Il sito pre-protostorico di Campo Pianelli: 150 anni di ricerche. L'esposizione consente di ammirare sul luogo del ritrovamento i reperti abitualmente custoditi nei Musei Civici di Reggio Emilia.
a cura di Iames Tirabassi
Isolata e inconfondibile, icona totemica e sorprendente monumento naturale, la Pietra di Bismantova è sempre stata un luogo magico, strategico e sicuro dove vivere e morire. Le ricerche archeologiche effettuate a più riprese dalla metà dell’Ottocento confermano una sua frequentazione già nella seconda metà del III millennio a.C., al tempo della “Cultura del vaso campaniforme”. Forse quegli uomini sfruttavano i pascoli o forse pregavano all’ombra della Pietra; resta il fatto che da allora, e fino al I secolo a.C., l’occupazione della sua sommità e dell’altopiano che le funge da base non si è mai interrotta.
Lo testimonia la mostra “Antichissima Bismantova: il sito pre-protostorico di Campo Pianelli. 150 anni di ricerche” allestita nel Palazzo Ducale di Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia) fino al 2 novembre 2014.
L’esposizione consente di ammirare sul luogo del ritrovamento i reperti abitualmente custoditi nei Musei Civici di Reggio Emilia, rinvenuti nel corso degli anni a Campo Pianelli, la necropoli alle pendici della Pietra utilizzata fin dall’età del Rame e poi più intensamente nell’età del Bronzo. Un modo per tenere vivo l’interesse per le indagini riprese nel 2011, continuando l’esplorazione di questo importante monumento naturale che conserva numerose tracce antropiche distribuite su un arco di oltre 10mila anni.
Campo Pianelli era certamente un sito strategico, posto ai piedi della Pietra, in un luogo ricco di sorgenti che invece mancavano sul pianoro sommitale, che era però un vicino e sicuro rifugio in caso di emergenza.
Il più antico, modesto insediamento risale alla fine dell’età del Rame (circa 2500 a. C.), alla cosiddetta “Cultura del bicchiere campaniforme”. Diversi secoli dopo, nella media età del Bronzo, si insedia un villaggio di capanne ben più esteso che perdura per almeno 3 secoli (dal XV al XIII sec. a.C.) su buona parte del pianoro e che probabilmente è abitato da un centinaio di persone, le stesse che costruivano le Terramare in pianura.
Quando agli inizi del XII sec a.C. questa civiltà va in crisi anche l’abitato di Campo Pianelli cessa di esistere. Circa un secolo dopo, nell’età del bronzo finale, dall’XI al X sec. a.C., viene impiantata l’ormai famosa necropoli, il cimitero a cremazione di un villaggio non ancora localizzato con certezza ma forse ubicato proprio sulla Pietra.
Dopo mezzo millennio di abbandono, alla fine del VI sec. a.C., i resti di un nuovo abitato con reperti di tipo etrusco e ligure testimoniano la presenza sul sito di entrambe le genti, in un probabile intreccio tra le due culture.
Verso il IV sec. a.C. anche questo abitato si interrompe e su Campo Pianelli troviamo solo occasionali tracce di frequentazioni romane o medievali.
I primi scavi a Bismantova risalgono al 1865 ad opera di don Gaetano Chierici, direttore del museo di Reggio Emilia. Da allora Campo Pianelli ha restituito decine di sepolture, principalmente in ossuari costituiti da grandi vasi biconici con relativi corredi. Una serie di pezzi ceramici di grande importanza, corredati da manufatti in osso o bronzo e da altre suppellettili di elevato valore archeologico che sono la base della sezione pre-protostorica dei Musei di Reggio. Questa imponente collezione torna per la prima volta in Appennino per raccontare una storia che, dall’età del Rame passando per gli Etruschi, i Liguri e i Bizantini, arriva alla recente nascita del Parco Nazionale.
Passerà un secolo dalle ricerche di don Gaetano Chierici prima che si ricominci a indagare Campo Pianelli. Prima verrà alla luce un nucleo di sepolture pari per numero e importanza a quelle dissotterrate dal Chierici, poi nel 1982 gli scavi diretti dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna rileveranno finalmente la ricca stratigrafia dell’abitato che conserva reperti distribuiti su un arco di tempo che va dalla tarda età del Rame e il IV sec. a.C, in totale circa 3000 anni di storia non scritta. Negli anni seguenti sopralluoghi e ricerche di superficie recupereranno altri manufatti che l’erosione della Pietra, con parsimonia, riporta man mano in luce per arrivare al 2008-2009 quando si intercettano tre sepolture a cremazione di etnia ligure databili fra III e II sec. a.C.
La mostra vuole essere anche un omaggio a quell’imponente fenomeno geologico che è la Pietra, una montagna sacra che con l’altra di Monte Valestra ha determinato la storia dell’Appennino emiliano. Fin dal paleolitico superiore ha attirato l’interesse dell’uomo le cui tracce, sedimentate nel tempo, formano un contesto di emergenze archeologiche che, saltuariamente e in modo avaro, riemergono dall’oblio del tempo aumentando l’aura di mistero trasudante da questo incredibile monumento naturale. Noi siamo forse fra i suoi fruitori quelli più sprovveduti e meno in equilibrio con la natura; ma anche i più determinati a violarne i segreti.
La mostra, curata da Iames Tirabassi, è promossa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna (Daniela Locatelli), dai Musei Civici di Reggio Emilia, dal Comune di Castelnovo ne’ Monti e dall’Ente Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, con la collaborazione del Club Alpino Italiano e il patrocinio della Provincia di Reggio Emilia.
Inaugurazione: sabato 19 aprile, ore 17
Palazzo Ducale
Via Roma, 12/b - Castelnovo ne' Monti (RE)
Orari: tutti i giorni, ore 16 – 19. 15 agosto, Ferragosto: chiuso.
Ingresso gratuito