Paysages anthropiques. Il desiderio che li accomuna e' quello di scoprire e sperimentare un intimo rapporto con la natura, attraverso la purezza o la mescolanza del naturale e dell'artificiale.
Parlare di paesaggio significa inevitabilmente risalire alle origini dell'azione dell'uomo sulla terra, al rapporto diretto con gli elementi naturali e soprattutto alla sua capacità di mettersi nei confronti di questi, per individuare e definire il proprio spazio vitale.
Il dialogo che si crea tra i due artisti Marika Vicari (Vicenza, 1979) e Jernej Forbici (Maribor, 1980) è visto ed interrogato nella mostra in corrispondenza di questo approccio al paesaggio. Il desiderio che li accomuna è quello di scoprire e sperimentare un intimo rapporto con la natura, attraverso la purezza o la mescolanza del naturale e dell’ artificiale, attraverso tecniche diverse che spaziano dal disegno in bianco e nero alla pittura a pieno colore. Il differente paesaggio presentato dai due artisti acquista una forma che fonde visione e creatività, perché crea e cerca con lo spettatore un dialogo.
L’uomo, pur essendo accomunato dal fatto che non e’ mai presente in nessuno dei due lavori, si colloca pero in modo diverso: nell’opera di Forbici e’ un parassita che seguendo costantemente la propria evoluzione modifica il mondo a lui circostante manipolando l’ambiente reale e con esso anche il paesaggio stesso, deposito delle sue stesse manipolazioni; nell’opera di Vicari l’uomo e’ colui che attraversando il paesaggio lascia qualche lieve traccia quasi come se volesse confrontare la propria metamorfosi con le trasformazioni della natura che scandiscono la stessa vita dell'uomo stesso, il suo scorrere, la sua mutevolezza ed il divenire incessante fissato sul legno, per giungere all'origine delle cose, alla loro intima essenza, per tentare di raccontarla e di sprigionarne la forza estrema.
E cosi mentre i paesaggi di Vicari sono volutamente eterei ed invernali resi con semplice grafite su legno, tutti dominati dal silenzio, come se ci fosse qualcosa che si appropria del corpo; si dice infatti che con l'albero, la Natura concluda la propria opera al di sopra dello sguardo dell'uomo ; forse è questa la ragione che spinge l’artista a perdersi e far perdere lo spettatore tra i boschi; nelle sue tele, di piccole e grandissime dimensioni Forbici da voce attraverso il colore, la materia e le forme a quel senso di fastidio, di dolore, di offesa e rabbia che nascono dal profondo turbamento della natura rispetto alla modernità.
Si rivelano di fatto entrambi capaci di comunicare le modificazioni dell’ambiente-terra, non solo facendo denuncia, ma anche e soprattutto riportando lo spettatore in situazioni al limite o stranianti che mettano il suo corpo in una relazione dimenticata con la natura.
Inaugurazione 29 gennaio ore 21
Espace 77
rue Lepic, 77Paris
lun-ven 10-17.30
ingresso libero