Spazio Gianni Testoni La 2000+45
Bologna
via d'Azeglio, 50
051 371272 FAX 051 4153252
WEB
Maria Rebecca Ballestra
dal 4/9/2015 al 30/10/2015
mar-ven 16-20, sab 10,30-13 e 16-20, dom, lun e altri orari su appuntamento
335 6570830

Segnalato da

Ella Studio




 
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4/9/2015

Maria Rebecca Ballestra

Spazio Gianni Testoni La 2000+45, Bologna

The Truth of the Labyrinth. Un progetto di Ballestra in 9 tappe, ispirato ai testi dell'omonima raccolta di Julien Friedler. I testi sono punto di partenza di una serie di riflessioni sulla simbologia del labirinto.


comunicato stampa

La Verità del Labirinto è un progetto artistico di Maria Rebecca Ballestra in 9 tappe, ispirato ai testi dell’omonima raccolta dell’artista Belga Julien Friedler. Una selezione di 9 dei 44 testi saranno il punto di partenza di una serie di riflessioni sulla simbologia del labirinto, declinate ed approfondite attraverso diverse prospettive ed angolature. Ogni tappa è per Ballestra occasione per confrontarsi con un macro-tema, legato all’uomo ed alla sua coscienza, come la memoria, la morte, il corpo, l’immaterialità, il gioco, il sogno, il mistero, il pellegrinaggio, il sacrificio.

La mostra alla galleria SPAZIO TESTONI di Bologna in Via D’Azeglio 50, che inaugura Sabato 05 settembre 2015 dalle 18,30 alle 20,30, propone le opere delle prime 4 tappe di questo progetto in una doppia personale di Maria Rebecca Ballestra e Julien Friedler, e resterà visibile fino a Sabato 31 Ottobre 2015.

PRIMA TAPPA Il Labirinto nella tradizione orale – La memoria

Se pourrait-il que l’art devienne un jour un refuge contre le bruit et la fureur qui nous habite?
On connaît notre réponse : un «mythe» fondateur, assorti d’une pratique assidue de l’humain. Une esthétique minimale et sans préjugé. Un point de vue contemplatif, à rebours de tout militantisme.
Car, finalement, qu’est-ce qui nous fonde comme sujet? Qui suis-je? S’inquiétera-t-on.
Une interrogation lancinante….En bout de course, elle en impliquera une autre, de loin plus étrange. Cette question, il faudra s’y arrêter. Nous l’aurons placée à l’entrée de la Forêt des âmes. Cette question la voici dans toute sa crudité : car, finalement, que sait-on de l’existence (ou non existence) de dieu?
Dieu : mystère des mystères, un scandale pour la raison, une pure folie, sinon le nerf de la guerre: une force insondable, chevillée à l’artiste depuis l’orée.
Julien Friedler - La Verité du Labyrinte text n.2

Opere di Maria Rebecca Ballestra realizzate in Arizona – USA, in dialogo con opere di Julien Friedler della serie La Parole des Anges.

Il tema del labirinto è spesso associato al mito del viaggio dei morti, o itinerario “dell’anima vagante”. Per gli indiani O’Odham, il labirinto era simbolo di nascita e di morte. Per loro, come sempre nell’antichità, il labirinto era unicursale, di forma rotonda e con 7 cerchi concentrici, con una sola entrata e un unico vicolo cieco in fondo al percorso, in cui le uniche due possibilità sono di giungere alla meta o ritrovarsi al punto di partenza. Per gli O’Odham il labirinto si arricchisce della stilizzazione della figura umana all’ingresso del labirinto stesso, “The man in the Mazen” (l’Uomo nel labirinto). Il simbolo assume diversi significati, i Tohono O’Odham si riferiscono all’”uomo nel labirinto” come a I’Itoi, facendo riferimento al mito della creazione, e al viaggio simbolico dell’umanità e di ogni singolo individuo verso il punto nero centrale del labirinto, la morte, per tornare ad essere Uno con I’Itoi, il dio che vive in un labirinto sotterraneo sotto la montagna Baboquivari.

