Archeologie del presente. Mappare, catalogare, documentare, archiviare: memorie di un mondo precario. La fotografia di Albertin e' esplorazione di scenografiche rovine architettoniche.
La fortuna di Genni Albertin, che probabilmente è una delle più a apprezzate giovani fotografe polesane, la dice lunga su quello che ci si aspetta dall’arte. Di sicuro l’espressione artistica contemporanea ha definitivamente divorziato dalla bellezza e ha l’ossessione di mappare, catalogare, documentare, archiviare: memorie di un mondo precario.
La fotografia di Genni Albertin è primariamente esplorazione e ricognizione di scenografiche rovine architettoniche. Quasi fosse un rabdomante di visioni, per un racconto sulla fragilità della nostra esistenza, scatta lavori disabitati e silenziosi per celebrare queste sue archeologie del presente.
Sistematica, rigorosa, incline ad immagini dove l’obiettivo è sempre centrale rispetto lo spazio. Ha messo a punto un occhio personalissimo che mira alla schiettezza della visione giocando con le simmetrie architettoniche, con la serialità degli elementi. Ogni dettaglio è perfettamente a fuoco producendo uno strano effetto sull’osservatore, a metà tra lo struggimento e la contemplazione. Certo c’è qualcosa di sacrale nelle sue fotografie, trasmettono allo stesso tempo serenità e inquietudine dove gli spazi appaiono come luoghi in cui perdersi…
Settembre 2015 Gianpaolo Gasparetto
Genni Albertin è nata nel 1980 a Porto Viro dove tutt’ora risiede. E’ vivo in lei, fin dall’infanzia, l’interesse per il mondo delle immagini. Già a quattordici anni, con la sua prima macchina analogica, lo sguardo era rivolto verso l’insolito. Dal 2009 ad oggi, la sua ricerca fotografica viene pubblicata e incontra riconoscimenti da parte della critica. Nell’aprile 2015 con il lavoro “Paesaggi perduti” viene ospitata a Fratta nella Villa Palladiana “La Badoera”.
Inaugurazione 3 ottobre ore 18.30
Ca’ Cornera
Stazione di sosta nel delta del Po
Ca’ Cornera, 3 – Porto Viro
tutti i giorni escluso mer 17-20
ingresso libero