Francesca Minini
Milano
via Massimiano, 25
02 26924671 FAX 02 21596402
WEB
Matthias Bitzer
dal 18/9/2013 al 8/11/2013
mar - sab 11-19.30

Segnalato da

Francesca Minini



approfondimenti

Matthias Bitzer



 
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18/9/2013

Matthias Bitzer

Francesca Minini, Milano

Amherst/Ether/Fields. La caratteristica delle sue opere e' la risoluzione del figurativo in geometrie ornamentali, la sovrapposizione di immagini divergenti e l'uso di un vocabolario di forme astratte.


comunicato stampa

Pensiamo allo spazio come a uno ‘spazio contenitore’ euclideo, statico, omogeneo e misurabile così come ce lo insegnano nelle scuole a geometria? Oppure lo spazio è un luogo, con il quale si può fare qualcosa’ che, come una parola, esprime un cambiamento, un momento temporale soggetto a volatilità così come secondo Michel de Certeau in ‘i discorsi dei passi che echeggiano’

Dalla seconda metà del XIX secolo vengono sviluppati concetti che pongono l’accento sulla relazionalità dello spazio e la sua dipendenza dal corpo umano e dalle diverse interazioni tra spazio e tempo.
Lo spazio in questo modo si sviluppa solo all’interno di un processo dialogico e si manifesta prima di tutto in una visione riferita al soggetto. Lo spazio è strettamente intrecciato al tempo. Georges Perec (1974) parla di una differenza significativa tra i due:
"Lo spazio sembra essere, o più addomesticato, o più inoffensivo del tempo: s'incontrano dappertutto persone con un orologio, e solo molto di rado persone con una bussola. Si ha sempre bisogno di conoscere l'ora (e chi sa ancora dedurla dalla posizione del sole?) ma non ci si chiede mai dove ci si trovi. Si crede di saperlo: si è a casa, si è in ufficio, si è nel metrò, si è in strada."

Anche se nell’era degli smartphone e di Google Maps Perec può perdere la sua rilevanza, l’utilizzo di questi strumenti di navigazione portatili non è automaticamente accompagnato da una maggior consapevolezza dello spazio. L’ambiente reale e quotidiano è rappresentato cartograficamente fin nel più piccolo dettaglio, ma lo spazio intimo e mentale di ciascun individuo sfugge ancora a questo processo di mappatura controllata.

Nella sua terza personale da Francesca Minini, Matthias Bitzer espone nuovi lavori che rappresentano la ricerca dell’artista berlinese a partire da questi presupposti. Il titolo Amherst/Ether/Fields si riferisce alla nascita e alla morte della poetessa americana Emily Dickinson (1830 – 1886). La scrittrice ha trascorso tutta la sua vita ad Amherst, una città del Massachusetts occidentale, isolata come un eremita. La poetessa apriva uno spiraglio verso il mondo esterno solo attraverso le sue lettere. L’immaginazione domina sulle esperienze reali, il suo è un viaggio di costruzione del mondo attraverso la fantasia. Vola con la mente, così come dice Bitzer stesso: ‘My mind is moving but my body lies still’ (La mia mente si muove ma il mio corpo resta fermo)
‘Ether’ (etere) deriva dal greco e originariamente significava ‘bruciare, raggiante, vibrante’, in senso figurato il vasto cielo senza nuvole, viva e raffinata sostanza primordiale, anima del mondo. I campi (‘Fields’) richiamano il paesaggio che si estende in lontananza fino all’orizzonte ed evocano la fusione dell’uomo con lo spazio che lo circonda.
Spazio reale e immaginario si muovono, si confondono, si attraversano l’un l’altro. Il soggetto si trova come sciolto al centro di un’identità liquida.

Matthias Bitzer esprime questo concetto nel dipinto installativo Leimakides (My mind is moving, but my body lies still). Il dipinto a sinistra rappresenta un personaggio femminile ritratto di profilo, che guarda fuori dalla finestra per osservare sola e indisturbata tutti i più piccoli dettagli del mondo esterno, così come faceva Emily Dickinson dal suo studio. La finestra con le sue suddivisioni è un’ apertura verso l'esterno, ma allo stesso tempo delimita lo spazio visivo dell'occhio.

Le opere successive rappresentano diversi livelli di definizione, da un collage caleidoscopico frammentato e delicato su un’effimera struttura di anelli di fumo, a macchie di colore brillante, fino allo sviluppo graduale dello spettro in scala di grigi.
La caratteristica delle opere di Matthias Bitzer è la risoluzione del figurativo in geometrie ornamentali, la sovrapposizione di immagini divergenti, e l’uso di un vocabolario di forme astratte che attraverso una prospettiva mutevole mettono sempre in risalto dettagli figurativi.

Il Whiteout, conosciuto come fenomeno meteorologico, fa scomparire i confini spaziali, i contorni di cielo e terra iniziano a vibrare. Questo fenomeno si verifica in presenza di un paesaggio innevato e con una particolare intensità della luce solare, principalmente nelle regioni polari e in montagna, e porta a spesso a soffrire di disorientamento e vertigini. Si ha la sensazione di essere in uno spazio grigio, vuoto, infinito, un effetto che l’artista ricrea nella seconda sala della galleria eliminando angoli e confini e negando in questo modo la chiarezza (acutezza) della forma architettonica.
Gli unici elementi per orientarsi sono tre neon color nero, su cui possiamo leggere il titolo della mostra.

La linearità del tempo sembra sospesa a favore di un ciclo (Inmost Iconoclasm), annega nella stanza (Time itself comes in drops). In questo modo la percezione di luoghi familiari cambia continuamente, dentro e fuori si alternano invertendosi ripetutamente.

‘[...] e lei lo ha percepito l'Orizzonte - non è così? - e il mare non è mai arrivato così vicino da farla danzare?’ (Emily Dickinson, Lettera n°69).

La galleria Francesca Minini parteciperà a Start Week, 19 - 28 Settembre 2013

Inaugurazione: Giovedì 19 Settembre, ore 19

Francesca Minini
via Massimiano, 25 I-20134 Milano
Orari di apertura: martedì - sabato, dalle 11 alle 19.30

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