Centro Pacetti
Monteprandone (AP)
via San Giacomo, 107
339 67258977
WEB
Carlo Volpicella
dal 22/5/2015 al 5/6/2015
9-12.30 e 15-19.30

Segnalato da

Carlo Volpicella




 
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22/5/2015

Carlo Volpicella

Centro Pacetti, Monteprandone (AP)

Theorein... e il Principio della forma dinamica fu l'ameba. "Le opere devono essere osservate con gli occhi dell'anima, lasciandosi penetrare fino all'ambito dove le sensazioni danzano i rituali segreti".


comunicato stampa

A cura di Maxs Felinfer, Antonio Gasbarrini, Antonio Presti, Patricia Vena, Roberta Ambrosini

Dopo il grande successo riscosso nell'aprile 2014 nell' ESPACIO CERO di BUENOS AIRES (Argentina) a cura della pr.ssa Gabi Alonso e dal comitato organizzativo e selettivo, Brenda Renison, Ezequiel Nunez, Andrèas Garavelli, Gabriel Sasiambarrena, Osvaldo Krasmanski.

Theorein…. e il Principio della forma dinamica fu l’ameba. di Antonio Gasbarrini
“Le amebe sono organismi unicellulari caratterizzati dalla variabilità della forma. Si muovono emettendo dal corpo dei prolungamenti chiamati pseudopodi: questo tipo di movimento, con continuo cambiamento della forma del corpo, viene detto movimento ameboide” (da Wikipedia).

Cosa è stata l’arte moderna e contemporanea (inclusa l'"arte d’oggi”) se non una continua trasmigrazione di forme su forme? Forme de/formate con l’Espressionismo, velocizzate con il Futurismo, purificate con l’Astrattismo, dissacrate con il Dadaismo, imbrogliate con il Surrealismo e… via di questo passo sino ad arrivare alla loro attuale esasperata ed esasperante digitalizzazione. Basta ora un semplice clic per metamorfizzare a piacere, di ogni immagine in-forma-tica (anche testuale), un'instabile, effimera forma camaleontica riempita, anzi stivata, di pixel su pixel “ciecamente” obbedienti a questo o quel software.

L’archetipo delle tante forme cangianti sino a qui chiamate in causa, può essere rintracciato in quel minuscolo organismo unicellulare, l’ameba, il cui perimetro corporale (ancora la forma, cioè) varia non solo continuamente, ma è strettamente connesso al movimento.

Non so spiegarmi per quale istintiva associazione simbolica, nel vedere i sagomati Theorein antropomorfi di Carlo Volpicella, ho pensato subito al mutevole profilo corporale di un’ameba. Cercherò di tratteggiare qualche plausibile risposta. Iniziando subito a riflettere sull’attrazione empatica suscitata dalle radiografie diagnostiche manipolate dall’artista abruzzese con interventi computerizzati. Sicché quelle diafane tracce fotoniche (i raggi x) riproducenti in negativo questa o quella parte dello scheletro umano o di altri organi “potenzialmente malati”, sprizza adesso una salubre aura estetica, grazie a scritte e ritornanti perimetri amebici tatuati, sempre in negativo con il medium del computer, sulla scannerizzata pellicola-matrice originaria.
Si aggiunga, inoltre, la sottigliezza fisica della flessibilissima silhouette (ogni opera è ritagliata dalla pellicola standard di cm. 142x42), dal contorno decisamente androgino, anche se leggermente zooformizzato. Nonostante l’instabile equilibrio tridimensionale di un’opera pressoché bidimensionale, è il danzante dinamismo impresso alla diafana figura ad evocare lo scatto, l’empito dell’arcinota scultura del 1913 Forme uniche della continuità nello spazio di Umberto Boccioni.
Né quadri da poter esibire su una parete, né tanto meno sculture da porre su un piedistallo, questi trasparenti Theorein di Carlo Volpicella possono vivere/convivere al meglio, stando assiepati insieme sì, ma sono ancora più intriganti se sospesi a mezz’aria. Il sottile gioco della luce naturale o artificiale che li penetra, li attraversa, e il minimo alito di vento che li può facilmente smuovere, accentuano il dinamismo del tutto, negando così, creativamente, il valore d’uso (scriverebbe Marx) pratico e funzionale delle radiografie, in valore squisitamente spirituale. La loro perfetta adattabilità all’ambiente, sia esso metropolitano o paesaggistico, dovuta forse all’ancestrale rimando mimetico di una conchiudente forma dal duplice imprinting (umano e amebico) è ben certificata da alcune fotografie in mostra: un riuscito mix tra Land Art e Arte Povera, rimescolate e trascese poeticamente dalle installazioni a cielo aperto, con coinvolgenti esiti teatralizzanti.

Se nei Theorein radiografici si è attratti dal fascino mentale esercitato dai labirintici incroci segnici positivo/negativo, cromaticamente attestati su tre “quasi non colori” (bianco, nero e grigio), in quelli realizzati con sagome di cartone (di dimensioni variabili) è l’esplosione di una incontenibile, panica tavolozza, ad esaltare un tessuto pittorico dai timbri accesi, siano essi monocromatici o pullulanti di girovaghe amebe che non sarebbero passate inosservate ad uno street-artista come Keith Haring.

