Rimessa. Un progetto nel quale ripensa ai lavori passati, proponendo una sorta di retrospettiva che mette momentaneamente il tempo in pausa.
Conversazione tra due persone di cui l’identità è ad oggi sconosciuta, registrata da un soggetto “autorizzato ad assistere” in data 08 / 07 / 1932 dalle ore 20:26 alle ore 21:26 presso il bar dell’hotel.
T: In che anno siamo?
E: Perchè?
T: Hai detto che quella foto risale al 1937 ma il calendario appeso marca il 1936.
E: Il calendario appeso dove? Ah..Si.. c’era un calendario una volta. Tutti passavano di lì e c’era il bisogno di capire il giorno, la data, l’ora, ma nessuno si accorgeva di chi stava passando affianco al divano o dell’acqua che cadeva dalla grondaia, in quei secchi disordinati nel giardino…
Tu parli di un calendario, e non del perchè c’è un lampadario acceso con il sole che arriva dalla finestra e divide due donne, una nera e una bianca, in una sala con un pianoforte rosso.
Dovresti capire perchè il calendario marca sempre la data sbagliata.
T: Marca la data sbagliata perchè voi avete sempre voluto confondere le acque. Per voi ogni buco della memoria è un’occasione per aggiornare il passato, facendo perdere le tracce del tempo che scorre. Voi al futuro non ci pensate mai?
E: Le tracce le abbiamo sempre in tasca, a volte le usiamo a volte no. E’ un gioco di attrazioni. La gente ha sempre bisogno di metterle in fila, di farle “quadrare”, di creare un percorso, con un inizio e una fine, ma non si accorge che le carte alla fine si mischiano sempre per iniziare un gioco nuovo. Un futuro? Tutto è sempre presente. Devi sempre rimettere sul tavolo. Forza gioca.
T: A me il vostro gioco non piace. E poi chi sei tu? Chi è lei? Chi sono quelle donne? Poi c’era quella pazza, che in verità faceva solo finta.. Esatto. Voi fingete sempre. La storia non è più storia, il tempo collassa. A voi non importa sapere chi siete?
E: Perchè parli al plurale? Esposto ai curiosi, questo lo sono sempre stato, ma non pensavo di dare l’idea di essere addirittura scisso in più entità. Hai bisogno di urlare il fatto che ti sei perso?
T: Non sono persa. Per voi la realtà, il passato, le identità sono come un copione o un palinsesto di fatti e persone che cancellate, modificate o inventate a vostro piacimento. Ma la mia mente è cosa mia, dolcezza cara, nella mia mente non potete entrare e falsificare date e accaduti.
E: Stai ancora parlando al plurale.
T: Perchè continui con questa storia del plurale? Arrivate da tutte le parti. Ma anche in quella casa di “piacere”, al numero 105 di quel Viale sai quante persone ho visto passare per di là, sembrava ci fossero i marziani. Mi vuoi dire che vi ho sognati?
E: Il guaio del movimento e del pluralismo è la scelta. Non riesci mai a fermare gli occhi su qualcosa di cui ti sei innamorato per più di un’ora o dieci minuti. Diventi succube, o complice di situazioni inadeguate alla tua natura. DIVENTI le altre nature, RUBI, giochi d’azzardo, e il TU diventa VOI come ora stai facendo notare tu. Ma non ti accorgi che il sogno è la veglia e viceversa? Ti occupi di qualcosa ogni giorno o di qualcuno. Occupi un tempo. Ti muovi senza ritegno, e poi se ti fermi l’unica cosa che ti viene da chiedere è, ma chi sei? Io mi bevo un pò di vino, mi fumo una sigaretta, o una canna a seconda del bisogno, e continuo a rubare “tempo al tempo”, oppure semplicemente ne creo altro.
C’era qualcuno che diceva: “sono il gioco irresponsabile di un timido che non ebbe il coraggio di scrivere racconti e si divertì a falsificare ( talvolta senza alcuna giustificazione estetica ) storie altrui.”
T: Quindi mi stai dicendo che tu vivi nel tempo che ti crei a seconda dell’umore? Non male se potesse essere vero. Ma dimmi quindi, mi interessa, in quale di queste reti di tempo che crei ci stiamo incontrando?
E: Scusa mi sono perso, di cosa stavamo parlando?
Inaugurazione 24 settembre ore 18
Galleria Canepa & Neri
Foro Buonaparte, 48 Milano
lun 15-18, mar-ven 10-13 e 15-19, sab 15-18
ingresso libero