Carla Accardi, Corrado Levi e Gilberto Zorio propongono un'opera realizzata nell'ultimo decennio, il cui dialogo conferma una storia fatta di amicizia, arte e complicita'. A cura di Yari Miele e Federico Sardella.
a cura di Yari Miele e Federico Sardella
MARS presenta la mostra UN DUE TRE… STELLA! con opere di Carla Accardi, Corrado Levi e Gilberto Zorio, ideata e curata da Yari Miele e Federico Sardella per la riapertura autunnale dello spazio.
MARS, spazio non commerciale attivo dal 2008 gestito da artisti, vanta un calendario di eventi performativi e di esposizioni su modello delle più diffuse realtà autogestite europee. Sin dalla sua apertura ha dato voce ad artisti giovani ed esordienti.
Eccezionalmente questa mostra presenta tre fra i più importanti e conosciuti artisti italiani, il cui percorso e le cui attitudini li hanno naturalmente portati a confrontarsi e a sostenere il lavoro e l’impegno di artisti di generazioni successive.
Il titolo pensato per l’esposizione rimanda ad una mostra realizzata nel 2002 alla Fabbrica Eos a Milano, a cura di Corrado Levi (con testi di Luca Beatrice e Federico Sardella), il quale invitò ad esporre tre giovani artisti pressoché esordienti: Giuseppe de Petro, Yari Miele e Simone Panzeri.
L’immagine che è stata individuata per la comunicazione e che in parte ha determinato la scelta di proporre insieme i lavori di questi tre artisti è l’opera di Corrado Levi “Amori notturni” del 2002, qui sono citati Carla Accardi con la sua “Tenda” (fondamentale opera del 1965-66 esposta per la prima volta nella Galleria Notizie di Luciano Pistoi a Torino, città che, in qualche modo, lega i tre protagonisti della rassegna), Gilberto Zorio con le sue tipiche “Stelle” e lo stesso Levi che, citando a sua volta Picasso, inevitabilmente si autoritrae e dichiara apertamente il suo bisogno degli altri. Quello “degli altri” è un bisogno dell’arte tutta, che, seppur a volte compiuta nel silenzio e in solitudine, lontano da qualsivoglia clamore, necessita dello sguardo altrui – il nostro sguardo – perché l’opera si compia e viva. L’artista stesso ha bisogno “degli altri”, domanda attenzioni e costruisce dei ponti, lancia una freccia verso l’ignoto certo di centrare un qualche obiettivo, oltre il sistema dell’arte, oltre il mercato, al di la delle convenzioni.
Ognuno dei tre artisti propone un’opera realizzata nell’ultimo decennio, il cui dialogo conferma una storia fatta di amicizia, arte e complicità… arricchendo i nostri sogni che evolvono così in realtà.
In Carla Accardi il segno è protagonista indiscusso del suo intero percorso linguistico, la cui genesi è collocabile sul finire degli anni Quaranta (firmataria del manifesto del gruppo Forma nel 1947, da allora il suo lavoro è rappresentato dalle più importanti gallerie ed esposto in spazi pubblici in tutto il mondo). Ricchi e sensuali, i suoi segni camminano sul filo dell’astrazione e si dispiegano liberi sulle sue tele come sulle superfici in sicofoil, con un’energia mai scontata che dà vita ad un groviglio sparpagliato e consapevole, pieno di fascino e mai ripetitivo. Nel suo procedere un intreccio di forme sempre in dialogo la portano inevitabilmente a lavorare sul senso del vuoto, dell’intersezione, della sedimentazione, del colore e della trasparenza.
Scelto con la collaborazione dello Studio Accardi e di RAM radio arte mobile (Roma), in mostra sarà esposto un lavoro realizzato con pittura vinilica su tela: “Viola rosso”, del 2011, dove le forme si sfiorano, si completano e si reggono a vicenda; proseguono idealmente oltre il perimetro del quadro che si proietta e si estende così oltre il proprio orlo, apparendoci come un frammento di qualche cosa di più ampio: un tassello di infinito…
Corrado Levi, è già complice di MARS, dove, nel 2011, essendosi sempre interessato delle esperienze dei giovani prima che questi diventassero celebri, si è naturalmente prestato ad un dialogo aperto con gli artisti. Descritto da Giancarlo Politi come “trasmigratore instancabile, sorridente, volatile. Poeta, scrittore, artista, architetto. Affabulatore, organizzatore, accumulatore, peccatore”, con le medesime metodologie, sintonizzando le sue “antenne” sul mondo, frequenta differenti linguaggi, sfuggendo a qualunque definizione solita e restituendo a pieno – sono parole sue – “l’inquietudine dei nostri tempi”.
In mostra saranno presenti due opere. “Sogni”, del 2005: una tavola di legno di cedro, con il suo profumo e la sua morbidezza, sulla quale un campionario di viti, ganci, chiodi ed attaccaglie va a formare una costellazione. Le diagonali (una certezza!) misurano e sentono lo spazio; gli elementi distribuiti sulla superficie, semplici e conosciuti, sono quelli del fare e del costruire… Non diversamente, anche in “Randagio”, del 2008, la superficie del lavoro può essere descritta come inquieta. L’opera, una fusione in bronzo da collocare a terra, non trova infatti mai quiete (una sorta di autoritratto, insomma…), avendo su ognuna delle sue facce una sporgenza che non le consente di adagiarsi stabilmente, restando perennemente in bilico, precaria eppure salda nella sua posizione mai definitiva.
“Zorio è un amico, un artista molto valido e originale”, scrive Carla Accardi, precisando che, “in rapporto a me, anni fa una giovanissima storica dell’arte scrisse una tesi di laurea sul mio lavoro partendo da questo assunto (riferibile ad un commento di Zorio): la Accardi ha avuto una certa importanza su Torino negli anni Sessanta, prima dell’Arte Povera…”. Ed è proprio Torino la città dove Zorio compie i suoi primi passi, dove Levi nasce e si forma e dove Accardi espone in più occasioni, influenzando e facendo innamorare numerosi artisti.
Gilberto Zorio, protagonista indiscusso di quel movimento definito da Germano Celant nel 1967 come Arte Povera, considerato tra più importanti scultori italiani contemporanei è acclamato internazionalmente. Con le sue canoe, gli alambicchi, i giavellotti, le stelle e le “macchine” per purificare le parole, Zorio – improvviso e dirompente, magico – mette in scena la nostalgia dell’infinito ed il bisogno di assoluto che ci anima.
L’opera scelta per questa mostra, realizzata su carta con pigmenti fosforescenti e metalli e individuata grazie alla collaborazione della Galleria Lia Rumma, è una delle sue tipiche stelle, elemento dai molteplici significati che, come l’artista spiega “è tutto quello che vogliamo… è la stella della politica e della religione, è il segno che ci guida nell’esplorazione e nel sogno. Ha una potenza inaudita perché ha migliaia anni di storia e stranamente contiene lo schema della forma dell’uomo…”.
Un pieghevole realizzato da MARS, con immagini delle opere e testi di Yari Miele e Federico Sardella accompagnerà l’evento.
Immagine: Gilberto Zorio, Stella, 2006, cm 110x120
Opening: mercoledì 16 ottobre ore 19
MARS
via G. Guinizelli 6, Milano (MM Pasteur)
La mostra sarà visitabile la sera dell’inaugurazione mercoledì 16 ottobre, dalle ore 19 alle ore 22 e nei giorni successivi su appuntamento.