45 stampe vintage del fotografo recentemente scomparso a partire da uno dei primissimi scatti, realizzato sulla spiaggia di Gela nel 1949, fino ai grandi reportage per la rivista Epoca negli anni Sessanta e Settanta.
Galleria Studio è lieta di presentare Omaggio a Mario De Biasi, una mostra di capolavori del grande maestro della fotografia italiana recentemente scomparso. .
La mostra presenta al pubblico quarantacinque stampe vintages di eccezionale valore, a partire da uno dei primissimi scatti, realizzato in Sicilia, sulla spiaggia di Gela, nel 1949, attraverso i suoi più celebri capolavori, come Gli Italiani si voltano, 1956, fino ai grandi reportages realizzati per la rivista ‘Epoca’ negli anni Sessanta e Settanta.
Tra i pochi fotografi italiani del ventesimo secolo conosciuti ed apprezzati anche all’estero, Mario De Biasi non è stato soltanto un grande fotografo e un artista infaticabile. È stato avanti tutto un uomo di eccezionale statura morale, le cui qualità di rigore, coraggio, tenacia, spirito di abnegazione riverberano nelle fotografie che ci ha lasciato. Dotato di un occhio acutissimo e di una tecnica sempre impeccabile, anche nelle condizioni ambientali più estreme, De Biasi è stato il modello irraggiungibile per migliaia di fotoreporters. Ma per tutti coloro i quali hanno avuto il privilegio di conoscerlo personalmente e di frequentarlo, il legato professionale è nulla in confronto al modello di etica e di umanità che quest’uomo straordinario, per una vita intera, ha incarnato.
Nato a Belluno nel 1923, presto trasferitosi a Milano, iniziò a fotografare nel 1945 con un apparecchio fotografico rinvenuto sotto le macerie di Norimberga, dove era stato deportato un anno prima. Nel 1948, la sua prima mostra personale al Circolo fotografico milanese segnò il suo debutto nel mondo dei fotoamatori. Ma solo cinque anni più tardi, nel 1953, per primo in Italia, trovò il coraggio di compiere il salto di qualità, entrando a far parte dello staff dei fotoreporter del settimanale “Epoca”. Dopo di lui, seguendo il suo esempio, una intera generazione di giovani fotoamatori italiani avrebbe sognato di fare del fotogiornalismo la propria professione. Per oltre trent’anni, De Biasi sarebbe stato il capo dei servizi fotografici di ‘Epoca’ e delle riviste illustrate del gruppo Mondadori. Centinaia i reportages realizzati, in ogni parte del mondo, centinaia le copertine e le mostre, inaugurate sia in Italia che all’estero. Un centinaio i libri fotografici da lui pubblicati.
Il suo capolavoro rimane Gli italiani si voltano, ormai internazionalmente acclamato come un simbolo della cultura italiana degli anni Cinquanta, dell’età del cosiddetto boom economico. Mostra una giovanissima Moira Orfei avanzare di spalle in piazza Duomo a Milano, circondata da una cortina di sguardi maschili, sedotti dalle sue forme procaci. Celeberrima sin dagli anni Cinquanta, questa fotografia venne esposta alla mostra The Italian Metamorphosis al Guggenheim Museum di New York, nel 1994, venendo scelta come simbolo della mostra. Così per alcune settimane le strade di New York vennero tappezzate da manifesti con questa fotografia.
A New York De Biasi ha dedicato due reportages eccezionalmente importanti, il primo nel 1956 il secondo nel 1965. Di entrambi vengono presentati in mostra pezzi di eccezionale importanza. «Ha fotografato rivoluzioni e uomini famosi, paesi sconosciuti. Ha fotografato vulcani in eruzione e distese bianche di neve al Polo a sessantacinque gradi sotto zero. La macchina fotografica fa parte ormai della sua anatomia, come il naso e gli occhi», ha scritto di lui Bruno Munari. Non c’è angolo del globo, invero, dove De Biasi non sia stato inviato a fotografare: tra le opere qui in mostra, si notano scatti realizzati in Siberia, a meno 65 gradi sotto lo zero, o in Alaska, così come in Africa, in Sudamerica, in Polinesia, in Nepal. Dei suoi epici viaggi la selezione della mostra offre una panoramica più che esaustiva.
Sotto la direzione di Enzo Biagi prima, poi di Nando Sampietro, realizzò per ‘Epoca’ i suoi più famosi réportages, da quello sull’eruzione dell’Etna, nel 1964, su padre Greggio, nel 1965, sui funerali di Jan Palach, a Praga, nel 1968, sugli astronauti dell’Apollo 11, nel 1969, sul Giappone, nel 1970, sulla fame in Etiopia e sulla guerra in Israele, nel 1973.
Di particolare rilievo, è il reportage eseguito a Chichicastenango, in Guatemala, per la festa di san Tomas, nel 1972. Volti di intensità straordinaria, che solo una religiosità popolare fortemente intrisa di elementi pagani poteva impersonare. All’interno della grande chiesa, l’unica luce disponibile era quella delle candele: soltanto il grande De Biasi poteva, da una situazione impossibile come quella, uscire con un numero così impressionante di capolavori.
Biagi gli inviò un telegramma che testualmente diceva: ‘Coraggio, per te niente è impossibile’. Diceva la verità. De Biasi ne aveva dato ampia prova già nel 1956, fotografando i tragici fatti di Budapest e la sanguinosa repressione sovietica. Fu questo reportage — che sarà presto l’oggetto di una specifica mostra — a rendere a De Biasi una notorietà internazionale. Per quanto sulla stessa scena fossero presenti fotografi di grandissima fama, come Sadovy, l’inviato di Life, o Lessing, inviato dell’agenzia Magnum, furono le fotografie di De Biasi a venir pubblicate dalle riviste di diciannove paesi stranieri. Fu a partire da quel memorabile viaggio che De Biasi ebbe il suo posto nel Pantheon del fotoreportage mondiale, accanto a Capa, a Cartier Bresson, a Eugene Smith.
Inaugurazione 28 settembre ore 18
Galleria Studio
via Bandiera, 11 (Palazzo Moncada di Paterno') - Palermo
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Ingresso libero