Habitat. Privi di struttura narrativa, i video di Kjersti Sundland mostrano figure umane soggette a mutamento. La tecnologia, che l'artista sfrutta per decostruire e ricostruire la realta', diventa specchio di una identita' incerta ed in tal senso e' restituita come il luogo dell'anomalia, come realta' che costringe a metamorfosi qualsiasi cosa con cui viene a contatto.
Habitat
a cura di Alessandra Pioselli
Habitat (2004), videoinstallazione e disegni: Kjersti Sundland, norvegese, presenta il suo lavoro per la prima volta in Italia.
Kjersti Sundland lavora con il video e l’elaborazione digitale delle immagini. Attraverso un uso sofisticato delle tecnologie di manipolazione del materiale visivo, realizza video ambigui dove oggetto d’indagine non è solo l’identità , ma la distorsione che il filtro mediatico opera su di essa. Privi di struttura narrativa, i video di Kjersti Sundland mostrano figure umane soggette a mutamento. La tecnologia, che l’artista sfrutta per decostruire e ricostruire la realtà , diventa specchio di una identità incerta, ed in tal senso è restituita come il luogo dell’anomalia, come realtà che costringe a metamorfosi qualsiasi cosa con cui viene a contatto.
Habitat (2004) è una video installazione formata da alcuni disegni e un video proiettato in scala 1:1 su due schermi e una serie di disegni. Habitat è un luogo ambiguo. La prima sequenza mostra una stanza: un uomo dorme, un cane riposa, un televisore acceso trasmette segnali distorti. La videocamera scorre lentamente come un pendolo da un estremo all’altro della stanza. La sequenza è costruita attraverso quattro differenti video della stessa scena «incollati» l’uno all’altro, che danno l’effetto di un’unica immagine panoramica. Ad un certo punto la videocamera si avvicina allo schermo del televisore, ed esso diventa a tutto campo: il segnale distorto che trasmetteva si concretizza nell’immagine di un luogo pubblico condiviso da uomini e animali, ma la scena è disturbata, sporca, come se il segnale arrivasse ad intermittenza da una videocamera di sorveglianza.
L’atmosfera è sospesa. Un senso di incertezza e di inquietudine la pervade. Uomini e animali non si toccano, non si guardano, anche se sostano nella stessa dimensione spazio temporale. Un filo sottile, un accenno impalpabile, passa dagli uni agli altri. Nella dimensione onirica e televisiva non c’è più distinzione di genere e di identità . La scena è realizzata mescolando immagini dello Zoo e della metropolitana di Berlino. Il rumore di fondo è un mix di suoni registrati in questi luoghi e su di esso si staccano le voci di una donna e di un uomo che alludono ad una persona forse annegata. Nuovamente, la videocamera torna nella stanza. Il televisore continua a mandare interferenze, l’uomo e il cane a dormire. Il video è in loop.
La videocamera che passa dall’uomo al cane, che indugia come se volesse scavare nei sogni, sembra una spia nell’incedere lenta ma implacabile. Kjersti Sundland si serve degli «effetti speciali» non solo per dare vita a realtà incongrue, ma per portare allo scoperto la potenza manipolatrice dei mezzi di elaborazione e diffusione delle immagini. In Habitat si ha l’impressione di essere sempre sotto il controllo di un «occhio indiscreto». In scala 1:1, le immagini fanno sì che lo sguardo dello spettatore voyaeur si identifichi allo stesso tempo in quello indagatore della videocamera.
Kjersti Sundland è nata nel 1972 a Bergen (Norvegia). Vive e lavora a Oslo e Berlino.
Ha studiato al Royal College di Londra, alla Coventry University e alla National academy of arts di Oslo.
Nel 2001 ha vinto il Digital media award dell’Atelier Nord media Lab.
Inaugurazione: 14 ottobre 2004, ore 18.30
15 ottobre – 27 novembre 2004
Con il contributo di O.C.A. Office for contemporary art Norway
Artopia, via Lazzaro Papi 2, Milano