Giacomo Balla
Umberto Boccioni
Carlo Carra'
Fortunato Depero
Ottone Rosai
Gino Severini
Mario Sironi
Ardengo Soffici
Lorenzo Viani
L'arte italiana consegnata alla modernita'. Un'esposizione che ricorda il passaggio dal Divisionismo al Futurismo, dalla sintesi estrema delle correnti artistiche dell'Ottocento all'esplosiva e rivoluzionaria manifestazione del nuovo stile e delle nuove concezioni estetiche dell'arte moderna. Opere di artisti come Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carra', Fortunato Depero, Ottone Rosai, Gino Severini, Mario Sironi, Ardengo Soffici e Lorenzo Viani.
Giovedì 8 agosto 2013, nelle sale di Farsettiarte a Cortina d’Ampezzo, si aprirà un’importante esposizione che
ricorda, ad un secolo di distanza, il passaggio dal Divisionismo al Futurismo, dalla sintesi estrema delle correnti
artistiche dell’Ottocento all’esplosiva e rivoluzionaria manifestazione del nuovo stile e delle nuove concezioni
estetiche dell’arte moderna.
Saranno presenti una trentina di opere di celebri artisti Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà,
Fortunato Depero, Ottone Rosai, Gino Severini, Mario Sironi, Ardengo Soffici e Lorenzo Viani.
Dal Divisionismo al Futurismo
Come è noto, la partecipazione di Giovanni Segantini, Gaetano Previati e Angelo Morbelli alla Triennale di
Brera a Milano nel 1891 segnò la data d’inizio ufficiale del movimento divisionista in Italia. I suoi esponenti si
ispirarono, in misura maggiore o minore, al pointillisme francese di Georges Seurat e Paul Signac, ma lo
rielaborarono in maniera personale e originale, smussandone il rigore e gli eccessi razionalisti.
Giacomo Balla (nato nel 1871) costituì il punto d’incontro e di passaggio tra due generazioni di artisti e
precisamente tra Segantini e Previati (nati rispettivamente nel 1858 e 1852) e Umberto Boccioni, Carlo Carrà e
Gino Severini (nati rispettivamente nel 1882, 1881 e 1883).Dopo aver eseguito quadri con tematiche sociali, come La giornata dell’operaio, del 1904 e La pazza, del 1905,
Balla mutò radicalmente stile e impostazione, dipingendo Lampada ad arco, nel 1909, lo stesso anno in cui, a
Parigi, Filippo Tommaso Marinetti dava inizio al movimento Futurista.
Poco dopo, nel febbraio del 1910, venne pubblicato il Manifesto dei pittori futuristi, firmato da Umberto
Boccioni, Carlo Carrà, Gino Severini, Luigi Russolo e dallo stesso Balla.
La mostra
Il percorso espositivo è stato ideato per mostrare ai visitatori le complesse e radicali trasformazioni stilistiche ed
estetiche che tra il 1910 ed il 1920 hanno permesso il rinnovamento dell’arte italiana, parallelamente allo
sviluppo delle principali avanguardie internazionali.
Come scrive Marco Fagioli, “La mostra documenta in modo esatto tale passaggio, dal Balla divisionista, con
Campagna romana, 1902 ca., lo splendido Germogli primaverili (Paesaggio di Villa Borghese), 1906, Ritratto
di signora, 1907, Nel prato, 1908 ca., tutti dipinti che avvisano l’imminente arrivo della rivoluzione formale
futurista.
Di Boccioni le tre opere presenti, tutti momenti elevati del suo lavoro, rendono giustizia piena: il Pagliaio al
sole, 1908, un tripudio di luce e di colore che attesta un legame non solo tematico con la serie famosa dei
Meules, 1891, di Claude Monet (il vero iniziatore del plein-air, “l’impressionista all’avanguardia” più di ogni
altro), il paesaggio con le ciminiere di Crepuscolo, 1909, e il Nudo disteso, femminile, vero e proprio manifesto
di quel linguaggio “simultaneo” cubo-futurista che solo in Boccioni trovò i suoi esiti perfetti.
Il Futurismo, nella sua pienezza di rivoluzione spaziale nella concezione della forma, appare anche nel
Paesaggio toscano, 1912, di Severini, in Ritmi e linee, 1912, di Carlo Carrà, ne La ballerina del San Martino,
1915, e nel collage L’Arlecchino, 1915, di Mario Sironi; vengono in mente allora alcuni punti del Manifesto del
1909: “La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il
movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno [...] Non
v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un
capolavoro [...] Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie [...] Il Tempo e lo
Spazio morirono ieri [...] È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza
travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il Futurismo [...]”.
Di Ottone Rosai, più giovane di quindici anni degli altri futuristi, che è stato alla fine il vero “frutto puro” della
pittura fiorentina, la mostra rende tre piccoli capolavori: il magico Follie estive, 1918-19, in cui una visione di
assoluto candore del teatrino sull’Arno diviene elegia scompositiva di linee, volumi e colori, come in un
Braque, e Serenata, 1919-20, in cui le potenti e primitive figure della sua Firenze popolana assumono l’incanto
lirico della pittura del Trecento.
Rimarrebbe ancora da parlare di quella singolare Composizione futurista, 1929-30, di Lorenzo Viani, pittore e
scrittore apuano ribelle, un dipinto a tempera e collage che sembra anticipare profeticamente certi esiti della
successiva arte surrealista.E ancora di Fortunato Depero, nativo della Val di Non, autodidatta che si fece futurista a Roma nel 1914,
partecipando al gruppo che esponeva presso la Galleria Sprovieri: il suo dipinto è un esempio canonico di
“simultaneità” visiva”.
Inaugurazione 8 agosto
Cocktail sabato 10 agosto, dalle ore 18
Galleria Farsettiarte
Largo delle Poste (piano rialzato) - Cortina d’Ampezzo (BL),
Orario: 10.00 – 13.00 e 16.00 – 19.30
Ingresso libero