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Alessandra Guigoni
dal 1/10/2015 al 23/10/2015
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1/10/2015

Alessandra Guigoni

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Faim de femme. Le opere presentate, oltre ad alludere al binomio cibo-corpo in modo del tutto ironico, mirano a porre il visitatore di fronte a se stesso e alla propria esistenza.


comunicato stampa

“Chi dice cibo dice donna” , scrive l’antropologa culturale Alessandra Guigoni. La donna è da sempre considerata “nutrice del pianeta”, pari alla Grande Madre, la terra, di cui la donna rappresenta il simbolo. Il corpo della donna, procreatore di vita e fonte di nutrimento è, allo stesso modo, fonte di turbamento, di seduzione, di libido. Sin dai primi giorni di vita, il bambino è attratto dal corpo della madre che lo nutre e per questo e per il suo calore ne desidera costantemente il contatto.

Il corpo della donna è quindi, anche nel rapporto materno, oggetto carnale di seduzione. Questo strumento di seduzione può tuttavia diventare oggetto di conflitti per la donna stessa, vuoi per un’educazione repressiva, vuoi per una serie di modelli che la società propone come ideali. Le conseguenze estreme di questo conflitto possono essere due: la rinuncia al proprio corpo attraverso l’esperienza mistica o l’anoressia e, in alternativa, il culto estremo del proprio corpo sino a considerarlo l’oggetto centrale della propria esistenza.

Secondo la Genesi, Eva fu la causa della “caduta” dell’uomo. Dalla “caduta” in poi, la storia ci parla della donna come dell’immagine della lussuria, dell’irrazionalità, della fragilità, della seduzione. Il resto è opera della società dei consumi che si serve del corpo femminile come strumento efficace di persuasione all’acquisto di birre, aperitivi, grappe, patatine, ecc.

L’eros, rappresentato dal corpo femminile, associato al cibo, nella visione comune diventano due aspetti di uno stesso piacere, di uno stesso desiderio, di una stessa seduzione. L’eros, come il cibo, “saziano” un bisogno fisico. La letteratura ha fornito sicuramente fonti d’ispirazione che hanno arricchito l’immaginario collettivo: Ne è un esempio la descrizione della bambina bollita presentata nel vassoio come pesce, al banchetto descritto da Curzio Malaparte ne “La pelle”.

Il titolo scelto per la mostra vuole essere prima di tutto un gioco di parole e suoni al quale si presta la lingua francese. “Faim” allude tuttavia ad una sorta di cannibalismo nei confronti del corpo femminile di cui la società dei consumi (e non solo) fa ampio uso.
La fame a cui alludo è una fame metaforica, indotta da una vita frenetica, frustrante, che fa sentire l’essere umano in uno stato di perenne insoddisfazione.

Le opere che intendo presentare, oltre ad alludere al binomio cibo-corpo, in modo del tutto ironico, mireranno a porre il visitatore di fronte a se stesso e alla propria esistenza attraverso una serie di “Vanitas” ed elementi-immagini che richiamano l’attenzione sull’aspetto precario e fragile della nostra esistenza.(gn)

Inaugurazione 2 ottobre ore 17.30

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