Facciamo infine un piccolo esperimento mentale: alla Einstein, tanto per intenderci. Anziché essere a cavallo di un raggio di luce come lui immagininò, per indagarne la velocità, mettiamo uno di fronte all'altro i due non-eserciti (Theorein radiografici e Theorein cartonati) allestiti da Carlo Volpicella in questa esibizione. Anziché sanguinarie urla guerresche, vedrete/sentirete alcune parole avvolgerli, fondendoli, in un solo catartico abbraccio. Le avete riconosciute? Mi permetto, comunque, di sussurrarvene alcune: amore, amicizia, fraternità, solidarietà, e, perché no?, gioco.
Non a caso all'artista abruzzese piacciono, da morire, le bolle di sapone.

P. S. Carlo Volpicella, il terremoto dell’Aquila, l’arte e le bolle sapone
Il 6 aprile del 2009 la città medioevale dell’Aquila veniva mortalmente ferita da un devastante terremoto. Dei suoi 70.000 abitanti, 35.000 trovavano una precaria sistemazione per vari mesi nelle tendopoli, ed altrettanti, in vari alberghi della costa d’Abruzzo.

Per dare una prima risposta allo shock subito dalla popolazione, con la mediazione catartica della creatività e dell’arte, un paio di mesi dopo la tragedia veniva dato il via, su impulso mio e dell’artista Anna Seccia, all’happening performativo L’AquilAbruzzo TendAtelier dipingendo (dal 20 giugno al 12 luglio) in una delle tende messe a disposizione dalla Croce Rossa Italiana all’interno dell’emergenziale insediamento.

Nel giro di una ventina di giorni sono state realizzate, mentre imperversano ancora scosse sismiche e nubifragi, due tele monumentali della misura di 22 mq. ciascuna titolate Soqquadri (L’Aquila ferita) e Global Aquilart. La prima è stata dipinta da ben 18 artisti abruzzesi (tra cui Carlo Volpicella) appositamente invitati; la seconda dai terremotati (quasi tutti in tenera età) ospitati nella tendopoli. Lo straordinario risultato estetico-civico conseguito anche grazie all’apporto creativo di Carlo Volpicella (bolle di sapone comprese per far nuovamente sorridere i terrorizzati bambini della tendopoli) è stato documentato da un bel catalogo con allegato DVD.

L’Aquila terremotata, inizio primavera 2014
Carlo “theorein” Volpicella, un’arte senza retoriche. Quale cosmica dimensione traccia i profili magici che danzano nelle galassie pittoriche di Carlo Volpicella? Cosa induce la creazione di sagome leggere che galleggiano nei convulsi spazi carichi di emozioni che le contengono?

L’osservazione deve essere spoglia di preconcetti che cerchino letture didascaliche di qualsiasi tipo. Le opere devono essere osservate con gli occhi dell’anima, lasciandosi penetrare fino all’ambito dove le sensazioni danzano i rituali segreti delle conoscenze profonde, poiché è lì che nascono queste immagini, ed è li che trovano le risposte, se mai queste fossero necessarie.

La ricerca permanente, l’essere oggetto del gioco voluto dal quadro, trasforma il pittore in uno strumento primigenio che dona se stesso in un compromesso privo di vanità, chiudendo il cerchio fra il creatore e l’osservatore sensibile di un evento che sovente è oltre ogni razionale denominazione. Questa condizione di servizio in un senso alto della parola, porta Volpicella poi a aderire al Seblismo, apportando la sua sensibilità a un lavoro di gruppo, crescendo e facendo crescere, nello scambio, un progetto nel quale trova uno spazio simbiotico con i suoi principi.

In un’opera come questa non esistono artifici mirati all’unico obbiettivo di incantare, poiché l’arte non è un serpente addomesticato, piuttosto il covo recondito ove tutti i serpenti, i più velenosi, mordono l’animo umano che si esprime attraverso questo gentile linguaggio che è l’arte vera. Carlo ha chiamato questi messaggi astratti “Theorein”, siglando la sua avventura in modo ermetico, ma, e questo me lo posso permettere, conoscendo l’artista, si tratta di un’espressione aperta, limpida e carica di umane emozioni.

Nel portare a termine la sua impresa è valido tutto ciò che permette a Carlo di raggiungere la materializzazione di quel proposito straordinario di segnare il mondo con la sua identità più profonda. Ciò è trascendente, è il principio più alto della creazione, poiché a partire dall'egocentrismo primigenio, che sostiene e alimenta l'esistenza, lancia un segnale che si fa presente nel tutto. Lui è parte dell'universo e anche Lui fa la sua parte. E’ un atto supremo che esalta la piccola, misera condizione dell'uomo, di fronte alla grandiosità della creazione, perfino del proprio atto creativo.

Inaugurazione sabato 23 maggio 2015 alle ore 17,30

Centro Pacetti-Circolo AUSER
via San Giacomo,107 Centobuchi di Monteprandone
orario: 9,00-12,30; 15,00-19,30 Ingresso libero
ingresso libero

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