Vernis a Venis. La fotografia e la tela, il pennello e la macchina fotografica si fondono e confondono, scambiandosi ruoli un tempo propri. Come nei 'capricci' dei vedutisti, Tomasi da una visione falsata della realta', mettendo alla prova la conoscenza e l'archivio mnemonico di ogniuno, creando difficolta' nel distinguere il vero dal falso.
Vernis a Venis
A prima vista vediamo una stampa su tela di altissima precisione e
crediamo di guardare una pittura iper-realista. Ma se ci avviciniamo,
capiamo che si tratta di una fotografia stampata su tela. La nostra
prima sensazione viene cosi' smentita. Ci chiediamo, a questo punto,
cosa ci sia dietro questi paesaggi visti, pare, mille volte almeno
cosi' sembra nei nostri ricordi. Piu' guardiamo e piu' le nostre
certezze vacillano. C'e' un qualche cosa, piccoli dettagli che
attirano la nostra attenzione sgretolando pian piano le nostre certezze
visive. Qualcosa ci dice che stiamo guardando situazioni impossibili:
barche che galleggiano in zone inaccessibili, aeroplani che volano in
spazi chiusi al volo privato, prospettive grandangolari impossibili da
avere in un solo colpo d'occhio. Gian Paolo Tomasi, classe 1959, torna
a sconvolgere il mondo, questa volta dell'arte, come gia' aveva fatto
nel 2001 con quello della moda e della comunicazione pubblicando le sue
modelle virtuali. Sei splendide creature di cui svelava misure,
hobbies ognuna perfino con un proprio passato. Unico particolare:
erano tutte inesistenti! Completamente inventate al computer. Sottile
critica a quelle bellezze da copertina -altrettanto finte - che oggi
sembrano essere il metro o la meta per le donne di ogni dove. Bellezze
virtuali che hanno scioccato il mondo della moda perche' dimostrava
quanto la tecnologia di oggi renda superflui fotografi, modelle,
agenzie, set fotografici. Tutte create con una veridicita'
impressionante e credibile, esattamente come avviene guardando i suoi
lavori artistici. La serie su Venezia, Roma o Verona implica una chiara
ed evidente citazione dei vedutisti del '600 (Vanvitelli) e del '700
(Guardi, Bellotto e Canaletto) a dimostrare una trasversale unione e
continuita' tra passato e contemporaneo. Tomasi "contamina" cosi' con
i segreti della sua cultura fotografico-virtuale, linguaggio veloce e
contemporaneo, quel campo delicato che e' la pittura, linguaggio
antico, che richiede, per essere assaporata, il tempo lento di uno
sguardo profondo. La fotografia e la tela, il pennello e la macchina
fotografica si fondono e confondono, scambiandosi ruoli un tempo propri
e testimonianza per se' stessi di campi distinti. Cio' crea un
ennesimo corto-circuito mentale nella nostra percezione: cosa stiamo
guardando allora? La citazione stessa diventa prova della modernita'
degli artisti del passato che dal '400 anticiparono, con l'uso della
camera ottica, tecniche pre-fotografiche. I "capricci" veneziani dei
vedutisti settecenteschi sono concettualmente identici ai paesaggi
virtuali di Tomasi, quindi inesistenti. E come nei "capricci" dei
vedutisti, Tomasi da' una visione falsata della realta', mettendo alla
prova la nostra conoscenza e il nostro archivio mnemonico, creandoci
difficolta' nel distinguere il vero dal falso. Tomasi in fondo non
rivoluziona la scena ma si limita a spostare e inserire piccole cose,
mantenendo l'atmosfera di una credibile realta' da cartolina se non
fosse per un piccolo - straniante - dettaglio od un improbabile
spostamento d'orizzonte che inserisce. Cos'e' vero allora, cio'
che l'occhio vede o cio' che la sua fantasia ci spaccia come tale?
Tomasi fonde realta' e fantasia costruendo un mondo privato dove ognuno
di noi e' invitato ad entrare, costruendo una versione plausibile di un
posto certamente impossibile. Ad ognuno di noi capire dove l'irreale
diventa credibile.
Opening: sabato 4 dicembre 2004 dalle ore 18:30
Orario galleria: 10-13 16-20
Galleria Mycollection
Sottoriva, 12 Verona