I wear black on the outside because black is how I feel in the inside. La mostra, prendendo spunto dal ''nero/black'', si articola lungo un percorso di una leggerezza straordinaria dove la malinconia, preannunciata dal titolo, viene sfatata grazie all'ironia e all'umorismo. Nell'opera di Monk, accanto ad aneddoti quotidiani sono spesso giustapposti miti della storia dell'arte (da Duchamp a Sol Le Witt, da Gilbert & George a Dan Graham), generando una ricca confusione
I wear black on the outside because black is how I feel in the inside
La galleria è lieta di ospitare la seconda personale di Jonathan Monk.
La mostra, prendendo spunto dal ''nero/black'', si articola lungo un percorso di una leggerezza straordinaria dove la malinconia, preannunciata dal titolo, viene sfatata grazie all'ironia e all'umorismo.
Nell'opera di Jonathan Monk, accanto ad aneddoti quotidiani sono spesso giustapposti miti della storia dell'arte (da Duchamp a Sol Le Witt, da Gilbert & George a Dan Graham), generando una confusione ricca di humour.
Proprio i riferimenti autobiografici e i sottintesi contribuiscono a fornire una venatura calda e sentimentale e affievoliscono il rigore dell'arte concettuale alla quale Monk spesso si ispira.
Nell'opera dal titolo Black Pyramid (for Alighiero e Boetti), quarantanove foto vengono disposte fino a comporre una piramide. Le immagini di un gatto nero, ricavate da sette diapositive, vengono ripetute in sette diversi formati, dal più piccolo al più grande. Ritroviamo in quest'opera un tema caro a Jonathan Monk e che peraltro trova un riscontro nell'opera di Alighiero e Boetti, ovvero la nozione di ''altro'' come critica al concetto di identità . La differenza instaura la ripetizione: le immagini, così come le cose che accadono, non sono mai identiche.
In quest'ottica si può leggere anche Today is just a copy of yesterday (half moon), una proiezione di trentacinque diapositive. Nell'intento dell'artista, le trentacinque diapositive andrebbero proiettate singolarmente, ciascun giorno (la diapositiva numero uno il primo giorno, la numero due il secondo?). Ogni diapositiva è la copia di quella precedente finché, per ragioni tecniche dovute al lavoro della duplicazione, l'immagine della trentacinquesima diapositiva sarà completamente diversa. In questo caso, il tempo, altro tema essenziale nel lavoro di Monk, contribuisce ad istituire una differenza.
Il tema del tempo è evidente in una serie di ''appuntamenti'' ai quali Monk lavora dal 1997. Tenendo conto del contesto in cui viene presentato, l'appuntamento annuncia un futuro incontro con chi acquisterà l'opera. ''Mole Antonelliana, 24 Aprile 2014, a mezzogiorno'' è quello pensato per Torino.
Per concludere, il ''nero'' è squarciato dalla luce di un testo-neon, allusione al tempo e alla morte: ''Spegni la luce quando me ne sarò andato''.
Tra le recenti personali: ''Neither a borrower, nor a lender be'', Arnolfini, Bristol, Lisson Gallery, London, ''Small Fires Burning (after Ed Ruscha after Bruce Nauman after), Grazer Kunstverein, Graz, ''Present Tense'', Art Gallery of Ontario, Toronto, Galeri Nicolai Wallner, Copenaghen.
Su Jonathan Monk è stata recentemente pubblicata una monografia da Galerie Yvon Lambert, Paris e Lisson Gallery, London.
GALLERIA SONIA ROSSO via Giulia di Barolo, 11/h I -10124 Torino
La galleria è aperta dal martedì al sabato, dalle 15.00 alle 19.00.