Le opere video dell'artista sono icone ibridate da una sempre maggiore invasione dell'informazione sonora e visuale, divenendo –all'interno del mercato dell'informazione- un esempio paradossale di arricchimento tecnologico del mezzo di produzione a scapito di un arricchimento dei valori.
Gianluca Monnier si è presentato con la prima personale nel 1998 a Chiasso con ''Pixel'', un’installazione su manifesti pubblicitari.
Sono da segnalare, tra le altre, le tre collettive del 2003:
''Y’a pas photo'' alla Dot Galerie di Ginevra, la partecipazione alla LISTE 03 di Basilea con il Centro d’Arte Contemporanea Ticino ''special guest at Liste 03'' e a ''Che c’è di nuovo?'' La scena artistica emergente nella Svizzera italiana al Museo cantonale di Lugano.
Il gallerista Mario Casanova del CAC Ticino di Bellinzona ci illustra qui di seguito il lavoro di Monnier che compone la prima esposizione del 2004 negli spazi di Officinaarte.
L’opera di Monnier è prevalentemente rivolta al video, senza però che questo mezzo identifichi l’autore quale videasta o videoartista. Ed è proprio questa sua peculiarità –senza il bisogno di ricorrere a particolari metafore- a renderlo un artista multimediale vero. Non certo perché si avvale –accostandoli- di videocamera, azioni con affissioni di manifesti in contesti urbani e/o installazioni –di diversi mezzi, insomma- ma soprattutto perché l’uso del mezzo di produzione audiovisivo che egli predilige e utilizza particolarmente bene, si riconduce a ben altra interpretazione e fruizione/utilizzo dei mezzi della comunicazione contemporanea generalizzata.
Molti sono oggi gli schermi che proiettano messaggi visivi cinetici e filmici, così come molteplici sono le modalità di utilizzo e di resa dei contenuti; dal cinema alla televisione e allo schermo del computer, che ci apre le porte di una comunicazione telematica, laddove il tempo viene azzerato per dare vita ad una pià pura, libera e immediata, quanto spersonalizzata, comunicazione.
Le opere video di Monnier sono quindi icone ibridate da una sempre maggiore invasione dell’informazione sonora e visuale, divenendo –all’interno del mercato dell’informazione- un esempio paradossale di arricchimento tecnologico del mezzo di produzione a scapito di un arricchimento dei valori.
La narrazione filmica, il videoclip, il documentario e l’influsso della comunicazione telematica sono gli stili che Monnier usa per definire il proprio linguaggio, senza però staccarsi mai da una tradizione pittorica per quanto riguarda la figura e i suoi simboli. Essi diventano messaggi personalizzati nell’elaborazione tecnica e nella sua bravura a sospendere in qualche modo il tempo, stigmatizzando in tal senso l’universo di Internet e la sua infinita rete di scambio e contemplando –quasi fosse una via d’uscita- l’universo mistico.
Negli spazi di Officina arte l’artista presenta tre opere video, di cui una, Warrior (2000) già mostrata l’estate scorsa in una collettiva dal titolo Che c’è di nuovo? svoltasi al Museo cantonale d’arte di Lugano e a Basilea in occasione di LISTE 03.
Anche qui la pièce è presentata in monitor e mostra l’artista –sovente anche protagonista dei suoi video- che brandisce ormai la parabola satellitare come un’arma, un’alabarda, strumento qui usato per difendersi da ciò che la parabola permette; cioè la comunicazione. Il video non sviluppa una narrazione ma è quasi un clip monovisivo; e silente, ad indicare così il grido muto e l’impotenza dell’uomo di fronte alla dittatura della comunicazione mediatica.
Attorno a questa miniatura che dà inizio alla mostra, cresce tutto il percorso espositivo con la presentazione di altre due opere; Link (2000) -in proiezione su muro- e un’installazione inedita titolata The News Bell (2003).
Anche in questi due casi, pur dando corpo ad una maggiore narrazione attraverso un bel montaggio,
Gianluca Monnier ribadisce il suo statuto di crociato contro l’universo mediatico, facendo uso di tagli e montaggi particolari e schizofrenici, ripetendo più volte una scena o una sequenza e adattando il sonoro di conseguenza e con gli stessi criteri.
Con Link -proiezione su muro- l’artista presenta un filmato girato a Berlino, dando risalto al montaggio di riprese proprie. “PRAY, BETA, META, LIFE, PLAY†sono parole chiave che compaiono all’inizio del video: unico dialogo del filmato, codici di un vano tentativo di trasformare icone in simboli. L’effetto metafisico che l’autore riesce a trasmettere in maniera convincente, in un’opera per così dire “giovanileâ€, si ottiene grazie ad una minuziosa costruzione dei tagli. Per la prima volta in un suo lavoro, Monnier raggiunge un equilibrio tra immagine e sonoro, tra copione e libera espressione.
The News Bell è un’opera nuova, un’installazione sonora. Essa è l’accostamento e assemblaggio di parabole satellitari a disegnare la forma di una campana appesa al soffitto. Le parabole, anziché verso l’esterno, sono rivolte all’interno, evidenziando così l’impossibilità di captare le informazioni e dando un senso di incertezza e d’instabilità , d’implosione psicologica. La campana richiama; ma è pure –nella tradizione- uno strumento di richiamo religioso e/o del mondo della purezza dell’anima.
La campana di Monnier, tuttavia, è muta, perché impotenti sono gli strumenti, le parabole che permettono la propagazione e il richiamo. Il batacchio sospeso nella campana è un monitor penzolante nel quale l’artista proietta un suo lavoro video, che altro non è, in gran parte, che il recupero e il montaggio di frammenti di filmati tratti dal mondo televisivo. Il sonoro è semplicemente una metafora elettronica –quindi falsificata- del suono reale di una campana
Nelle insofferenti visioni di Gianluca Monnier –accostati ad una asciutta coerenza stilistica- troviamo tutti quegli elementi d’equilibrio quali la passioni e il pensiero, ???
Mario Casanova
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vernice sabato 17 gennaio ore 16.00
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