Nellimya: light art exhibition
Un arcipelago mobile. Bettineschi mostra quel qualcosa della realta' che sempre sfugge: un cono di luce, una macchia sospesa, uno sguardo profondo. E cosi' cio' che si vede o non si vede diventa specchio dell'osservatore e sensazione.
Senza la trasparenza ci può essere luce?
Il vetro ha colore?
Quali sono e cosa sono i fili che trasportano luce?
La luce passa e si ferma, si intrappola in fili che sono sguardi, con incandescenti light box che vanno Alla velocità della luce (1999) o sembrano fermarsi negli Incendiati (1997). Cosa è fermo? Cosa è in movimento Chi c’è in quelle luci, in quei fuochi, in quelle sfere? Sono fotografie, scritture effettuate con la luce, sono immagini che si imprimono sulla retina dello spettatore che è invitato a vivere, sentire e dirsi di una visione, nell’elaborata materia del mondo che a lui arriva attraverso gli occhi.
E così i quesiti si ripropongono nello sguardo che si posa su opere di bianco e neri, grigi, azzurri, con L’era successiva (2010 e 2012) che interroga tutti, osservandoci.
Chi siamo? Chi ci guarda? Chi ci vede? Cosa significa ciò che vediamo?
La delicatezza delle scelte rappresentative dell’artista Mariella Bettineschi mostra quel qualcosa della realtà che sempre sfugge: un cono di luce, una macchia sospesa, uno sguardo profondo. E così ciò che si vede o non si vede diventa specchio dell’osservatore e sensazione. Perché l’arte vuole essere una doppia visione, uno specchio e uno spicchio di mondo che inducono una sensazione, nel caso di Mariella una sensazione di dolcezza per quel qualcosa di delicatamente sospeso che riesce a fermare nelle sue opere.
Anche nei lavori passati l’artista ha lavorato su elementi sfuggenti o fuggevoli del mondo. Con La vestizione dell’angelo (1996) e con i Piumari (1981) dice della levità della vita, con materiali leggeri (carta da lucido, organza, piume, oro) che sono anche puntini luminosi e sguardi altrui che completano le opere, che assaporano piccole e grandi sfere : forse sono pianeti, stelle di una vita e di una terra lontana o semplicemente “altra”. Lo spettatore deve allora volgere lo sguardo al cielo? Oppure deve tornare a guardare alla sua quotidiana visione del mondo con occhi che diversamente si interrogano? A cosa fa riferimento quest’arcipelago mobile di segni? Con una loro intrinseca forza i Tesori (1985) suggeriscono di volgere la vista alla terra, un luogo da osservare in profondità, nella profondità della materia che a volte intrappola la luce e altre volte la libera, la lascia passare.
I colori sono rifrazione della luce, dice la scienza. L’invito de La teoria delle sfere (2003) dell’artista è allora forse quello di capire lo scibile ed è ancora una volta una richiesta di attenzione nell’osservazione della realtà apparentemente scontata che ci circonda. Un viaggio, anche secondo Voyager (2005), nella complessità di quello che ogni essere umano vede. E veniamo immersi in chiaro - scuri, luci, colori, che portano a sensazioni e a sempre nuove creazioni. Lo spettatore incontra la primavera in un Giardino (2009) di steli e forse si trova a pensare che sia una stagione che negli ultimi lavori è diventata un insieme di macchie sferiche che sono petali de Il libro dei fiori (2014).
Il filamento meno o più luminoso della materia si manifesta così continuamente nell’operare di Mariella Bettineschi, secondo una raffinata estetica del presente e dell’effimero, del dicibile e dell’ineffabile arcipelago che è la semplice complessità della vita da guardare, vedere e sentire con l’aiuto di occhi.
(Lea Ticozzi, Indicazioni di un viaggio, Courtesy Lea Ticozzi)
Inaugurazione 30 ottobre ore 11-18
Nellimya
piazza Riforma, 9 (2 piano) Lugano
gio 15-21, sab 10.30-13.30, dom 15-18 o su appuntamento
ingresso libero