Villa Galvani
Pordenone
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...e tutti giu' per terra!
dal 30/10/2003 al 23/11/2003

Segnalato da

Comitato Confins




 
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30/10/2003

...e tutti giu' per terra!

Villa Galvani, Pordenone

Il giocare con l'arte come azione congiunta dell'artista e del lettore dell'opera d'arte, e' l'operazione che in qualche modo interessa anche la mostra ...e tutti giu' per terra! Il titolo stesso, che e' costituito da un verso di un celebre girotondo, contiene in se' gli elementi chiave delle finalita' e delle cause che hanno spinto sei artisti contemporanei a proporsi e proporre in forma di gioco le loro opere e il loro relazionarsi con il territorio e il pubblico.


comunicato stampa

arte, gioco, libertà, disinteresse

di Alessandra Santin

Hans Georg Gadamer, uno dei più lucidi e vivi pensatori del terzo millennio, affronta il problema della legittimazione dell'arte contemporanea, concentrandosi sugli aspetti del gioco, del simbolo e della festa, che caratterizzano l'esperienza estetica.
Oggi l'arte rivendica il proprio diritto alla capacità di comunicare verità e poesia, utilizzando linguaggi formali e non, che invitano, più di sempre, il lettore, ad un dialogo attento, tutto da scoprire, che si sviluppa in un territorio concettualmente instabile.
L'arte non si comprende più direttamente e semplicisticamente, come avveniva nel mondo greco o nella cultura rinascimentale classica, che guardavano all'opera artistica intendendola come rappresentazione e mimesi del divino e del naturale.
Quella tipologia di espressione artistica, significativa fino alla fine del XIX secolo, ha sancito la sua fine anche attraverso le parole di Hegel che, nelle Lezioni di Estetica tenute a Heidelberg prima, e poi a Berlino, delineava, quale motivo fondamentale delle sue speculazioni, la 'morte dell'arte'.
Egli diceva, letteralmente, che a morire era il carattere di passato che è proprio dell'arte che tende a riprodurre, che si comprende da sé in modo univoco e universale. Dopo queste affermazioni, infatti, l'Arte implicò il pluralismo delle interpretazioni, la ricerca di spiegazioni e il bisogno di una giustificazione.
Questo processo di pensiero legato alla morte dell'universalità dell'opera d'arte stessa, prelude alle teorie della relatività che caratterizzano il XX secolo.
La stessa necessità di stabilire quale punto di vista o quale contesto vada isolato dalla molteplicità e pluralità delle esperienze, per giungere ad una interpretazione, ad una fruizione dell'opera d'arte, conferma l'importanza dell'interagire, l'esigenza di indagare, di interrogare tutti quegli elementi presenti o assenti nell'opera stessa.
Questo gesto, questo intervento chiesto all'interlocutore, al lettore dell'arte, pone quest'ultimo in una dimensione concettuale ancora tutta da scoprire.
L'arte del Novecento ha prestato il fianco a questa operazione dando via via sempre più peso al fruitore.
La stessa perdita della prospettiva centrale, la distruzione cubista della forma, la completa eliminazione del rapporto con l'oggetto nella produzione figurativa, la negazione del legame veduta-quadro e la scomparsa della profondità, chiedono continuamente allo sguardo del lettore il superamento della mera recettività. Analisi e capacità di sintesi, senso logico e potere delle emozioni, conoscenze e disponibilità vengono poste in campo fino al raggiungimento degli estremi del comprensibile e del significativo.
I confini delle creazioni artistiche portano a superare i limiti consueti e conducono anche nei luoghi del nonsenso, dell'assurdo, dell'enigma, del silenzio.

Il quotidiano stesso, la memoria, la libertà entrano nelle creazioni contemporanee e le stesse nuove forme di comunicazione divengono categorie di riferimento, in una ermeneutica sempre più aperta al possibile, al diverso, all'inverosimile.
Il gioco inteso come esercizio libero da regole ed interessi entra prepotentemente in campo artistico e ne delinea passaggi e metodi, tempi e luoghi.
Ne sono consapevoli innumerevoli artisti dell'arte del Novecento, da Klee a Enrico Baj, da Depero a Duchamp, da Fernand Leger a Andy Warhol e moltissimi altri, che hanno elevato elementi del gioco o utilizzato le sue regole per esprimere la propria poetica ed interpellare all'arte i loro interlocutori.

Questo giocare con l'arte come azione congiunta dell'artista e del lettore dell'opera d'arte, è l'operazione che in qualche modo interessa anche la mostra ...e tutti giù per terra!
Il titolo stesso, che è costituito da un verso di un celebre girotondo, contiene in sé gli elementi chiave delle finalità e delle cause che hanno spinto sei artisti contemporanei a proporsi e proporre in forma di gioco le loro opere e il loro relazionarsi con il territorio e il pubblico.
Tutti vuole proprio indicare che la mostra è rivolta a tutti e a ciascuno, anche ai bambini, dunque, ma non solo, anche agli appassionati e intenditori, ma non solo, anche agli amanti del gioco e della libera scoperta ma non solo...
Giù indica una modalità di rapporto e di lavoro: l'avvio di un processo interpretativo che invita a calarsi in un terreno comune a ciascuno e all'umanità intera: la Terra che è luogo di crescita e di esperienza, che è dimora e radice, che è lido e confine.
Gli artisti provocano uno spostamento dall'alto verso l'immersione in uno spazio immaginario, che induce al superamento del razionale e noto, per porsi in relazione con quella dimensione che è di tutti ma della quale sembra abbiamo perso il nome e l'abitudine all'uso.

I desideri astratti e gli intenti programmatori di Mario Alimede, Bruno Barborini, Marco Casolo, Luciano De Gironcoli, Giancarlo Ermacora e Piergiorgio Saccomano possono comunque essere sottesi o anche ignorati; le dinamiche possono essere riconosciute o eliminate in ogni modo e secondo ogni libera applicazione o distruzione di regole; in ogni caso la mostra offre l'opportunità di accostarsi all'arte contemporanea in modo 'vincente', quello del gioco e dell'uso assoluto della libertà, come affermava Immanuel Kant che già a metà del '700 scriveva L'Arte ha in comune con il gioco la libertà e il disinteresse.

L'ininterrotta continuità della forza espositiva e comunicativa della mostra è comunque scandita in tre momenti che non sono necessariamente successivi (giusto il superamento della linearità e della consequenzialità degli eventi) ma sono rappresentativi di altrettante tappe di un percorso:
* S. Vito al Tagliamento - marzo 2003
* Gorizia - maggio 2003
* Pordenone - novembre 2003

Anche il presentarsi in successione e in serie fa parte in qualche modo delle caratteristiche del gioco, che abbisogna della ripetizione e dell'identico, dell'innovazione e della sperimentazione di nuove regole, (anche per distruggerle) e di scoperta e conoscenza di nuovi spazi.
Seguire i passi di questo viaggio sarà comunque un'esperienza estetica e umana di indubbio interesse, occasione di confronto, di autoconoscenza, di esperienza culturale significativa, mai superflua, sempre coinvolgente.

Villa Galvani
Viale Dante - Parco Galvani
Pordenone

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