I territori di Ariel. Nato nel 1938, artista e architetto, ha operato dentro e fuori le discipline artistiche dichiarandosi sempre 'ricercatore nelle arti visive'. Da piu' d'un decennio ha concentrato la propria pratica sui segni identitari: da un canto esplorandone il valore storico rispetto a statuti culturali esistenti, dall'altro, dando vita a una sorta di geografia fondamentale fatta prassi inventiva e analitica. In mostra tra disegni in penna e matita, acrilici su tela. IV mostra della rassegna 'L'artista al lavoro'.
Comune di Castel San Pietro Terme
Assessorato Alla Cultura
Mostre a castello: l'artista al lavoro
2003: quattro mostre centrate sulla figura dell'artista al lavoro nel proprio atelier
Scelgo rtisti concentrati sul proprio operare, che davvero lavorano creando, che mai danno l'impressione di risultati evanescenti sorti per caso o sull'onda di mode; scelgo artisti che invece dettano le mode, in grado di indicare i riferimenti semiologici e semantici del proprio operare, che sanno spiegare a chiunque la logica per quanto endogena del proprio fare; il fare, dunque, come entità propulsiva e vitale, come essenza stessa della produzione dell'oggetto d'arte, come indicazione metodologica e didattica.
Bruno D'Amore
8 novembre - 7 dicembre 2003
Ugo La Pietra
''I territori di Ariel''
Nato nel 1938, artista e architetto, ha operato dentro e fuori le discipline artistiche dichiarandosi sempre ''ricercatore nelle arti visive''. Flaminio Gualdoni scrive in catalogo: Uomo di segni da una vita, analista arguto dei loro modi di decidersi in forma, talora, talaltra pervertendola o vanificandola. Da più d' un decennio ha concentrato la propria pratica sui segni identitari: da un canto esplorandone il valore storico rispetto a statuti culturali esistenti, dall'altro, dando vita a una sorta di geografia fondamentale fatta prassi inventiva e analitica. disegna, con quel suo tracciare lieve, fastosamente meravigliato, all'apparenza svagato, ma concettualmente sorvegliatissimo. Traccia, e decide terre fragili come i suoi origami visivi, ombre lievi che si proiettano sul mondo e, presuntuose, s'arrogano di qualificarlo''. In mostra tra disegni in penna e matita, acrilici su tela dal titolo ''Frantumazione dei territori'' una lastra di lavagna incisa e un mosaico, titolati ''Nazionalismo'' una installazione in ceramica: ''Europa unita''.
Ugo La Pietra
Nato nel 1938 a Bussi sul Tirino (Pe).
Originario di Arpino (Fr) vive e lavora a Milano.
Nel 1959/60 inizia ''la ricerca segnica'' in pittura, tesa al recupero di un minimo sperimentale simbolico.
Nel 1962 fonda con Agostino Ferrari, Ettore Sordini, Angelo Verga e Arturo Vermi il ''Gruppo del Cenobio''sviluppando un'attività con mostre orientate nell'area della pittura segnica.
Nel 1967 inizia la redazione del ''Sistema Disequilibrante'', una delle espressioni più originali del design radicale.
Nel 1968 progetta e realizza ''Ambiente Audiovisivo'' alla Triennale di Milano.
Nel 1969 vince i premi di pittura: I ''Premio Termoli'', II ''Premio Jan Mirò'', I ''Premio Cesare da Sesto''. Partecipa alla IV Settimana di Pittura al Museum Johanneum di Graz. Realizza un intervento urbano per la manifestazione ''Campo Urbano'' a Como.
Nel 1970 é invitato alla mostra sperimentale della XXXV Biennale di Venezia.
Nel 1971 progetta strumenti audiovisivi urbani per Trigon 71 a Graz (Austria).
Dal 1972 partecipa con una serie di opere e mostre all'interno dell'area artistica ''La Nuova Scrittura''. Invitato alla Triennale di Milano realizza il film ''La grande occasione''. E' invitato a realizzare un allestimento al Museum of Modern Art di New York nella mostra ''Italy New Domestic Landscape''.
Nel 1973 é membro fondatore della ''Global Tools'', primo e unico raggruppamento di ''Architetti, designers e artisti radicali''.
Nel 1975 vince il Primo Premio al Festival del Film di Nancy e partecipa ad una serie di manifestazioni in gallerie e musei in Italia e all'estero dedicate al ''cinema d'artista''.
