A lu tiempo de... Il suo lavoro e' un'esplorazione profonda di tutti i linguaggi della pittura e della natura delle immagini, realizzata usando la fotografia, la scultura e l'installazione. Questa retrospettiva riunisce oltre 50 opere realizzate nell'arco degli ultimi 20 anni.
a cura di Alessandro Rabottini
Il MADRE presenta da 08 febbraio al 12 maggio 2014 la prima e più
ampia mostra personale mai dedicata da un’istituzione pubblica, non solo
italiana, al lavoro dell’artista irlandese Pádraig Timoney (Derry, 1968)
che vive e lavora a New York.
Questa retrospettiva di metà carriera – che comprende oltre cinquanta opere
realizzate nell’arco degli ultimi venti anni – rappresenta anche un ritorno
simbolico per l’artista a Napoli, città che Timoney ha eletto a suo luogo di
residenza e produzione dal 2004 al 2011, prima di trasferirsi a New York.
A Napoli l’artista rende omaggio sin dal titolo stesso della mostra, che cita
l’incipit di ‘O Cunto ‘E Masaniello, una canzone pubblicata nel 1974
dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Il lavoro di Pádraig Timoney è un’esplorazione profonda e personale di
tutti i linguaggi della pittura e della natura delle immagini, realizzata
attraverso l’uso di mezzi espressivi differenti: accanto al medium principale
della pittura, infatti, l’artista fa uso di fotografia, scultura e installazione,
creando un universo visivo improntato a un radicale eclettismo. Davanti
a una serie di opere di Timoney si può avere l’impressione di trovarsi
all’interno di una mostra collettiva, tanto diversi sono gli stili, le tecniche
e le atmosfere che definiscono i suoi lavori: l’astrazione convive con il
più fedele foto-realismo, la gestualità si accompagna a un’estetica quasi
meditativa, mentre una erudita relazione con la storia dell’arte si fonde
con la comprensione degli aspetti più contemporanei, finanche banali,
della nostra cultura globalizzata e digitale.
L’apparente incongruenza delle forme e dei linguaggi che contraddistingue
il lavoro di Pádraig Timoney corrisponde, in realtà, a una strategia artistica
rigorosa e assolutamente consapevole, al centro della quale troviamo
tanto una critica della nozione di “stile” quanto il desiderio di esplorare
l’arte in tutte le sue potenzialità estetiche e concettuali. Il concetto di stile
come fattore unitario e identificabile è un pilastro su cui si fonda la storia
dell’arte, un assunto che Timoney mette in discussione giustapponendo
tra loro codici e stati d’animo apparentemente opposti e inconciliabili,
rendendo così giustizia alla molteplicità delle forme con cui la realtà si
presenta ai nostri occhi, al modo di percepirla e comprenderla, e alla
complessità dei modi con cui ci relazioniamo alle immagini, ai loro
significati e alle loro storie.
L’apparente eclettismo di Pádraig Timoney affonda le radici in un’ampia
serie di esperienze artistiche più o meno recenti, rivelando in questo modo
una pratica colta, ma all’interno della quale lo spettatore è lasciato libero
di cercare il proprio orizzonte di significati. L’ambiguità che Timoney
persegue tra immagine, supporto e linguaggio, tra l’informazione visiva e la
sua realtà materiale, evoca la pittura di tradizione surrealista, dai paradossi
visivi e linguistici di René Magritte alla qualità enigmatica dei materiali e
delle forme di Max Ernst. Timoney fonde tra loro l’illusionismo di Étant
donnés, l’ultima opera di Marcel Duchamp – e il ricorrere di porte e finestre
nell’opera dell’artista francese – e l’interpretazione che il Rinascimento
ha dato della pittura come finestra e affaccio sulla realtà, come è evidente
in alcune opere in mostra come Sade’s Versus Lacoste (2007), Untitled -
meepmeep popup (2011) e Untitled - Starry Mantle and the Door (2007).
La natura profondamente fotografica di gran parte del lavoro di Timoney
e il suo incessante sperimentalismo dei materiali e dei supporti, inoltre,
rendono evidente la riflessione che l’artista ha maturato sull’opera di nomi
come Robert Rauschenberg, Andy Warhol, Gerhard Richter e Sigmar Polke,
solo per citarne alcuni. La ricchezza di questa riflessione è esplicita non
soltanto in opere che rivelano un’immediata matrice fotografica – come
Capass (2010) e Detroit (2003) – ma anche, e soprattutto, nei molti lavori
basati su un’indagine dei meccanismi della visione e della trasmissione
delle immagini, a partire da quelli basati sul dispositivo della rifrazione –
come Diffraction Grate - Falling Grills (2008) – e sul rispecchiamento di una
silhouette, come in Stari Most (2007). La tradizione europea della pittura
Informale e quella americana della pittura Minimalista, infine, trovano
un’eco nella profonda meditazione che Timoney rivela nei confronti dei
processi e dei materiali, interpretati nella loro organicità, temporalità e
mutevolezza. Ne sono un esempio numerose opere nelle quali la colla di
coniglio – un materiale tradizionalmente usato in passato nella fase di
preparazione delle tele – è mescolato ai pigmenti e diventa esso stesso
pittura, trasformando così un processo che fa parte del DNA della pittura
in immagine.
La mostra sarà accompagnata dalla più ampia monografia mai realizzata
sul lavoro dell’artista, pubblicata da Electa e a cura di Alessandro
Rabottini, contenente oltre 140 riproduzioni a colori e saggi critici di
Gavin Delahunty, Head of Exhibitions and Displays alla Tate Liverpool,
di Dominic Molon, Curatore per l’Arte Contemporanea al Rhode Island
School of Design Museum, Providence, e del curatore della mostra.
Il lavoro di Pádraig Timoney è stato esposto presso prestigiose istituzioni
nazionali e internazionali come il MART – Museo d’Arte Moderna
e Contemporanea di Trento e Rovereto, la Tate Gallery di Liverpool,
l’Henry Moore Institute di Leeds, il Frances Young Tang Teaching Museum
and Art Gallery di New York, Castel Sant’Elmo a Napoli, la Scottish
National Gallery of Modern Art di Edimburgo, la Biennale di Liverpool e la
Transmission Gallery di Glasgow.
Immagine: Meepmeep Popup, 2011. Courtesy l’artista, Andrew Kreps Gallery, New York e Galleria Raucci/Santamaria, Napoli.
Ufficio Stampa:
Monica Brognoli, Anna Salvioli ufficiostampa.electa@mondadori.it
Angelo Cirasa angelocirasa@gmail.com
Conferenza stampa venerdì 7 febbraio ore 12
Inaugurazione ore 19
Alle ore 19 e 20 performance di Vettor Pisani dal titolo Il coniglio non ama Bauys, 1975-2013
museo Madre Museo d'Arte Donna Regina
Via Settembrini 79, 80139 Napoli
Lunedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì, Sabato 10.00 ⋅ 19.30 — Domenica 10.00 ⋅ 20.00
La biglietteria chiude un'ora prima, Martedì chiuso
Ingresso:
Intero 7E Ridotto 3.50E, Lunedì ingresso gratuito