Il tempo qui non vale niente. Un percorso nella regione che la mostra intende ricostruire attraverso l'archivio fotografico dei due studiosi, con immagini la cui valenza estetica si fonde con la potenza narrativa.
a cura di Mariano Cipollini
La seduzione che il tempo esercita sui nostri pensieri è una continua e immutata costante che ci accompagna fin dal nostro esistere e moltissime sono le chiavi di lettura generate dal suo procedere e dalla sua percezione. La relatività di questi aspetti è spesso legata a fattori totalmente slegati dal suo scorrere e non sempre assoggettata alla sedimentazione del suo svolgersi. Nel nostro caso il motore di tale processo è attivato in maniera volontaria e determinata dagli scatti fotografici che Paul Scheuermeier e Gerhard Rohlfs hanno effettuato negli Abruzzi, e territori confinanti, dal 1923 al 1930.
Un viaggio nella regione che la mostra intende in primo luogo ricostruire attraverso l’archivio fotografico dei due studiosi con una scelta d’immagini la cui forte valenza estetica si fonde con una potenza narrativa e descrittiva dai risvolti altamente emotivi. Un vero e proprio pellegrinaggio nel come eravamo. Viaggio da intraprendere non solo visivamente per un approfondimento legato al territorio e alle sue tradizioni, ma anche intimamente nel ben più intricato cammino interiore che ciascuno di noi, attraverso questi scatti, può riavviare. Inquadrature colte e raffinate che, nell’evocare il ricordo dell’itinerario strettamente inerente all’indagine antropologica, ci stimolano a ripercorrere i sentieri necessari per riaccostarci alle nostre radici, riascoltarne le voci e rinverdirne i colori. Ci inducono a ricongiungerci con un passato non tanto lontano e spesso avvolto volutamente nell’oblio del non ricordo. Immagini, veri e propri dogmi. Archetipi dell’emotività iconografica Abruzzese. Trascritti in questi splendidi scatti, con estrema onestà intellettuale e arricchiti, nello stesso tempo, da uno sguardo colto e raffinato. Scene di vita contadina, donne impegnate in lavori domestici, oggetti composti in bell’ordine. Tutte inqua- drature che, oltre a riproporci le sonorità pittoriche degli artisti abruzzesi tra la seconda metà dell’ottocento ed il primo trentennio del novecento, s’impreziosiscono di citazioni che attingono direttamente dalla cultura artistica europea. Nature morte fiamminghe, rarefatte atmosfere alla Vermeer, contadini che lavorano i campi alla maniera di J.-François Millet, ritratti che restituiscono finanche le sperimentazioni visive del neonato cinema muto prefigurando, in alcuni scatti, temi narrativi cari alla cinematografia del ventennio successivo.
Evocatrici di antiche litanie, queste foto riescono, in pochi attimi, a trasportarci in un tempo dove passato e futuro coincidono. Liberando una modernità di linguaggio, atta non solo a testimoniare un apparente passato remoto, riescono a tracciare la strada per ricostruire una storia territoriale spesso interrotta dalla non memoria generata dallo spopolamento conseguente all’emigrazione. Ci permettono di far riaffiorare quella coscienza collettiva del “come eravamo” aiutandoci a comprendere che il non dimenticare è la chiave indispensabile per riconoscerci, con le nostre peculiarità, in quei valori universali non iscrivibili esclusivamente all’interno di una regione ma rintracciabili nella volontà che accomuna gli uomini nell’affermare un’universale dignità.
Mariano Cipollini
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Ufficio Stampa: Adele Ziino Carasi Giulia Smeraldo artcomunicazione@gmail.com
Inaugurazione 20 settembre ore 19
Museo delle Genti d’Abruzzo
via delle Caserme, 22 Pescara
Lunedi – sabato 9 - 13:30; martedì e giovedì 15 – 18:30; sabato e domenica 16:30 - 20
Ingresso 6 euro