Nel 1978 invitato alla Biennale di Venezia nelle sezioni ''Arte nel sociale'' (E. Crispoldi), ''Cinema d'artista'' (V. Fagone), ''Utopia, crisi dell'architettura. L'architettura radicale'' (L.V. Masini).
Nel 1979 vince il Compasso d'Oro per una ricerca di arredi per le Case Gescal. E' curatore della Sezione ''Audiovisiva'' alla XVI Triennale di Milano. Cura (con Gianfranco Bettetini e Gillo Dorfles) la mostra ''Cronografie'' alla Biennale di Venezia.
Nel 1981 é co-curatore e allestitore della mostra ''Lo spazio scenografico nella televisione italiana'' alla XVI Triennale di Milano. E' curatore (con G. Bettetini e A. Grasso) della mostra ''La casa telematica'' alla Fiera di Milano.
Dal 1985 al 2003 coordina mostre, premi, seminari e nuove collezioni di oggetti intorno all'artigianato artistico coinvolgendo diverse aree territoriali.
Dal 1986 al 1997 è coordinatore delle mostre di ricerca e sperimentazione all'interno della manifestazione Abitare il Tempo (Fiera di Verona).
Nel 1989 gli viene conferito il premio ''Utopia'' da Eugenio Battisti durante il III° Congresso Internazionale sulle Utopie al Teatro Argentina di Roma.
Nel 1991 organizza una mostra personale (con un ambiente dedicato all'unità nel mediterraneo) presso il Museè d'Art Contemporain de Lion.
Nel 1992 è curatore del settore ''La vita tra cose e natura, sezione naturale virtuale'' alla Triennale di Milano.
Dal 1993 al 2003 organizza una serie di mostre personali (Galleria Borgogna, Avida Dollars, Arte Studio di Milano, Rocca Paolina a Perugia) in cui vengono indagati, attraverso disegni, quadri e oggetti, i temi della ''Nuova territorialità '': genius loci, nazionalismo, pulizia etnica ed Europa unita.
Nel 1997 organizza una mostra personale di oggetti in mosaico presso la Fortezza da Basso a Firenze.
Nel 1998/99/2000 è curatore delle mostre ''Le diversità '' alla Fortezza da Basso di Firenze.
Nel 2001 Vittorio Fagone organizza una personale presso la Fondazione Ragghianti di Lucca.
Nel 2002 la Provincia di Perugia organizza una vasta rassegna personale presso la Rocca Paolina.
Nel 2003 ha realizzato un ambiente nella mostra ''Masterpieces'' a Palazzo Bricherasio, Torino.
Ha realizzato più di 900 mostre personali e collettive partecipando alla Biennale di Venezia nel 1970, 1978, 1980, alla Triennale di Milano nel 1968, 1972, 1979-80-81, 1993, 1996; ha esposto inoltre al Museo of Modern Art di New York, al Centro Pompidou di Parigi, al Museum of Contemporary Craft di New York, alla Galleria Palazzo Galvani di Bologna, alla Neue Galerie di Graz, a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, alla Fortezza da Basso a Firenze, alla Fondazione Ragghianti di Lucca, al Museé Departemental di Gap, al Museum Für Angewandre Kunst Colonia, al Museo Nordio Linz, al Museo della Permanente di Milano, al Royal College of Art di Londra.
Dal catalogo della mostra
I territori di Ariel
Flaminio Gualdoni
Un segno ha la propria identità , e subito marca una differenza, stabilisce due luoghi oltre a se stesso, schiudendo una proliferazione possibile.
Uomo di segni da una vita, analista acuto e arguto dei loro modi di decidersi in forma, talora, talaltra invece pervertendola o vanificandola, Ugo La Pietra da più d'un decennio ha concentrato la propria pratica sui segni identitari: da un canto esplorandone il valore storico rispetto a statuti culturali esistenti, dall'altro, dando vita a una sorta di geografia fondamentale fatta prassi inventiva e analitica.
Nella sua saviniana polipragmosyne, indifferente alla catalogazione delle pratiche (sapere se, e quando, egli è designer e quando artista, quando filmaker, quando teorico, eccetera, non è mai stata la sua passion predominante), La Pietra ha scavato sino a ritrovare il punto in cui, del segno, si possa verificare una sorta di sorgiva condizione sociologica, che lo fa individuo e insieme persona, diverso e insieme congenere, da qui muovendo verso una sorta di atlante universale del mondo dai caratteri straniati e feroci, ma quanto autentici.
