Pandemonio.Nella figura di Pan quale protagonista di questa mostra, l'artista racconta l'incontro tra l'umano e l'altro da se'.
Alfredo Raimondi rappresenta una personalità di spicco tra gli estimatori di tatuaggi.
Classe '74, è noto con lo pseudonimo di Mojo, è irpino di Manocalzati ed è, sinceramente, un artista.
Il suo studio, nato e cresciuto nel centro storico del paesino dell'avellinese, è ricercato, raffinato e cupo. Incarna appieno lo spirito del padrone di casa. Varcarne la soglia introduce in un mondo oscuro e parallelo ma in armonia perfetta con l'ambiente in cui è ed è stato fortemente voluto.
Il desiderio di conservare e valorizzare la propria cultura, primo bagaglio personale, e la continua ricerca artistica, hanno condotto Mojo lontanissimo, ad inseguire nuovi interessi ed esperienze e, allo stesso tempo, lo hanno allacciato stretto, sempre più, alle radici delle sue radici. I toni bruni della sua terra ne hanno plasmano la visione “altra” delle cose. Nella sua produzione si riscontra un' imperante ricerca dell'ombra, di una metà decadente, malinconica e inquieta che appare a taluni quasi sinistra, ma mai macabra.
In occasione di questa sua mostra personale si attraversa una soglia nella produzione di Mojo. Intorno al tema del Pan, che è pure un poco Daemonium, pare di raccogliere finalmente dei rari frutti. Frutti autunnali, ora maturi, degli anni spesi ad indagare l'umana anatomia e l'anatomia dell'animo umano. Coloro che gli sono accanto testimonierebbero di averlo visto percorrere la carta ore ed ore con la sua irrefrenabile mina e con la stessa dimestichezza la tela con il pennello, la pelle con l'ago. L'atteggiamento di Alfredo intento a creare è talmente naturale e lieve che contrasta quasi con la sua presenza fisica. Per lui, come mi è accaduto a volte di poter osservare, fare dell'arte equivale a respirare, quasi meccanicamente spontaneo, quasi riflesso non comandato. Ed è arricchito umanamente anche dal piacere del condividere con gli altri ciò che da solo ha appreso negli anni.
Nella figura di Pan traspare il sunto della sua visione odierna del mondo e della propria umanità. Pan è la creatura mitologica definita nello specifico divina ma non Olimpica, dunque terrena. Mezzo uomo mezzo caprone, il suo posto elettivo è la campagna, la sua forza è natura creatrice. Gli sono sacre le cime dei monti. E' unito alla foresta e più ancora alla parte selvatica di essa, all'abisso e a ciò che è nascosto in profondità. Dalla sua affezione per ciò che era oscuro venne la sua connotazione negativa che lo associava nelle sembianze a figurazioni demonìache, specie nell'iconografia Medioevale cristiana, che ne ha taciuto a lungo il carattere allegro e ingegnoso.
Quasi a ricordare che spesso, quasi sempre, ciò che appare, ciò che si manifesta, non è necessariamente ciò che è, si narrava di come Pan potesse provocare il “panico” in coloro che si imbattevano in lui e lo disturbavano. Addirittura a volte emetteva delle grida terrificanti che finivano per atterrire se stesso, così lo si vedeva fuggire spaventato nei boschi.
Oggi nella figura di Pan quale protagonista di questa mostra, Alfredo Raimondi desidera presentare l'incontro, avvenuto, tra l'umano e l'altro da sé. Il lato oscuro è manifesto, l'uomo e il fauno sono combinati come a lasciarci intendere che avviene attraverso questa figura mitologica ciò che accade per noi tutti: è l'evoluzione, la crescita, la consapevolezza, la completezza. Pan è “Tutto”, tutto ciò che tecnicamente, emotivavente e con consapevolezza Mojo desidera mostrarci, ad oggi, del suo percorso di arte e vita.. I suoi Pan sono ritratti di volti viventi, vibranti di questa vita che li attraversa e lascia i suoi segni nelle loro rughe. Nelle loro smorfie non c'è la volontà di atterrire ma di lasciarsi guardare, mostrare come e in cosa mutiamo col tempo. E' questa una mostra il cui tema sottinteso potrebbe essere la sovrumana natura umana.
Come un epitaffio c'è una scritta che campeggia entrando nello studio di Manocalzati e che recita: “Visus Dubius Veritatis”. Nelle intenzioni di Mr. Mojo essa doveva riferirsi alla sua peculiare “visione oscura della realtà”, oggi la intenderei anche in un altro senso che calza a pennello in questo contesto. Mi pare cioè che in ciò che si può vedere, dunque nell'apparenza, oscilla il dubbio della verità. Come a dire che ogni verità dettata dall'apparenza è da mettere in discussione, il dubbio della verità è da risolvere dietro ciò che si vede, si è visto. Aldilà dei giochi grammaticali è fuori da ogni dubbio che in questo caso, oltre il dubbio di cio' che può sembrare tetro, mostruoso e può far paura, troneggia l'anima bella di Alfredo Raimondi, vestita di nero, nutrita da pura passione per ciò che fa, e, con amore, da sempre, coltiva.
Inaugurazione 17 novembre ore 19
Studio 21
via delle Botteghelle, 30 - Salerno
mar-sab 15.30 - 20.30