Good morning, captain. L'artista affronta il tema della memoria collettiva facendo riemergere un'esperienza vissuta molto tempo fa. La sua installazione nasce per condividere un paesaggio interiore.
Un orizzonte, una scena, un racconto.
L’esperienza è un contenitore di visioni.
Michael Rotondi affronta l’argomento della memoria collettiva facendo riemergere visivamente un’esperienza vissuta molto tempo fa.
“Good mornig, captain”, titolo di una nota canzone di un gruppo post-rock, si propone come uno scenario realizzato da frammenti scenografici; installazione che interviene nello spazio per condividere un paesaggio interiore.
Qui l’artista fa riferimento ad un tragico incidente avvenuto tra una petroliera ed un traghetto a largo del porto di Livorno: il “Disastro del Moby Prince”, nel 1991, al quale assistette da giovanissimo.
[…] Quando ci pestavamo, andavamo avanti per ore senza che i nostri genitori si sognassero di intervenire. Forse perché ci atteggiavamo a duri e non volevamo chiedere aiuto, mentre loro si aspettavano proprio questo. […]
Una volta mi pestai con un ragazzo che sarebbe diventato un pezzo grosso della Marina Americana. Ci pestammo dalle 8,30 del mattino fin dopo il tramonto. Nessuno ci fermò nonostante fossimo ben visibili dal prato antistante la sua casa, sotto due enormi alberi del pepe, da cui i passeri ci cacavano in testa.
Fu un pestaggio feroce, fino all’ultimo sangue. Lui era più grosso, un po’ più vecchio e più pesante di me, ma io ero scatenato. La smettemmo per comune accordo. Non so come sia, bisogna sperimentarlo per capire, ma dopo che due se le sono date di santa ragione per otto e nove ore si stabilisce tra loro uno strano senso di fratellanza.
Il giorno dopo ero un livido solo. Le labbra erano troppo gonfie per permettermi di parlare e qualsiasi movimento facessi mi procurava dolore. Ero sdraiato sul letto in attesa della morte quando mia madre entrò con la camicia che avevo indossato durante il pestaggio. Me la sollevò all’altezza della faccia e mi disse: “Guarda, è tutta macchiata di sangue! Di sangue, capito?”
“Mi dispiace”.
“Non verrà mai più pulita! Mai più!“.
“È stato lui a macchiarla”.
“Non importa! Questo è sangue! Le macchie di sangue non vengono via!“
Ciò che trattiene la memoria e cosa rimane nelle corde visive, è il panorama che l’artista propone in questa installazione.
Vele accasciate, frammenti di vittorie ed indumenti tramandati.
I resti di una collisione ed i resti dell’elaborazione collettiva di un ricordo.
Inaugurazione 10 giugno 2015, ore 18,30
Soap
via Petrella, 20 - 20124 Milano
Orario di apertura: da Lunedì a Sabato su appuntamento.