Un progetto appositamente pensato per l'opening da Jonathan Monk e Maurizio Nannucci. Gli artisti hanno realizzato due neon in tonalita' di blu differenti, facendo riferimento, con parole e segni, a qualcuno 'altro' da loro.
Sabato 8 novembre 2014 alle ore 19.00 Quartz Studio ha il piacere di presentare la mostra MONK>
Per quanto riguarda Maurizio Nannucci, attingendo al suo incredibile archivio, che non è solo fatto di memorie personali, bensì di documenti unici legati al proprio percorso artistico, l’artista a proposito di Boetti ha dichiarato - Con Alighiero i riferimenti erano coevi e molte volte noi stessi ci siamo sorpresi della loro vicinanza e affinità intuitiva. Le enunciazioni di Maurizio Nannucci sono sempre installate in edifici straordinari dal punto di vista storico, culturale e paesaggistico come la Biblioteca del Parlamento tedesco (2003), l’Altes Museum di Berlino (2005), la Triennale di Milano (2006), l’Hubbrücke, storico ponte di Magdeburgo (2008) o l’incantevole villa medicea La Magia a Quarrata (2009) solo per fare qualche esempio. La relazione dell’opera con l’architettura, intesa in senso ampio cioè come condensazione di segni culturali oltre che strutturali, è dunque per Nannucci imprescindibile, elemento caratterizzante del suo approccio al lavoro, del suo modo di progettare. Le sue enunciazioni sono semanticamente aperte, ma si impongono come degli statement universali la cui ricezione è mentale ed emozionale insieme, grazie alla combinazione di messaggio, carattere, dimensioni e colore attentamente studiati dall’artista per la fruizione dell’opera in relazione al contesto. Il risultato è che testo e contesto si rafforzano vicendevolmente. L’ultima personale di Maurizio Nannucci a Torino risale al 1974 quando inaugurò nella galleria di Christian Stein allora in piazza Vittorio, poi dal 1999 la frase All art has been contemporary, che campeggia in blu sull’ingresso della GAM di Torino, ha stabilito un legame permanente tra Nannucci e la città. Da parte sua lo scozzese Monk a Torino può dirsi di casa, vista la sua collaborazione, a partire dal 2000 con la gallerista Sonia Rosso. Nel 2009, su suo invito, Monk ha realizzato il LIRA HOTEL (uno dei nomi a cui aveva pensato Alighiero Boetti per il suo ONE HOTEL di Kabul), in cui dormire diventa un’esperienza immersiva nel lavoro di Monk che per il progetto ha ‘arredato’ un mini appartamento in via Giulia di Barolo 11.
Il concetto di autorialità, molto forte in Nannucci e spesso messo in discussione da Monk in una serie di lavori in cui rielabora con ironia opere altrui, è alla base dello scambio avvenuto tra i due artisti. Per Quartz Studio Monk e Nannucci hanno realizzato due neon, modalità espressiva privilegiata da Nannucci, ma utilizzata anche da Monk. Entrambe le opere, SOME WORDS WRITTEN BY SOMEONE ELSE FOR SOMEONE ELSE di Nannucci e Untitled (Via Luigi Santini, Roma) di Monk, prodotte in due tonalità di blu differenti, fanno riferimento, con parole e segni, a qualcuno ‘altro’ da loro. In questa volontà di scambio, dunque, la dinamica attivata dai due artisti non si limita alle loro identità, ma si apre ad altri soggetti e forme di condivisione, in un consapevole processo di rielaborazione artistica che include il passato ed il presente di artisti conosciuti, ma anche, paradossalmente, l’identità che sta dietro ad un anonimo graffito di strada. Rientra in questa progettualità osmotica messa in atto per Quartz Studio anche la riedizione di Manifesto (Poster), un lavoro di Alighiero Boetti del 1967 in cui i cognomi degli amici originariamente elencati dall’artista torinese, sono stati sostituiti dalle scelte personali di Monk e Nannucci, affiancate da altri ed altrettanto criptici simboli.
