Di Salvatore Falci. Silent Communication è stata concepita da Salvatore Falci sul finire del 1998, durante il suo stage in Australia come borsista presso lo I.A.S.K.A. (International Arts Space Kellerberrin Australia). La videoinstallazione presentata in questa mostra riproduce nuovamente questo setting, evidenziando le comunicazioni non verbali che intercorrono tra le coppie di volta in volta riprese.
Di Salvatore Falci.
Silent Communication è stata concepita da Salvatore Falci sul finire del 1998,
durante il suo stage in Australia come borsista presso lo I.A.S.K.A. (
International Arts Space Kellerberrin Australia).
Come apprendiamo dalle pagine del suo diario di lavoro - che, descrivendo
dettagliatamente la gestazione dell’opera, rappresenta una lettura in qualche
modo imprescindibile per la sua comprensione - gli abitanti della piccola
cittadina di Kellerberrin, teatro dell’azione, si distribuiscono in due
comunità , quella di origine anglo-sassone e quella aborigena, che condividono lo
stesso ambiente urbano separandosi rigorosamente nelle pratiche e nei rituali
sociali. Silent Communication nasce direttamente da questa osservazione
partecipante dell’artista (..ero l’unico bianco e sentivo addosso tutta la
responsabilità di questa dimensione, ero seduto da solo ad un tavolo con una
birra e nessuno sembrava curarsi di me nonostante continuassi a guardarli
cercando il loro sguardo..allora ho abbandonato lo sguardo e ho aspettato e dopo
un po’ due persone si sono avvicinate chiedendomi una sigaretta e offrendomi una
birra.), traducendo in opera il suo desiderio di infrangere la barriera che
separa le due comunità , aprendo dei canali di comunicazione.
Per aggirare i problemi linguistici connessi alla comunicazione verbale ('il
loro linguaggio ha con l’inglese solo una lontana somiglianza') ha allestito un
setting imperniato su quella non verbale: a coppie di individui appartenenti ad
entrambe le comunità è stato richiesto di sedere l’uno di fronte all’altro e di
guardarsi ininterrottamente negli occhi per un periodo di tre minuti.
La videoinstallazione presentata in questa mostra riproduce nuovamente questo
setting, evidenziando le comunicazioni non verbali che intercorrono tra le
coppie di volta in volta riprese.
La continuità di Silent Communication, rispetto alle precedenti opere di Falci (
Pavimenti, Tavoli, Erbe, ecc.), è nell’attenzione porta all’espressionismo
involontario insito nella nostra gestualità quotidiana. Nella sua ricerca
subentrano nondimeno due importanti innovazioni. La prima è che le tracce di
questo espressionismo involontario non provengono più da soggetti del tutto
inconsapevoli - chi incideva camminando pavimenti predisposti da Falci ignorava
completamente ciò che faceva .. ma da persone pienamente coscienti di essere
riprese dalle telecamere. Il girato mostra tuttavia la quasi inesistenza di
comportamenti indotti, sia per la forte intensità emotiva dell’esperienza in cui
le persone venivano coinvolte ( provate a guardare qualcuno fisso negli occhi
per tre minuti: il tempo sembra non passare mai.), sia per la difficoltÃ
oggettiva di tenere sotto controllo la mimica facciale ( il tic nervoso non è
altro che l’esasperazione di automatismi involontari da cui quasi nessuno è
esente ), il secondo elemento innovativo è invece rappresentato dal substrato di
relazioni umane e dalla dinamica sociale intrecciate ed innescate dall’artista
stesso, che sottintendono l’opera, entrando a farne parte. In Silent
Communication, nondimeno, quest’approccio relazionale non svapora in quel’
"assenza d’opera", in cui peraltro Foucault individuava le radici stesse della
malattia mentale, ma si condensa in una corporeità ( la videoinstallazione ) che
moltiplica rimandi e perni di lettura. In questa mostra, accanto a Silent
Communication vengono esposti dei tavoli frutto della collaborazione
dell’artista con Zanotta. I piani d’appoggio di questi tavoli sono costituiti da
alcune opere di Falci appartenenti alla serie delle Polveri, lastre di cristallo
in cui le lacune che si notano nell’ambito di un uniforme strato di polvere
delineano il perimetro degli oggetti una volta appoggiativi sopra.
Queste lastre, esposte una prima volta dall’artista attaccate al muro come
"quadri", tornano oggi alla loro funzione originaria di tavoli, "incastonate"
all’interno di una struttura di supporto. Si compie in questo modo un’altra fase
del ciclo di trasformazione dall’oggetto d’uso all’oggetto d’arte e di nuovo
alla messa in uso di questo che caratterizza fin dalle origini il programma
modernista: da un orinatoio come opera d’arte ad un Rembrandt come asse da
stiro.
Studio Casoli, corso Monforte 23, Milano