SECONDA TAPPA Il labirinto virtuale: internet – L’immaterialità

Dès lors, prenons un arc, bandons-le et décochons notre flèche. Celle-ci décrira une jolie courbe, miroitera au soleil, avant de frôler l’horizon : à deux doigts de notre prochaine question. Car, enfin, qu’attendre de l’art sinon un arrêt sur image, propre à nous transcender? À ce stade, l’affaire deviendra vertigineuse. Un abîme; avant de rebondir vers les cimes : la, ou dieu s’ouvre et s’efface pour nous laisser entrevoir un au-delà de lui-même. Die : le point de convergence des divins (sous toutes leurs formes). Son dépassement : un pur joyau, inaccessible aux profanes comme au fidèle imbu de sa foi. Un territoire méconnu, scandaleux, frisant la folie. Une hallucination. Un vertige. Mais aussi, une Vision, criblée de lumière.
Julien Friedler - La Verité du Labyrinte text n.3

Opere di Maria Rebecca Ballestra realizzate con la collaborazione di Rachela Abate

Internet ed il flusso di informazioni telematiche è una nuova forma di labirinto immateriale, una complessa ed articolata piattaforma di scambio di informazioni, pensieri, idee. La tecnologia è un'estensione del nostro corpo e dei nostri sensi. La tecnologia digitale corrisponde al nostro sistema nervoso e al nostro cervello: un’estensione della comunicazione tra le cellule e la loro gestione delle informazioni che continuamente condividono e collegano informazioni con il fine di costruire e ricostruire una rete. Un'altra analogia di gestione delle informazioni che troviamo con il cervello è il fatto che questo non discerne tra le immagini e la realtà, o tra le esperienze fatte nei sogni e la sveglia. Qual è quindi la vera e la falsa esperienza? Quale immagine è il simulacro? Sono tutti simulacri? La tecnologia digitale riflette la nostra coscienza di vivere il mondo in modo sempre più virtuale, interconnesso e non gerarchico. Con tutte le conseguenze degli scontri di sistemi, il caos e l'instabilità, vivendo nel tempo dei "crepuscoli delle icone" dobbiamo chiederci dove stiamo andando o almeno, a che cosa ci stiamo dirigendo. Abbiamo l'opportunità di riconoscere l'intera esperienza di vita come uno con la natura, mondo e cosmo ed essere consapevoli che i giudizi e le differenziazioni non sono vere. Alla fine il nostro passaggio nel labirinto del simulacro diventa la sola verità.

TERZA TAPPA : Il labirinto in Natura

Nous nous avancerons donc seuls afin d’expliciter notre propos : penser une spiritualité moderne, adaptée au monde dans lequel nous vivons. A cette fin nous nous appuierons sur une image source : celle d’un Méditant en quete de paix intérieure. L’image est irradiante et promeut deux positions existentielles: un Regard, né du silence et
tourné vers l’intérieur ; un Témoin contemplant les oeuvres et leurs parcours.

Julien Friedler - La veritè du Labyrinte text n.5

Installazione in bamboo di Maria Rebecca Ballestra e video di Carl Gustav Jung «dialogo sopra la morte»

La terza tappa del progetto è ispirata al labirinto in natura. I primi labirinti botanici appaiono a fine del Medio Evo diventano ben presto in Europa un elemento imprescindibile dell’arte del giardino nei parchi dei castelli. Carlo V fa costruire un labirinto nei giardini di Saint-Paul a Parigi, Francesco I nel parco Louise de Savoie. Carlo V li introduce nei parchi dei suoi palazzi di Bruxelles e di Siviglia, nei giardini dell’Alcazar in cui persiste tuttora un labirinto di tasso. In epoca rinascimentale e fino al XVIII sec. i giardini pullulano di labirinti, divenuti profani e ludici. Ai primi labirinti, che non superano l’altezza del ginocchio e il cui tracciato è spesso molto semplice , fanno seguito disegni più complessi, siepi più alte, innumerevoli ornamenti.

Questa tappa del progetto di Ballestra è in particolar modo ispirata al Labirinto di Masone, località nei pressi di Fontanellato in provincia di Parma, recentemente realizzato da Franco Maria Ricci: otto ettari di labirinto, tre chilometri di percorso totale sotto gallerie vegetali in canne di bamboo alte cinque metri provenienti dalla Liguria e dalla Francia. Così lo descrive lo stesso Franco Maria Ricci: “Ho discusso di labirinti tutta la vita, con Italo Calvino, con Roland Barthes, con Jorge Luis Borges. Lui ne era ossessionato, li citava continuamente nei suoi racconti, come nel Tema del traditore e dell’eroe, dal quale Bernardo Bertolucci trasse il suo “La strategia del ragno”. Borges rimase ospite a casa mia venti giorni, negli anni Ottanta, e fu allora che iniziai a pensare di costruire un labirinto vero“.

