Caterina Mariucci
Danielle Villicana D'Annibale
Eliana Sevilliano
Ota Kohei
Lucrezia Lombardo
Tramite il lavoro di 4 artiste, la mostra percorre, l'evoluzione del concetto di sacro, idea che appare lontana ma e' invece molto presente in mezzo a noi.
a cura di Lucrezia Lombardo
Nell’antica Grecia, il termine “sacro” rimandava a due concetti: quello di timore e rispetto
(hagnòs) e quello di trascendenza in quanto grandezza incontenibile del divino (hagios).
In questa seconda accezione, il divino si caratterizza per la propria separatezza dall’uni-
verso dell’ordinarietà, in ragione della sua eccezionalità, tale da non poter essere com-
presa interamente dall’uomo. In ogni caso, il concetto di “sacro” fa riferimento a quello
di “divino” (dal latino deus). Il sacro, dunque, è l’universo simbolico-materiale legato a
dio. E, come sostenevano i greci, il divino non può essere spiegato, né compreso, ma
l’unica via per accedervi è che esso si renda conoscibile, altrimenti si appiattirebbe sul
livello dell’umano. In questo senso, il sacro diventa, per l’uomo, qualcosa che può essere
approssimato, ma non per questo inteso in maniera definitiva, o razionale. Il linguaggio
e la ragione appaiono limitati per accedere al divino che, spesso, si rende visibile con le
tracce che di sé lascia nell’arte. Le rappresentazioni diventano, così, il tramite visibile di
un “sacro” che si mostra, ma sempre col ricorso ad una mediazione, ad una incarnazio-
ne che lo renda manifesto ai nostri sensi limitati. Se il divino sfugge alle leggi di questo
mondo, pur essendo in esso presente, l’uomo è colui che ricerca il nutrimento del divino
come estremo bisogno di ancoramento a qualcosa che superi i confini della temporalità
e del mero incessante divenire. Spinti da questo bisogno, da questa fame di divino, gli
uomini hanno messo in forme, grazie al medium dell’arte, la loro ricerca del “senso più
profondo della vita”.
Un senso che, poi, si rivela essere qualcosa di sorprendente: la
consapevolezza che il divino agognato è già qui in mezzo a noi e dimora nel “miracolo”
stesso della vita. Divina diventa così la capacità di imparare ad amare questa vita.
La mostra percorre, tramite il lavoro di quattro artisti, l’evoluzione del concetto di “sacro”.
E se divina è la vita, la sacralità dimora anzitutto nel femminile che partorisce l’esistenza
stessa. Per questo, la mostra si apre con la Pala raffigurante la Madonna delle Vertighe,
che in sé incarna la sacralità del femminile come archetipo della creazione e dell’amo-
re materno e prosegue attraverso un percorso che mette in luce il sacro espresso dai
cromatismi dorati di Sevilliano. L’artista, infatti, utilizza il colore dorato delle icone per
esprimere l’aura sacrale dell’esistenza e, impiegando le stoffe, ci narra un femminile che
ha a che fare con la tela, con il tessere, simbolo del legame e della cura. L’esposizione
continua con le opere informali di Mariucci, che esprimono una ricerca del sacro col ri-
corso alla matericità, in quanto substrato comune dell’intero universo. Villicana, invece,
ci propone una rilettura dell’iconografia classica della Madonna. La sua, infatti, è una
scelta di reverenza verso il sacro che, in sé, incute rispetto e timore, in quanto universo
che, se da un lato ci ha generato, dall’altro “ci schiaccia” per la sua grandezza. Infine,
la mostra espone le opere di Kohei, un artista proveniente dall’oriente, nella cui poeti-
ca si legge una spiritualità legata, principalmente, all’immanenza. Il femminile diventa,
per questo artista, l’origine sacra dell’universo che tiene in sé le fila di tutto l’esistente.
Il sacro si trasforma, così, in qualcosa che ci sovrasta, ci genera e ci tocca al tempo
stesso. Sacro è ciò che dona la vita e, insieme, se la riprende riportando ciascuno di noi
alla dissoluzione nel tutto.
La mostra vuole descrivere - senza la pretesa di fornire delle
spiegazioni - i significati assunti dal concetto di “sacro” ricorrendo al medium della rap-
presentazione artistica. Il sacro, qualcosa che ci appare tanto lontano, si rivela invece
esser presente già in mezzo a noi, incarnato nel mistero stesso dell’esistere, davanti a cui
non resta altro che la meraviglia.
Inaugurazione 10 luglio alle 18
Museo Comunale del Cassero
piazza Gamurrini, Monte San savino, Toscana.
Ingresso libero.