Museo Diocesano d'Arte Sacra
Caltanissetta
viale Regina Margherita, 29
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Presepe... Vangelo di misericordia
dal 29/11/2015 al 26/12/2015

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Museo Diocesano d'Arte Sacra




 
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29/11/2015

Presepe... Vangelo di misericordia

Museo Diocesano d'Arte Sacra, Caltanissetta

Il presepe napoletano del XVIII secolo. In esposizione figure selezionate dalle scene dell'Annuncio ai pastori e della Taverna.


comunicato stampa

Il presepe napoletano del Settecento

E’ evento talmente straordinario che Dio si incarni in un bambino neonato e si faccia uomo tra gli uomini, che ben si comprende perché i credenti abbiano desiderato in ogni luogo e in ogni tempo rievocare la sacra Natività nelle varie forme dell’espressione artistica. Il presepe, la rappresentazione plastica della nascita di Gesù, ha origine dalle sacre rappresentazioni che in età medievale si tenevano nelle chiese in occasione del Natale, alle quali è probabilmente da collegare anche il presepe vivente ricostruito da S. Francesco a Greccio.

Con la loro decadenza, cominciarono a essere realizzate nelle chiese rappresentazioni in marmo o legno della Natività, spesso di grandi dimensioni, che tendevano a mantenerne lo spirito di realistica rievocazione. Nel ‘600 iniziano a diffondersi i presepi mobili,allestiti anche nelle case, con composizioni sempre più complesse e ambientazioni sempre più realistiche, gusto che tocca la sua espressione più alta con il ‘presepe napoletano del Settecento’.

In un suo magistrale saggio Raffaello Causa, illustre studioso, straordinario sovrintendente alle Belle arti di Capodimonte, ne diede la definizione di ‘presepe cortese’, vale a dire di un presepe sviluppatosi presso la corte borbonica e nelle dimore aristocratiche, alimentato da una grande disponibilità sia di danaro sia di spazi e, progressivamente, sempre più lontano dal dettato evangelico alla ricerca della sontuosità e della rielaborazione fantastica: insomma,un’esercitazione colta più che un atto di fede e, con una curiosa inversione dell’obiettivo iniziale, una rappresentazione realistica dei singoli dettagli o addirittura una raccolta di tanti piccoli capolavori, ma assolutamente “surreale” nel suo insieme.

Alimentato dalla passione della famiglia borbonica regnante, la “mania” tutta napoletana di ‘fare il presepe’ si diffuse tra gli aristocratici che avevano il danaro e la curiosità intellettuale necessari per spingersi ad una tale ricerca di perfezione nel ricreare le scene,da ricorrere a maestranze specializzate, architetti, scenografi, pittori, falegnami, costumisti, come se si dovesse mettere in scena un vero e proprio spettacolo teatrale. Del resto, le piccole sculture che rappresentano le figure umane – e che a Napoli vengono chiamate, genericamente, pastori - sono concepite come minuscoli attori da poter atteggiare in varie pose, grazie alla struttura interna snodabile in filo di ferro e stoppa. Fortissimi erano anche i legami con la letteratura, la musica e le arti figurative contemporanee, anche se oggi, senza uno studio approfondito, si riesce a coglierli con qualche difficoltà.

Il grandioso Presepe Cuciniello, esposto al pubblico in mostra permanente nel Museo di San Martino dal 1879, esprime al meglio tutte le caratteristiche del “presepe napoletano”. La scena della Natività costituisce il perno della composizione, tutta costruita su un supporto in sughero e legno, detto “scoglio”, riproducente un paesaggio roccioso con anfratti, forre e corsi d’acqua. Lo straordinario evento del Natale è collocato in un tempio antico parzialmente diruto, che allude alla sconfitta del mondo pagano da parte del nascente Cristianesimo; verso il luogo della Natività convergono i tre re Magi seguiti da uno straordinario Corteo di Orientali e Mori in magnifici costumi. Tutt’intorno, in una movimentata scenografia si possono identificare gli altri momenti fondamentali della composizione. A sinistra, l’Annuncio ai pastori mostra povere capanne e greggi con le rustiche figure dei pastori, che furono i primi a conoscere la lieta novella annunziata loro da un Angelo. Sulla destra si può vedere la scena più tipica e singolare del “presepe napoletano”, quella della Taverna, che, pur prendendo spunto alla lontana dall’episodio evangelico della mancata accoglienza in un ‘albergo’ di Maria e Giuseppe, diventa pretesto per raffigurare ogni sorta di cibarie della cucina napoletana, segno di un’abbondanza che era per i più soltanto un sogno.

Nelle sale del Museo troverete in mostra,proveniente da collezione privata, la straordinaria Sacra Famiglia di Giacinto Gigante (Napoli 1806-1876), esponente di spicco della Scuola di Posillipo. Raffinato pittore e collezionista appassionato di figurine di presepi, Gigante modellò per la sua collezione personale una straordinaria Sacra Famiglia, manifestando la sua intima emozione attraverso l’espressione dei visi: la Santa Vergine e San Giuseppe hanno le teste in terracotta policroma, mani e piedi in legno, busto in fil di ferro e stoppa; il Bambino Gesù è realizzato in legno policromo e riflette la fabbricazione barocca napoletana.

Provenienti dal Museo di San Martino di Napoli,che custodisce i nuclei collezionistici più celebri dell’arte del Presepe napoletano, saranno esposte selezionate figure presepiali dalle scene dell’Annuncio ai pastori e della Taverna,già proposte al pubblico nella prestigiosa sede del Museo della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca nel 2011; tre Angeli dell’Annuncioin mostra sono verosimilmente attribuiti ad Angelo Viva, discepolo di Giuseppe Sammartino, il massimo scultore napoletano del Settecento, autore del celebre Cristo velato della Cappella Sansevero di Napoli. Inoltre,numerosi oggetti di taverna, la scena che nei presepi napoletani restituisce un'immagine di opulenza e un’atmosfera godereccia, con la mostra di cibo sulla tavola, suonatori dii chitarra e mandolino, giocatori di carte, figure tratte da spaccati di vita quotidiana, tra cui venditori di frutta e verdura, galline, uova e formaggi, ma al tempo stesso nasconde delle insidie, essendo il luogo in cui è facile cadere nei vizi della gola e della lussuria, dove anche gli osti dietro l’aspetto allegro e la pingue corporatura, che condividono con le loro mogli ostesse, celano una natura diabolica, di cui è segno un curioso difetto fisico, un porro peloso frequente sui loro volti.

L’esposizione museale di questi straordinari pezzi ne rileverà il grande pregio artistico, restituendo loro il valore di vere e proprie sculture in “formato ridotto”. Riuscire a farle ‘vivere’ nel loro contesto, nella loro scenografia presepiale, il cosiddetto “scoglio”, significherà per il visitatore aver voluto coglierne l’oltre, le suggestioni del fatto artistico, la provocazione dell’arte.

Da testi di Ileana Creazzo, Curatore della Sezione Presepiale del Museo di San Martino, Napoli

Inaugurazione 30 novembre ore 17

Museo Diocesano d'Arte Sacra
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