Con gli occhi del gatto. Un gruppo di lavori recenti mostrano la pluralita' di linguaggi caratteristica di Levini. Le sue opere oscillano tra astratto e figurativo, i suoi allestimenti sono attraversamenti di pieno e vuoto.
L’intervento di Felice Levini per lo Spazio Borgogno di Milano, città da cui era assente da alcuni anni, evoca
già nel titolo,
Con gli occhi del gatto
, tutta la poesia e la concretezza di quest’artista che da sempre lavora
come un funambolo sul filo tra paradosso e realtà. Le sue opere sono spesso un continuo oscillare tra
l’astratto e il figurativo, i suoi allestimenti un attraversamento tra pieno e vuoto; non rinunciano alla figura
umana, molto spesso evocata attraverso un autoritratto, mentre le ripetizioni dell’immagini si risolvono in
pattern caleidoscopici.
Nel grande spazio milanese l’artista raccoglie un gruppo di lavori recenti in cui è possibile apprezzare tutta
la pluralità di linguaggi da sempre utilizzata, frutto di una visione dell’arte come forma nuova della realtà
che si presenta sempre nella sua inedita complessità. Ma anche un allestimento che invita a una riflessione
etica, oltre che estetica, perché oggi tutti noi abbiamo sempre più bisogno di sapersi orientare con maggior
responsabilità nel buio dei nostri giorni allargando il nostro angolo percettivo. Quest’ultime, sono proprio
caratteristiche più evidenti di quegli occhi di gatto a cui Levini fa riferimento nel titolo.
Non si tratta, dunque, di una semplice mostra monografica ma, nel modo più tipico di procedere di
quest’artista, della costruzione architettonica di una possibile visione dell’arte in cui perdersi per tornare
a essere protagonisti.
Un grande orecchio, (
La pulce nell’orecchio
, 2013) che fuoriesce dalla bidimensionalità bianca della parete,
per evocare il luogo dell’ascolto e del silenzio: un paradosso linguistico inteso come sospetto che ciò che
appare non è.
La grande porta, (
Astratti furori
, 2014) che non è solo entrata o uscita da un luogo ma uno spazio
metafisico, o una scansione del tempo, e che vuole essere la visione di un luogo indefinito fra la terra ed
il cielo. È la porta che attraversano gli Eroi, l’Ade dove risiedono gli affanni del mondo che noi mortali non
possiamo varcare senza prima avere l’ardire di metterci in gioco.
Se come recita un vecchio proverbio, nella notte tutti i gatti sono grigi, Levini ci suggerisce che, però, non
vedono allo stesso modo.
Marco Bazzini
Felice Levini nasce a Roma nel 1956, dove tuttora vive e lavora. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti, apre nel 1978 uno spa
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zio in Via S. Agata dei Goti che gestisce con altri artisti e che diventa luogo d’incontro per mostre e serate dedicate alla poesia.
Nel 1980 entra a far parte del gruppo dei “Nuovi-Nuovi” che debutta con la mostra a cura di Renato Barilli alla Galleria Civica
d’Arte Moderna di Bologna.
Nel 1991 espone al XXXIV Festival dei Due Mondi di Spoleto, nel 1993 è presente alla XLV Biennale di Venezia, nel 1996 alla XII
Quadriennale di Roma. Numerose sono negli anni le sue mostre personali in importanti gallerie e spazi di ricerca, tra queste
ricordiamo le recenti personali alla gallerie romane La Nuova Pesa, Fondazione Volume! e De Crescenzo e Viesti.
Il mese scorso si è conclusa la sua mostra personale Nord-Est Sud- Ovest presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma,
a cura di Achille Bonito Oliva.
Inaugurazione giovedì 17 aprile 2014 ore 18
Spazioborgogno
Ripa di Porta Ticinese 113, Milano
Orari di apertura: dal martedì al sabato 15 - 19
Ingresso libero