"Tradizione e metamorfosi vivono insieme nell'arte di Jean Pierre Duriez, perche' questa e' anche ironica, gioiosa e mostra la creativita' del nomade che sa leggere il proprio tempo".
Jean Pierre Duriez dopo l’incontro con Picasso
viene incoraggiato a seguire la sua passione, le Belle Arti di Parigi lo introducono ai linguaggi espressivi
desiderati, ma non tarda ad esplorare altri linguaggi, come la scenografia e la fotografia, l’editing, fino
a scoprire una possibile altra vocazione.
Ma il ritorno alla pittura rimane la sua scelta di vita ed insegue attraverso i personaggi dipinti la sua
voglia di rappresentare e rappresentarsi nel presente. Scopre a poco a poco che i suo personaggi,
famosi o generici sono possibili abitanti di città di confine, città descritte dalla magnifica penna di Italo
Calvino. Città che sanno ospitare identità contrapposte obbligandole alla metamorfosi necessaria.
Così i suoi Girgio De Chirico ritraggono il pittore che ha saputo rappresentare città metafisiche
annunciano in anticipo la metamorfosi della città industriale destinate a tenere aperte le strade del
futuro e quelle della nostalgia.
Anche i cuochi di Duriez si ribellano al loro status, mostrando tutta la fatica dello stare in cucina, il loro
cucinare è anche trasportare la città dove stanno fuori del confine culturale che spesso la cucina e le
tradizioni finiscono per disegnare.
Edgarda Ferri, nel suo libro Il Cuoco ed i suoi Re, ed SKIRA 2013, ci parla di Care^me che abbandonato
durante la rivoluzione francese da suo padre sulla strada segue da giovanissimo la sua passione. Impara
il linguaggio degli ingredienti, fino a diventare il cuoco prestato a Napoleone.
Ma con la restaurazione, quello non è il posto giusto, e va alla ricerca di nuove città di confine (città
protagoniste della metamorfosi europea) si trasferisce a Londra per Giorgio IV e poi a San Pietroburgo
alla corte dello Zar che desidera una Russia europea.
Ma la suo ricerca continua nella sua patria e oltre (diventa lo chef preferito dei Rothshild) riorganizza le
portate e porta le pietanze fuori dalla confusione medioevale. Inventa il cappello a forma di fungo che
nei quadri di Jean Pierre copre o esalta l’umore dei cuochi, personaggi del presente che verrà. I cuochi
di jpd sono anche maghi della metamorfosi delle pietanze, e queste interpretano le pieghe (Deleuze)
dei territori per evitare la deterritorializzazione delle identità sottostanti.
Duriez non ha paura di essere scambiato per un artista pop, ed a differenza di Andy Worhol non ha un
collezionista come Peter Brant che lo incoraggia a tornare alla pittura, è lui stesso che alimenta la sua
passione inseguendo luoghi e persone per nuove ispirazioni. Nell’incontro con il Musicista Francesco
Grigolo, Milanese Doc, scopre che Verdi è senza nostalgia e lo dipinge evidenziando questo attributo.
Ma allora Verdi è Milano, Parigi, Londra, New York, San Pietroburgo, Napoli, Firenze, Venezia, e quando
veniva chiamato dai teatri di queste città sapeva leggere la loro voglia di cambiamento? Si, la musica
diventava partitura complessa che accompagna i drammi e le gioie dei personaggi e dei poteri.
Allora il pittore jpd non dipinge stati d’animo, ma la complessità del pensiero latente di artisti giganti,
lasciandosi, anche, la libertà di dipingere personaggi dell’altra città?
Tradizione e metamorfosi vivono insieme nell’arte di jpd, perché questa è anche ironica, gioiosa e
mostra la creatività del nomade che sa leggere il proprio tempo e sa vivere di città di confine dipingendo
personaggi come paesaggi di una nuova ecologia, quella dell’anima.
E Jpd, come il cuoco dei Re sa comporre nuove armonie espressive colorando piatti dal sapore
inusitato, anch’egli sa mescolare i colori del saper vivere della società liquida.
Inaugurazione 24 ottobre
Museo Fondazione Crocetti
via Cassia, 492 - Roma
lunedi', giovedi' e venerdi' 11-13 e 15-19 sabato e domenica 11-18 martedi' e mercoledi' chiuso