Doppia personale di Antonietta Campilongo (pittura) e Maria Korporal (installazioni e video).
Doppia personale di Antonietta Campilongo (pittura) e Maria Korporal (installazioni e video).
La critica Stefania Severi ha scritto due testi in occasione della mostra:
Maria Korporal: un'arte per l'oggi
Come la maggior parte dei computer artisti, Maria Korporal viene da studi di Belle Arti. Dal 1997 usa immagini digitali, realizzando opere caratterizzate da elementi comuni: il coinvolgimento interattivo del pubblico; i contenuti significativi; la realizzazione di ogni singolo pannello come fosse uno schermo televisivo; la disposizione seriale dei pannelli – collegati tra loro da sottili fili di nailon trasparente – che ricorda la video-wall. Esemplifichiamo.
'L'Occhio del Golem' è un cilindro di pannelli con una città di grattacieli attorno alla quale sono donne e uomini nudi. La struttura consente di guardare dentro. Qui un occhio (vedere soprattutto con l'intelletto) ed un cuore (vivere) si riflettono sulle superfici interne, proliferando con effetti di distorsione. Per l'artista, il Golem è simbolo della tecnologia ed è rappresentativo del pensiero moderno. L'installazione, con la sua duplice fruizione, è oggettivazione della realtà visibile (esterno) e del pensiero e della passione (interno), distinti ma legati da reciproche interferenze.
La possibilità di girare attorno all'opera è presente anche in Cyberlandscape n. 2 'Knockin' on Heaven's Door / Bussando alla porta del paradiso' (da Knockin' on Heaven's Door, canzone di Bob Dylan) e in Cyberlandscape n. 3 'The Cloud of Unknowing / La nube della non-conoscenza' (dal romanzo Underworld di Don DeLillo). Tale tridimensionalità , implicando il superamento dell'immagine video, è un'ulteriore asserzione del ruolo della fantasia che si impone sulla macchina, e non solo da parte dell'artista ma anche da parte del fruitore. Il libero arbitrio torna qui protagonista nella possibilità di vedere ciò che si preferisce nella successione prescelta.
'L'uovo ribelle' unisce i teleschermi fittizi ad un teleschermo vero con una animazione di immagini computerizzate, accompagnate da un suggestivo sonoro. L'uovo, simbolo ancestrale di vita, è di pietra, richiamando l'onfalo, il mitico centro della terra, legato al culto di Apollo/Sole e quindi all'origine della vita. L'uovo è ribelle perché balza e sobbalza, si muove ora ritmicamente ora aritmicamente, è come un cuore impazzito il cui battito è amplificato dalla musica. L' immagine è, in ultima analisi, rassicurante, perché implica un anelito di speranza che spezza il nichilismo che pervade il contemporaneo. Anche qui il fruitore è invitato ad 'entrare' rispondendo col proprio battito cardiaco.
Guardando queste opere di Maria Korporal appare evidente che il livello estetico raggiunto è indipendente dallo strumento. Il computer da solo non basta a fare arte e il risultato, nonostante l'universalità del mezzo, dipende puntualmente da chi lo usa. Queste opere, dichiarando esplicitamente la commistione di linguaggi e la pluralità dei materiali, sia in termini concreti che virtuali, sono compiutamente espressive dell'arte dell'oggi.
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Antonietta Campilongo: 'tranche de vie'
Antonietta Campilongo dipinge immagini del nostro quotidiano celebrando il gesto spontaneo, l'ambiente cittadino piccolo borghese, i personaggi che si possono incontrare d'abitudine. Tale analisi accurata della ne fa risaltare il mistero e ne manifesta l'elegia sottesa.
La pittura della Campilongo si colloca nel generalizzato recupero della figura e del vero che ha caratterizzato molti filoni dell'arte del ‘900. Già la Pop Art, infatti, proponeva, al di là delle implicazioni critiche, un'arte aperta a forme più popolari e comprensibili. Un appello a tornare alla realtà è stato poi propugnato, sia pure sotto diverse angolature, da Iperrealismo, Transavanguardia, Pittura della memoria...Insomma, si è sempre più affermata una voglia diffusa di tornare al quadro ed alla figurazione. La Campilongo si inserisce in tale percorso di ricerca con richiami sia alla Pop Art sia all'Iperrealismo.
La sua poetica è, infatti, vicina a quella del Pop artista James Rosenquinst che, in una intervista, dichiarava che le cose che comparivano nei suoi dipinti 'non erano veramente vecchie da diventare nostalgiche ma nemmeno nuove abbastanza da suscitar passioni'. E' indubbio che la Campilongo posi il suo occhio sulla realtà , ma il suo quotidiano risulta leggermente retrodatato, quasi a creare, appunto, quel lieve scarto che sollecita la memoria e relega il soggetto al ricordo appena trascorso. In 'La porta sembra aperta', 'Giovanni e Giovanni', 'Assenzio', 'Corteggiamento in orario di chiusura' e 'Domani sarà un giorno migliore', (2003-2004) c'è un vago sentimento di già visto: dal copriletto goffrato al mobile da toeletta, dalla lampada col paralume rosso alla gonna fiorata, dal camice corto dell'infermiera al cappello dell'avventore.
Una attenzione particolare merita un nutrito gruppo di lavori degli anni 2003-2004, alcuni dei quali già citati, in cui l'artista usa il bianco e nero con tutte le gradazioni intermedie di grigio. Indubbio è il richiamo al bianco-nero dell'iperrealista Gerhard Richter, per indubbia affinità di sentire: l'esigenza di ricollegarsi all'universo filmico anch'esso di buona memoria.
Nell'osservare questi dipinti, sia singolarmente che in sequenza, si ha l'impressione di trovarsi di fronte allo story board per una fiction ambientata ai nostri giorni, che, pur nella logica di registrare la realtà , è tuttavia lontana dal reale.
E' certamente la ricerca cromatica uno dei dati distintivi di questa pittura. Il colore, infatti, spesso è rarefatto fino a ridursi non solo al bianco-nero, ma, in alcune delle ultime opere ('Nel cammino della mia vita' e 'Ti racconto un sogno'), anche a due o tre colori con effetti quasi di solarizzazione.
Entriamo dunque nello story board di Antonietta Campilongo per rivivere con lei anche la 'nostra' vita perché, sicuramente, molti di noi si ritroveranno nelle situazioni da lei evocate, con gioia o con disagio, ma sempre con quel distacco che è merito del campo estetico.
Stefania Severi
Immagine: un lavoro di Antonietta Campilongo
Centro di Sarro
Viale Giulio Cesare, 71
Roma