A occhi chiusi. I suoi disegni sono ridotti a pura linea, una linea che da sola riesce a descrivere mondi e raggiungere un equilibrio con l'essenza delle cose.
“Complicare è facile, semplificare è difficile.
Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole:
colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose.
Tutti sono capaci di complicare. Pochi sanno semplificare”(Bruno Munari).
Intelligenza, naturalezza, semplicità.
L’arte di Sara Barbarino è questo, e non solo questo. E’ capacità di interrogare il nostro sguardo
e di attivare in noi una seconda vista, che dalle forme visibili dell’essere rinvia all’invisibile, a ciò
che non è esplicito, enunciato o tracciato.
I suoi disegni ridotti a pura linea, una linea che da sola riesce a descrivere mondi, raggiungono
un equilibrio straordinario con l’essenza delle cose e la chiarezza del linguaggio. Piccole figure,
presenze umane sbozzate a china o a penna, si affacciano su smisurati spazi: spazi non vuoti né
casuali, spazi che ricompongono fratture, che liberano energie, spazi nudi, mentali, spirituali.
Che spalancano interrogativi e intanto colmano distanze.
Al centro, o alla periferia, trovano alloggio e bilanciamento silhouette svelte, sottili, ridotte a
un filo, senz’ombra né peso. Creature solitarie, simbiotiche, raccolte, slanciate, aeree, arboree,
ognuna capace di attivare una rete di rinvii immaginativi e affettivi che creano un’immediata
empatia con l’osservatore.
Così, la figura che strappa fili d’erba per poi lasciarli andare, quella che si lascia attraversare da
un’estraneità che la divide, la coppia proiettata in uno slancio equidistante verso il cielo, sono
insieme soggetti individuali e archetipi universali, memorie personali ed esperienze condivise.
Il segno, minimale e minimo, che dà loro forma si semplifica talmente da rasentare l’astrazione
senza mai perdere però la verità della vita.
Protagonista dell’intero ciclo di lavori, ma in sostanza di tutta l’opera di Sara Barbarino, è il
corpo, che nella sua estrema essenzialità grafica è finitezza, fragilità, desiderio, ma è anche
metamorfosi, progetto, tramite col mondo e con ciò che lo trascende.
La natura stessa del disegno, così pulito e spoglio, è una forma di meditazione e di scoperta,
un ritorno all’essenza delle cose. Ed è lì, nel tratto svelto e preciso della punta sul foglio, nel
dominio profondo della linea che Sara trova ed esprime una poesia personalissima e ispirata,
fresca e intensa, dalla cifra inconfondibile. Il suo linguaggio va al di là dell’illustrazione, perché
sonda territori di confine tra la visione del quotidiano e la visionarietà dell’intuizione, liberando
appieno le energie e le potenzialità del segno grafico: il potere evocativo e comunicativo di
certe sue carte non è lontano da quello che hanno le favole e i miti, con in più il nitore della
sintesi che richiama piuttosto l’incisività degli haiku.
“Disegnare per me è un mezzo per ascoltare”, spiega l’artista che della realtà di ogni giorno
capta e annota piccoli gesti e posture, respiri, battiti, slanci, silenzi, fughe, attese, ritiri, urgenze,
aneliti, paure... tutto un universo di mini accadimenti che acquistano però sulla carta la forza
dell’illuminazione e del simbolo.
In una realtà veloce e sempre più affollata di immagini, dove forse la paura del vuoto porta a
riempire ogni angolo dei nostri spazi visivi (e mentali), l’arte grafica di Sara Barbarino restituisce
valore a uno sguardo interiore, “a occhi chiusi”, capace - per sottrazione invece che per addenda
- di raccontare, di emozionare, di stupire e di rivelare.
Stefania Burnelli
Inaugurazione 22 marzo ore 18
viamoronisedici / spazioarte
via moroni 16a Bergamo
orari dapertura: giovedì, venerdì e sabato: ore 16.00 -19.00
Ingresso libero