Una Rosa a Sarajevo. Un lavoro intenso, costante, d'informazione, di conoscenza, affinche' la comunita' internazionale di impegni a riconoscere debba nel diritto internazionale umanitario i diritti universali delle donne.
Durante la guerra Serbo- Bosniaca ,tra le 20.000 e le 50.000 donne di tutte le età, alcune ancora bambine , sono state violentate: spesso internate in veri e propri lager, torturate e a volte costrette a portare a termine le gravidanze frutto degli stupri, usati in modo sistematico come arma di guerra per la” pulizia etnica”. L’ampia variabilità delle stime si spiega da una parte con il rilievo politico che ha assunto la questione e, dall’altra, con il silenzio delle vittime che, se denunciano, temono di essere condannate all’ostracismo sociale.
Per coloro che hanno subito violenze sessuali, la situazione è drammatica. Costrette spesso a vivere nello stesso villaggio o quartiere dei loro aguzzini, raramente hanno ottenuto giustizia: a tutt’oggi, circa 40 casi di stupro sono stati giudicati dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY) all’Aia o dai Tribunali locali delle varie entità bosniache .
Da qui la necessità di un lavoro intenso, costante, d'informazione, di conoscenza, non solo per non dimenticare ma affinché la comunità internazionale debba essere impegnata tutta a riconoscere nel diritto internazionale umanitario i diritti universali delle donne .
Io ho contattato una delle associazioni che aiutano le donne vittime della guerra a Sarajevo ed ho conosciuto Amela, mi ha ospitato a casa sua , mi ha raccontato la sua storia: proprio all’inizio della guerra nel 1992 a Rachetiza dove lei e la sua famiglia abitavano, aveva solo 18 anni, alcuni militari Serbi accompagnati da un ragazzo che fino a pochi mesi prima era stato suo compagno di scuola, hanno fatto irruzione in casa sua uccidendo il padre e un fratello, lei l’hanno portata in una scuola insieme a molte altre donne rapite. Amela per 2 mesi è rimasta chiusa in quella scuola , stuprata ,picchiata dai militari serbi,è stata liberata con uno scambio di prigionieri.
Quando ha raggiunto i territori liberati ed ha raccontato quello che le era accaduto, è stata emarginata come se fosse stata colpa sua !Ha vissuto fino alla fine della guerra in una capanna nel bosco. Ora lei vive a Sarajevo con la madre molto depressa tanto che ha provveduto lei ai tre fratelli piccoli, non si è mai sposata. Amela si rammarica di aver perduto la sua bellezza a causa di uno scompenso ormonale, dovuto alle forti cure con psicofarmaci ,che le ha provocato una peluria sul viso. Lei cerca di andare avanti con la sua vita ma è un duro lavoro quotidiano. Intorno a lei elefanti, le piacciono molto, le piace la storia di Dumbo anche lui un reietto tra i suoi simili. Amela è una donna molto coraggiosa, è stata la prima donna a denunciare e testimoniare, subito dopo la fine della guerra, i suoi aguzzini.
"Rose di Sarajevo", ovvero tracce lasciate sull'asfalto dalle granate, in 4 anni di guerra ne sono state lanciate quasi 5 milioni...i "crateri" di quelle che hanno provocato più morti sono state riempiti di vernice rossa
Eleonora Carlesi
Inaugurazione domenica 7 Giugno alle 21
Gattarossa Art Gallery Kafe
piazza Verdi, 7 (accanto al Rivellino) Piombino
tutti i giorni 18-1, chiuso mar
ingresso libero