Prima che tu mi parli. "L'uso del pennello o della matita colorata significa per il nostro artista trasmettere direttamente i sussulti, la renitenza di una materia" (Pino Bonanno).
Qualcuno ha sostenuto che ci troviamo di fronte alla “morte dell’arte”, così come Hegel aveva profetizzato. In verità, se qualcosa appare irreversibilmente “compromessa”, questa non è l’arte in sé, ma quella che si è chiamata “avanguardia”.
Un certo valore storico le avanguardie, nel corso del secolo scorso, l’anno svolto, attraverso interessanti proposte, fino a quando non ci si è inventata l’arte per il solo gusto della novità.
Oggi si è provato tutto e il contrario di tutto, per cui all’avanguardia è rimasta soltanto la possibilità d’imitare il passato, ponendosi sullo stesso piano di quella ”accademia” dalla quale voleva staccarsi.
E la Biennale di Venezia di questa edizione conferma simile tendenza.
Si può far tornare l’arte a essere “meraviglia”, “incantamento”, “evocazione” ?
Certamente, se ridiventa un’esigenza, individuale o collettiva, se si elaborano progetti creativi che vengano percepiti come necessità. Se ristabilisce un forte legame fisico ed emotivo con la vita, lontana dai condizionamenti e subordinate intellettuali.
Forse, rinunciando alla storia, ai maestri della “provocazione”, alla riflessione che condizioni i nostri istinti.
Solo così si può instaurare un legame diretto con il nostro inconscio, le sue ossessioni, il suo modo di rielaborare la realtà creando un universo inedito e incantato.
Mario Trequattrini, artista per passione e geriatra per professione, conoscendo bene i segni del deperimento fisico dell’uomo, ha titoli per ricostruire convincenti “segni” della grande arte che non è mai “morta”.
Il suo piglio narrativo ha del sorprendente quando traccia segni, lembi di affabulazioni verbali, colti nei suoi momenti di riflessioni notturne.
" Prima che tu mi parli ", titolo evocativo della presente mostra, rappresenta la Summa del suo pensiero e della sua poetica recente in cui il “balbettio” preverbale, l’afasia contengono l’esplosiva necessità di cogliere atmosfere, accenti comunicativi che vadano oltre la chiarezza della rappresentazione figurale.
In cui la lucida dimensione «concettuale» delle sue “scritture cromatiche” si lega strettamente alla fisicità forte della sua pittura astratta.
I suoi colori, infatti, come le variazioni di giallo, il verde, il violetto, l’azzurro restano sempre particolarmente attrattivi, come l'epitelio lucidato di un cammeo.
E ogni suo quadro è una piccola elaborata miniatura che non si appaga della prima stesura, o di certe veloci “graffiature” che percorrono le composizioni.
Trequattrini scende nel vivo dell’elaborazione e l’accarezza assiduamente con cura amorevole, fino ad ottenere certe preziosità segniche speciali, che fissano l'idea e ne riscattino la semplicità narrativa.
Costruisce un gorgo di pittura che lascia trasparire, nell’accendersi di zone cromoscritte, una profondità fatta da luci e ombre. Eppure il senso del corpo è tutto impresso nell’immediatezza dei segni della mano: che guida il pennello o la matita e li trascina per la tela.
L’uso del pennello o della matita colorata significa per il nostro artista trasmettere direttamente i sussulti, la renitenza di una materia (la consistenza della tela impressa ora con velature striate, ora con tracce consistenti, ora con pause verbali) che reagisce tra le dita come se fosse viva. Questo corpo a corpo con la pittura si alimenta di consapevolezza grazie al confronto con i protagonisti dell’astrattismo internazionale (Hartung, Dorazio, Scanavino, etc…). L’arte astratta, per Trequattrini, sembra essere il momento più puro della sua vicenda di adesione all’arte contemporanea. Distaccato dalle mode, estraneo ai gruppi di tendenza, fino adesso, non abbandona mai questa opzione di purezza. E sta proprio in questa sua «fedeltà», che non è autocompiacimento, ma ricerca, confronto, rinnovamento continuo, l’importanza dell’artista marscianese, ormai riconosciuto e collocato tra i migliori protagonisti dell’arte umbra, al quale guardare da parte di critici se vogliono “sfogliare” con competenza le autentiche realtà creative della regione.
Pino Bonanno
Inaugurazione domenica 7 luglio ore 18,30
Spazio 121
via A. Fedeli, 121 - Perugia
Aperture al pubblico da martedì a venerdì dalle 16 alle 19 o per appuntamento
Ingresso libero