Gianfranco Baruchello
Joseph Beuys
Cao Fei
Harun Farocki
Matteo Fato
Liam Gillick
Armin Linke
Bruno Munari
Teofilo Patini
Paride Petrei
Santiago Sierra
Simone Ciglia
Figure del lavoro nell'arte contemporanea. L'argomento al centro di questa mostra e' articolato a partire dal pensiero di Hannah Arendt. Partecipano alcune tra le voci principali della scena artistica internazionale e nazionale.
La mostra
si propone di affrontare una delle questioni più urgenti della contemporaneità, che tocca in maniera
drammatica soprattutto il nostro paese: quella del
lavoro
. Di questo tema, che ha avuto a lungo ci
ttadinanza
nella storia dell’arte, sarà offerta una visione che emerge dalla produzione artistica più recente, con un
panorama ad ampio ventaglio che abbraccia l’intero arco delle arti visive, dalla pittura alla scultura,
dalla
fotografia al video,
dall’in
stallazione
al design
. Benché si tratti di uno dei problemi più presenti all’interno del
dibattito pubblico e tra le priorità dell’agenda politica, l’argomento del lavoro è rimasto piuttosto ai margini del
campo
espositivo, almeno recentemente
in Italia. Q
uesta mostra si propone di riportarlo al centro
dell’attenzione. Allo scopo saranno convocate alcune tra le voci principali della scena internazionale e
nazionale, senza dimenticare una speciale attenzione nei confronti del territorio.
Quella del lavoro è
una tematica complessa che può essere avvicinata a partire da molteplici prospettive. La
mostra opta per un’angolatura filosofica, proponendosi d’indagare l’essenza del tema in esame. A guidare
questa interrogazione è soprattutto il pensiero di Hannah Are
ndt. La questione del lavoro è affrontata dalla
filosofa tedesca in particolare in
The Human Condition
(1958), dov’è collocata nella più ampia sfera della
vita
a
ctiva
. L’autrice distingue due accezioni del lavoro: quella legata allo sviluppo biologico dell
’essere umano
–
icasticamente riassunta nell’espressione
animal laborans
–
e quella
propria
dell’
homo faber
,
creatore
del
mondo artificiale
dei manufatti
. A più di cinquant’anni di distanza queste riflessioni non hanno perso di
attualità, e si dimostrano u
no strumento ancora utile per leggere il nostro presente. Senza assumerle in maniera
dicotomica, le
categorie arendtiane sono impiegate in questa occasione come cornice teorica nella quale
s’inquadra la mostra, e fanno da guida ideale per le opere presenta
te.
Una prima dichiarazione d’intenti è ravvisabile nella sede espositiva prescelta: un negozio dismesso al centro
della città di Pescara. La decisione è caduta su questo luogo in prima istanza per il suo legame con il mondo
del lavoro, e poi per il suo va
lore simbolico: un’epitome della crisi economica che da anni attanaglia il nostro
paese, e produce i suoi riflessi cupi nel campo dell’occupazione.
Lungi da qualsiasi intento di completezza, la mostra vuole presentare al pubblico la varietà di approcci
att
raverso i quali l’arte contemporanea ha guardato al tema del lavoro. I cambiamenti che tanto la prima
quanto il secondo hanno subito nel corso del XX secolo hanno prodotto un panorama assai variegato. Per un
verso sembra proseguire quella linea di stampo r
ealista che ha segnato l’ingresso della questione del lavoro
nella modernità, alla metà del XIX secolo. A richiamare idealmente questa origine, la mostra ha il suo
incipit
con un’opera di Teofilo Patini, campione di questa tendenza. La sua presenza serve a
nche a stabilire una
connessione diretta con il territorio nel quale l’esposizione ha luogo. Questo indirizzo realista continua
ininterrotto anche nel corso del secondo Novecento, quando la pittura e soprattutto la fotografia rivolgono la
loro attenzione a
lla rappresentazione dell’attività lavorativa, della figura del lavoratore e del luogo di lavoro, in
particolare relativamente al mondo industriale. Un tale orientamento guida ad esempio l’opera fotografica di
Armin Linke, che dalla sua incessante pratica
di viaggiatore ha costruito un vero e proprio archivio dell’essere
umano, che tra i vari aspetti include anche il lavoro.
