Death Disko: last dance. Una riflessione sulla fine della disco music, sulla fine di un'epoca che aveva dato voce alle sottoculture americane, alla liberta' sessuale e, sulle piste da ballo, all'integrazione razziale.
A cura di Antonio Leone e Francesco Pantaleone
Il 12 luglio 1979 veniva uccisa ufficialmente la disco music. Un omicidio
premeditato e particolarmente cruento, efferato come solo i crimini d'
odio sanno essere.
Death the disco. Un gruppo di deejay rock organizzò Disco Demolition
Night, una manifestazione anti-disco al Comiskey Park di Chicago, un
importante stadio di baseball. Mentre la folla inferocita urlava
all'unisono “Disco sucks”, migliaia di album e 45 giri disco music
venivano distrutti e dati alle fiamme.
Lovett/Codagnone presentano in quest'ultima personale DEATH DISKO: last
dance, un'interessante riflessione sulla fine della disco music, sulla
fine di un'epoca caratterizzata da un inteso movimento nato dal basso
che aveva dato voce e libertà alle sottoculture americane, alla libertà
sessuale e, sulle piste da ballo, all'integrazione razziale più
autentica. “La disco music ha abbattuto antiche barriere. Allo Studio
54, sudati e stremati, uno di fianco all’altro, c’erano i Bee Gees, Andy
Warhol, Sylvester Stallone, Elton John, Salvador Dalì, anonimi bancari
con in testa piume di struzzo, commercialisti sovrappeso agghindati da
drag queen, operai con bicipiti da culturista e tanga in pelle,
meccanici, neri, bianchi, asiatici, portoricani, italiani, gay e trans.
Tutti uniti dal culto della mirror ball, la grande sfera luminosa appesa
al soffitto dei disco club di tutto il Pianeta. […] Una rivoluzione che
in pochi mesi ha trasformato il mondo in un’unica grande discoteca”,
ricorda in un'intervista Nile Rodgers, fondatore degli Chic, una della
band protagoniste della scena underground di quegli anni.
Verso la fine degli anni '70, una serie di fattori concomitanti (i
cambiamenti economici e politici che portarono all'elezione del
conservatore Ronald Reagan, il precipitare della crisi sociale con la
diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili che preannunciava
lo stigma dell'epidemia dell'AIDS) segnarono il declino della disco
negli Stati Uniti. Negli anni successivi alla Disco Demolition Night,
numerosi sociologi descrissero la violenta reazione come “implicitamente
maschilista e bigotta, un attacco alle culture non bianche e non
eterosessuali”.
Il nuovo progetto di Lovett/Codagnone, riflette su quegli eventi, che è
parte della loro memoria e del nostro passato più prossimo. Un lavoro
che esprime una certa malinconia, ma anche una riflessione lucida e
asettica sul presente, su quei processi di normalizzazione in atto che
castrano e soffocano la cultura del dissenso, del soggettivo. Processi
“che inscenano un ulteriore disciplinamento: la produzione di parametri
della soggettività, che siano conformi a norme astratte, le quali poi
condizionano e al contempo eccedono le vite che creano, e distruggono”
(J. Butler).
La libertà sessuale, la libertà dei corpi, finanche certi comportamenti
eccessivamente edonistici o spregiudicati, hanno significato il
riappropriarsi di spazi di vita, l'affermazione paritaria di una
galassia di esistenze.
Questo nuovo corpus di opere parte dalla (nostra) storia, dalla vita dei
club e della controcultura; la sua importanza politica è stata il
definirsi come luogo sovversivo / dissidente e quindi fertile ed
ispiratore per la produzione culturale non omologata; la crisi dell'aids
e la gentrificazione del “dance floor”, la gentrificazione della città
e della nostra sessualità. Il commercio, come status dominante, così
come questa versione ripulita di New York, dove le libertà autonome sono
quasi scomparse, ci lascia nostalgici...(L/C)
Immagine: Lovett/Codagnone, Death Disko: last dance
Inaugurazione: martedì 26 maggio 2015, ore 18,30
Bad New Business Gallery
via Marco Formentini 4/6
20121 Milano
lun-ven 10,00-13,00 / 15,00-19,00