Maurizio Nannucci (Firenze, 1939), Maurizio Nannucci sin dalla metà degli anni Sessanta, è tra i protagonisti delle sperimentazioni artistiche internazionali nell’ambito della poesia concreta, fluxus e concettuale. Dal 1967 (“Alfabetofonetico”) Nannucci elabora una vasta antologia di testi in neon che creano un repertorio linguistico in cui una dimensione più varia di significati e una nuova percezione dello spazio instaurano un forte legame ambientale sia con l’architettura sia con il paesaggio urbano. Sempre dalla metà degli anni Sessanta, Nannucci esplora le complesse relazioni tra arte, linguaggio e immagine, una riflessione che lo ha portato a creare inedite proposte concettuali, caratterizzate dall’utilizzo di media diversi: neon, fotografia, video, suono, edizioni e libri d’artista. La componente spaziale e la forza espressiva della sua ricerca, basata sulla riflessione su temi quali la luce, il tempo, lo spazio, la parola, lo ha portato a collaborare con Renzo Piano (“Polifonia” per l’Auditorium di Roma, 2002), Stephan Braunfels (“Blauer Ring” per la Biblioteca del Parlamento Tedesco di Berlino, 2003), Massimiliano Fuksas, Nicholas Grimshaw, Mario Botta, Claudio Silvestrin. Ha tenuto oltre trecento mostre in musei e gallerie, ha partecipato numerose volte alla Biennale di Venezia, a Documenta Kassel, oltre alle biennali di Sao Paolo, Sydney, Istanbul, Valencia. Tra le sue installazioni pubbliche: “Art”, 1988, Carpenter Center della Harvard University di Cambridge; “You can imagine the opposite”, 1991, Lenbachhaus, München; “Let’s talk about art, maybe”, 1993, Bank Building, Edinburgo; “Transit, a light journey”, 2000, Biennale di Architettura, Venezia; “All art has been contemporary”,1998 Gam Torino; “What to see what not to see”, 2003, Biennale di Valencia; “Changing place…”, 2004, Fondazione Peggy Guggenheim, Venezia; “Index”, 2005, Enssib, Università di Lione; Museum Der Moderne, Salzburg, 2008; Hubbrücke, Magdeburg, 2008; Galleria degli Uffizi, Firenze, 2010; Museum of Fine Arts, Boston, 2011; Stazione Leopolda, Firenze, 2013.
Jonathan Monk (Leicester, UK, 1969) spesso si appropria di idee, opere e strategie di artisti concettuali e minimalisti degli anni Sessanta e Settanta. Con fotografie, sculture, video installazioni e performances le sue opere rielaborano e ricontestualizzano queste citazioni, spesso mescolando la storia personale di Monk e la cultura di una famiglia della working-class. Questo aspetto conferisce un carattere più umano e terreno alle idee utopiche ed al concetto di genio artistico dei lavori originali. Le estensioni e le reinterpretazioni da parte di Monk di opere di John Baldessari, Ed Ruscha e Sol LeWitt, tra gli altri, contestano il concetto di autenticità, paternità e valore nell’arte con umorismo ed arguzia. Numerose le mostre personali di Jonathan Monk, tra le tante segnaliamo: W139, Amsterdam; ArtPace, San Antonio; Palais de Tokyo, Parigi; CCA - Centre for Contemporary Arts, Glasgow; Centre d'Art Contemporain, Neuchatel; Museum Kunst Palast, Dusseldorf; Institute of Contemporary Art, Londra e Kunstverein, Hannover. Le mostre collettive sono altrettanto numerose e comprendono la Biennale di Taipei, la Biennale di Berlino, la Biennale di Venezia, la Whitney Biennal, la Biennale di Praga e la Biennale di Panama. Nel 2012 Monk è stato premiato con il Prix du Quartier des Bains a Ginevra. Le sue opere sono esposte in numerosi musei e collezioni internazionali tra cui: Los Angeles County Museum of Art, LACMA, Los Angeles, CA; Moderna Museet, Stockholm, Sweden; MMK Museum für Moderne Kunst, Frankfurt am Main, Germany; Museum of Modern Art, New York, NY; Norton Collection, Santa Monica, CA; Solomon R. Guggenheim Museum, New York, NY; Statens Museum für Kunst, Copenhagen, Denmark; Tate Modern, London, England.
Si ringrazia Sonia Rosso per la preziosa collaborazione.
Immagine: Maurizio Nannucci, Something happened, 2009. Installazione di Neon, 4,000 x 350 cm. Villa Medicea La Magia. Foto: Carlo Cantini. Courtesy dell'artista.
Opening: Sabato 8 Novembre, ore 19
Quartz Studio
via Giulia di Barolo, 18/D 10124 Torino
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