Un’altra modalità, forse prevalente, attraverso cui si dipana la relazione tra lavoro e arte contemporanea
interessa il piano
della
strumentalità. In questo caso il lavoro diventa un complesso di strutture e di rapporti da
impiegare nell’opera d’arte. Nella seconda metà del XX secolo numerosi autori hanno optato per la
partecipazione diretta all’interno dei processi produttivi, assecon
dando quel processo di allargamento delle
frontiere dell’arte che arriva a includere virtualmente qualsiasi oggetto o ambito dell’esperienza umana.
Artisti
come Joseph Beuys e Gianfranco Baruchello hanno ad esempio condotto nel dominio dell’estetica pratic
he fino
ad allora rimaste escluse come l’agricoltura o la produzione aziendale. Anche una figura poliedrica come
quella di Bruno Munari testimonia di un impegno che dall’arte passa senza soluzione di continuità al design,
alla grafica, all’editoria.
Posiz
ioni come queste appaiono storicamente determinanti per gli sviluppi delle pratiche artistiche nel corso
dell’ultimo ventennio. Il fiorire di nuovi linguaggi come l’Estetica relazionale, teorizzata da Nicolas Bourriaud,
ha prodotto una nuova attenzione n
ei
confronti del lavoro: n
umerosi autori sono intervenuti in varie forme
all’interno dei contesti lavorativi più diversi. Una delle riflessioni più acute sul tema in esame si deve a Liam
Gillick, la cui opera si muove nel campo della produzione artistica cos
ì come della riflessione teorica. L’autore
è tornato più volte sull’argomento, riferendolo in particolare alla professione dell’artista nel contesto
dell’economia neoliberista.
Una ricognizione
in materia di lavoro non può prescindere dal contributo di Sa
ntiago Sierra, l’artista che negli
ultimi anni forse più di tutti si è interrogato sul problema. Nella visione spietata dell’autore spagnolo «il lavoro
è la vendita del tempo, dell’intelligenza e della forza del lavoratore a favore della parte contrattante
in cambio
di una remunerazione». Con la sua opera egli cerca quindi di mettere a nudo i meccanismi di sfruttamento
nell’economia capitalistica: «Le persone sono gli oggetti dello Stato del Capitale, e per questo sono pagate.
Questo è ciò che voglio mostra
re».
Il video ha rappresentato uno dei media preferiti da parte degli autori contemporanei per affrontare la questione
del lavoro. Adottando la logica dell’archivio, il filmaker Harun Farocki indaga la rappresentazione di questo
soggetto in campo cinemato
grafico.
Nell’ambito di un programma promosso dalla Siemens, l’a
rtista cinese Cao
Fei
ha sviluppato un
progetto
nella fabbrica di lampadine Osram
(
nel distretto ind
ustriale del Pearl Delta River
)
,
coinvolgendo
gli operai in un esercizio d’immaginazione di
possibilità alternative.
La mostra dedica la propria attenzione anche al territorio nel quale si svolge: due fra le voci più significative
provenienti dall’Abruzzo
–
Matteo Fato e Paride Petrei
–
sono state scelte per svolgere un periodo di residenza
pres
so un’azienda; a conclusione di questa esperienza a contatto diretto con il mondo del lavoro, gli artisti
hanno realizzato un’opera che sarà presentata in mostra.
Quale accompagnamento all’esposizione è previsto un
calendario di attività collaterali
che
interessa
no i campi
più diversi:
filosofia, letteratura, musica, teatro, cinema
. L’intento è quello di coinvolgere un pubblico più
ampio, cui offrire una visione quanto più vasta e sfaccettata del tema in esame.
Artisti: Gianfranco Baruchello, Joseph Beu
ys, Cao Fei, Harun Farocki, Matteo Fato, Liam Gillick, Armin Linke,
Bruno Munari, Teofilo Patini, Paride Petrei, Santiago Sierra.
Immagine: Santiago Sierra, Interramento di dieci lavoratori, Calambrone, Livorno, Febbraio 2010, una di 6 fotografie in b/n, 100 x 177 cm ciascuna, particolare. Courtesy Prometeogallery di Ida Pisani, Milano-Lucca - Santiago Sierra by SIAE 2014
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Preview per la stampa e opening su invito – 11 luglio, ore 18.30
Palazzetto Albanese,
via Nicola Fabrizi 186, Pescara.
Orario: Aperto da martedì a domenica | 17.00 - 22.00.
Ingresso libero.