Air Zaire. Favelli ha ripensato gli spazi della galleria sia attraverso installazioni e opere a parete, che con sculture luminose. All'interno della mostra si e' creato un dialogo con due importanti opere di Paolo Chiasera. A cura di Antonio Grulli.
a cura di Antonio Grulli
Che vuoto qui / nel mio luogo. / Consumata ogni ansia. / Nulla resta di me / se non la fonte / ch'esso non ha indicato.
Karl Kraus
Zaire è stato il nome dell’attuale Repubblica Democratica del Congo per poco più di una ventina d'anni nel secolo
scorso. Quel nome ha perso oggi ogni tipo di funzione pratica, è inutile, ma nonostante questo lo troviamo nel titolo
di una mostra d’arte, oltretutto declinato nella versione sorpassata della compagnia aerea del paese. Questo è lo
spunto iniziale che ci ha
voluto dare Flavio Favelli per il progetto in dialogo con Paolo Chiasera presentato da
Francesca Minini. L’artista ripenserà completamente gli spazi della galleria, intervenendo sia attraverso installazioni e
opere a parete, sia attraverso la creazione di
sculture che saranno al tempo stesso le fonti luminose della mostra.
Come spesso
accade nel lavoro di Flavio Favelli, le opere
e i titoli
si riferiscono a suggestioni tratte dal suo passato
personale, capaci talvolta di coincidere con i ricordi di molti.
Ma non vorrei parlare di questo aspetto del suo lavoro,
visto che è già stato sviscerato in molti testi e in molte situazioni.
Due sono i punti di partenza da cui abbiamo iniziato a lavorare su
Air Zaire, per poi allontanarcene in maniera libera,
pur essendo ancora presente in filigrana la doppia sorgente del progetto.
Il
primo
è la relazione tra le opere di Flavio Favelli e la parola scritta. In un passato dialogo con l’artista
facevo notare
come i suoi lavori avessero un “atteggiamento” quasi aneddotico,
come se fossero delle brevi storie di vita
quotidiana addensate in un oggetto. Il modo in cui però le parole entrano nel suo lavoro mi sembra non sia mai
stato indagato a fondo, e forse è uno degli aspetti che il pubblico nota meno,
nonostante la sua importanza. Ci
sono tante parole nelle opere di Flavio Favelli, appaiono continuamente, soprattutto
negli ultimi anni. La parola,
all’interno dei suoi lavori (poster, neon, decori su mobilio...),
è solitamente singola o in accostamenti sempre limitati,
talvolta
anagrammata. Il risultato finale è molto simile alle esperienze della poesia visiva o della poesia concreta.
Isolando la parola o ritagliandola in accostamenti inediti viene come incorniciata aumentandone il potenziale di
detonatore psicologico.
L’altra
modalità di utilizzo delle parole è attraverso la creazione di testi più o meno lunghi di
riflessione critica e intellettuale sull’arte e il suo sistema, così come testi che entrano in relazione con le opere o le
mostre diventandone parte integrante quando
non fondamentale Il
secondo
punto di partenza è invece stato u
na mostra che ho scoperto circa
un annetto fa, aggi
randomi per
librerie di usato,
di
cui ho trovato il bellissimo catalogo:
La metafisica del quotidiano, organizzata nel 1978 dall’allora
direttore della GAM di Bologna Franco Solmi. Come già suggerisce il titolo,
si trattava di un progetto su artisti che
avevano lavorato all'incontro di due concetti talvolta visti come contrapposti:
l’elemento quotidiano (fatto di oggetti e
avvenimenti legati allo scorrere dalla storia individuale o collettiva)
e una dimensione metafisica, sospesa, talvolta
spirituale quando non religiosa. Il riferimento a una figura cardine come Morandi era inevitabile, ma la mostra si
sviluppava attraverso opere di artisti dai
percorsi più differenti: dal gruppo di Fluxus fino a pittori intellettuali come
Leonardo Cremonini, passando per sezioni curate da
Alessandro Mendini o focus sulla produzione
di manifesti
pubblicitari e di propaganda politica.
Non a caso
La metafisica del
quotidiano
è
un’ottima chiave di lettura anche del lavoro di un artista come Paolo
Chiasera. All’interno di
Air Zaire
infatti si è creato un dialogo con due importanti opere dell’artista (anche lui
bolognese) che collabora con la galleria già da molti anni. La coppia di lavori rientra nella serie di Exhibition Painting
(mostre che si realizzano solo all’interno della rappresentazione pittorica) a cui Chiasera ha lavorato negli ultimi anni.
Ma la vicinanza di determinate tematiche o atmosfere non è l’unico motivo per la presenza di queste due opere
all'interno del progetto, perché si tratta di due veri e propri strumenti curatoriali capaci di
innescare ulteriori riflessioni
e ritmare lo stesso andamento della mostra. Il grande dipinto
Our lifestyle is not up
for Negotiation
ritrae una mostra
che ho curato assieme allo stesso Chiasera, ambientata su di una scogliera del mediterraneo, all’interno della quale,
oltre ad
opere
di altri artisti, sono
già
“presenti”
due sculture di Flavio Favelli, pensate dall’arti
sta appositamente per
il quadro. Il secondo lavoro,
Choreography of Species: Rosa Tannenzapfen, ritrae invece un progetto curato da
Elena Tzotzi (dello spazio Signal di Malmo) e dalla critica Marianne Zamecznik che, partendo dal lavoro
dell’archeologa e linguista lituana Marija Gimbutas, hanno invitato l’artista a dipingere (in tredici piccole tele
dall’aspetto profondamente morandiano) una speciale patata che si sovrappone
formalmente e a livello simbolico
alla
figura mitologica della “Grande Madre”,
adorata
sin da epoca preistorica in tutta Europa e non solo.
Per preparare e per prepararmi a questa mostra sto leggendo molto Karl Kraus. Anche lui è un perfetto anello di
congiunzione
tra
questi due artisti. Ma di questo avremo modo di parlarne più avanti...
Antonio Grulli
Martedì 29 Aprile ore 19
Incontro con Emanuele Trevi, Vincenzo Latronico e Antonio Grulli
Inaugurazione giovedì 20 Marzo ore 19
Francesca Minini
via Massimiano 25, 20134 Milano
Martedì – Sabato 11- 19.30