''Cos'è lo spazio? Sono delle piccole strade per passare'', annotava Gastone Novelli, fratello maggiore del La Pietra en artiste, tra fine anni Cinquanta e primi Sessanta. Topoi e differenze, appunto: che Novelli lasciava proliferare nelle maglie delle retoriche di spazio sino a dissolverne le gerarchie; peraltro, in quello stesso tempo Piero Manzoni assumeva i confini freddi e accecati dell'unica imago mundi autorizzata, quella stessa che, di lì a poco, Alighiero Boetti avrebbe enfatizzato sino a una ridondanza fatale. La Pietra si è scelto una vocazione ulteriore. Non il possibile dei passaggi, non per converso il potere dei confini statuiti, ma la ragione genetica del formarsi dei confini, e soprattutto la forma del nostro pensarli, del nostro viverli, del nostro rappresentarli, tra l'animale che siamo e la cultura che crediamo.
Psicogeografo, verrebbe da dirlo, non fosse che il termine è già stato speso, in anni di situazionismo, per indicare un cupio dissolvi aleatorio delle logiche comportamentali. Psicogeografo, nella nostra accezione, indica che quando La Pietra si pone davanti alla tavola, foglio o tela, e marca il primo segno, assume di declinare un carattere, un comportamento spaziale umano, troppo umano, sviscerandone la ragione formativa.
Stabilisce una shape, una zona separata e distinta, e la costituisce in genius loci, circondandola e come assediandola di zonature ulteriori. Oppure determina un monema spaziale, una cellula, e lo moltiplica per tutto lo spazio, sino a costituire una forma formata dai contorni estroversi e gerarchici, chiusi e puntuti come un nazionalismo ostinato e opaco (e t'immagini un père Ubu, a capo di quel governo), e altrimenti dalle schiusure curiose della differenza, della contaminazione fervida con monemi generativi diversi.
In altri casi l'uniformità della tessitura cellulare si verifica solo a patto della cancellazione, dell'elisione di zonature distoniche, ancorchè intrinseche alla tessitura stessa: e guardando quelle tessere diverse e inghiottite non puoi, tu spettatore, non sentirti sarajevino (o indio amazzonico, o cos'altro) anche tu.
In altri ancora t'avvedi che ogni monema in realtà è diverso da tutti gli altri, che le affinità sono apparenti, che a voler dire che ogni cellula fa per se stessa non è in sé erroneo: e sotto i tuoi occhi ciò che appariva mappa dilava, si fa trama insensata, e in una specie di zoom mentale cominci a vedere differenze ulteriori entro ognuna delle zone, all'infinito, e t'immagini un blow-up fatto di singoli, infiniti, straniati, inutili punti.
La Pietra disegna, con quel suo tracciare lieve, fastosamente meravigliato, all'apparenza svagato, ma concettualmente sorvegliatissimo. Traccia, e decide terre fragili come i suoi origami visivi, ombre lievi che si proiettano sul mondo e, presuntuose, s'arrogano di qualificarlo, salvo poi sparire al primo vento, alla prima luce, al primo pensiero.
Dell'artista, egli si è scelto una parte precisa, all'opposto di quella del demiurgo arbitro e autocratico. La Pietra si sa, si vuole, come Ariel, come un coboldo celtico, come Perelà : capace di lievissime traiettorie, e domande micidiali.
Non fa del moralismo, ma pratica una morale serena e inflessibile. Perché sa bene, come voleva Bloch, che il kitsch non è nelle cose, è un male più sottile, un veleno sensuoso degli animi, un'apparenza che non inquieta e anzi ti affascina, ma poi ti uccide.
Inaugurazione sabato 8 novembre 2003, ore 18,30
Già inaugurate
15 febbraio -16 marzo 2003 ''Taghelmoust'' Umberto Mariani
17 maggio - 15 giugno 2003 ''Testo a fronte'' Gabriella Benedini
6 settembre - 5 ottobre 2003 ''Ibrida'' Omar Galliani
Catalogo-libro Pitagora editrice
Consulenza e organizzazione tecnica a cura di Carola Pandolfo
Galleria Comunale d'Arte Contemporanea
Via Matteotti 79
Feriali: 16 - 19
Festivi: 10-12 e 16-19
Lunedì per le scuole (su appuntamento): 10-12