la Fregene di Fellini e Mastroianni, e in quelle di Jason Eskenazi, con le donne che si preparano al lavoro nei campi e i giovani che si allenano per la guerra, e nei cieli di Amr Khadr e di Paolo Patrizi, nei paesaggi innevati di Rafal Milach e di Giovanni Cocco, nell’elegantissimo cigno di Iñaki Domingo, e nel pescatore solitario di Michael C. Brown, e nel diverso offrirsi delle donne ritratte da Maya Goded e da Munem Wasif. Memorie collettive, corpi che richiamano corpi, che inconsapevolmente, con discrezione, garbo e leggerezza sono, grazie ad un gesto di ribellione, diventate opera d’arte.
Testo di Laura Mocci
Inaugurazione martedì 25 giugno 2013 ore 19
Ilex
via in Piscinula, 21 (Trastevere) - Roma
lun-ven 15-19, sab 11-19
Ingresso libero