QUARTA TAPPA Il labirinto in Architettura – Il pellegrinaggio

La mondialisation aidant, on s’emploiera à une uniformisation des consciences poussées, talonnées, harcelées par la nécessité d’etre performantes. A la suite de quoi, ne fusse qu’imaginer une économie basée sur le Don paraitra futile, sinon dangereux. La plupart y verront l’acte d’un lunatique courant derriere une chimere.
Julien Friedler - La Verité du Labyrinte text n.8

Installazione di Maria Rebecca Ballestra in collaborazione con Lucia Palmero: 5 MINUTES FREE ZONE

Durante il dodicesimo e il tredicesimo secolo un tracciato a forma di labirinto, sempre unicursale, iniziò ad essere raffigurato nella pavimentazione interna delle cattedrali gotiche, come nel caso del duomo di Siena e delle cattedrali di Chartres, Reims e Amiens in Francia. Questi labirinti rappresentano il cammino simbolico dell'uomo verso Dio e spesso il centro del labirinto rappresentava la "città di Dio". La funzione del labirinto è quella di essere un simbolo del pellegrinaggio o del cammino di espiazione: spesso veniva percorso durante la preghiera, e aveva la validità di un pellegrinaggio per chi non poteva intraprendere un vero viaggio. Il passaggio attraverso il labirinto era chiamato anche "pellegrinaggio". Bisognava seguire un cammino obbligato e durante il tragitto non si poteva mai ripassare attraverso un punto già superato o abbreviare il percorso. La lunghezza e la tortuosità del percorso alludevano alle difficoltà che si possono incontrare seguendo il cammino spirituale. Il nuovo pellegrinaggio moderno, non più indotto da motivi religiosi spirituali, ma da necessità materiali politiche e sociali, è quello dei flussi migratori dai paesi poveri verso quelli ricchi.

5 MINUTES FREE ZONE

Vivendo da sempre in una terra di confine e non potendo rimanere indifferente al recente fenomeno degli immigrati bloccati al confine tra Italia e Francia, in presidio permanente sugli scogli dei Balzi Rossi, Maria Rebecca Ballestra ha deciso di declinare il tema del labirinto e del pellegrinaggio in rapporto alla migrazione. Nel cortile interno della galleria Spazio Testoni, un ombrellone a pannello solare che alimenta un’emissione radio ed uno schermo con alcune interviste e i racconti della traversata di alcuni emigranti a Ventimiglia. Lo stesso esemplare di ombrellone è stato installato al confine per permettere ai migranti di ricaricare i loro telefoni e chiamare a casa. Molti di loro, proprio come in un labirinto, sono completamente persi, non sanno esattamente dove si trovano, in che direzione devono andare, dove sono geograficamente i paesi che vogliono raggiungere.

MARIA REBECCA BALLESTRA (Ventimiglia 1974)
Il lavoro di Maria Rebecca Ballestra si fonda sulla rielaborazione e sulla reinterpretazione di tematiche sociali, politiche ed ambientali e sulla sintesi dei codici etno-culturali appresi durante numerose residenze d’artista realizzate in paesi geograficamente e culturalmente lontani. Il viaggio è la sua principale fonte d’ispirazione: la riflessione sulla storia, sulle tradizioni antiche e sulle usanze attuali dei diversi paesi del mondo sono uno strumento per relativizzare le differenze culturali che dividono gli uomini, per fuggire dalla prospettiva eurocentrica e per offrire ai suoi interlocutori nuovi punti di osservazione attiva e critica. Le opere di Maria Rebecca Ballestra spesso nascono come progetti site e context specific e si servono dello spazio che li accoglie per potenziare la loro valenza comunicativa ed emozionale. Le tematiche a cui le opere si ispirano sono forti, complesse ed attuali. I temi su cui riflette sono legati al doppio come emblema della circolarità dello sguardo, all’eco-sostenibilità e all’inquinamento e, più recentemente, al post-umano, al confine tra Natura e Scienza e tra naturale e artificiale.

La galleria Spazio Testoni ha presentato all’interno dei propri spazi e in Arte Fiera 2013 e 2014 opere del suo progetto Journey into Fragility (www.jouneyintofragility.com) iniziato nel 2012 è terminato nel maggio 2015 con un’installazione permanente sull’Isola della Certosa a Venezia realizzata con il supporto della Fondazione Alberto II di Monaco.

JULIEN FRIEDLER (Bruxelles 1950)
Filosofo e psicoanalista, prima di diventare poeta e artista visivo. Ha fondato nel 1990 la Compagnia artistica Spirit of Boz. Giocando ai confini dell'estetica, delle scienze sociali e del sogno, il "Boz" si materializza attraverso un gruppo di opere d'arte: testi, dipinti, installazioni e performance realizzate dall'artista, ma anche attraverso l'attuazione di un programma creativo partecipativo: BE BOZ BE ART.

Inaugurazione 5 settembre ore 18.30

Spazio Gianni Testoni La 2000+45
via d'Azeglio, 50 Bologna
mar-ven 16-20, sab 10,30-13 e 16-20, dom, lun e altri orari su appuntamento
ingresso libero

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