Scambio di confidenze tra le mani e l'argilla. Un'originale mostra di lanterne che si credono case, campanili, presepi, gatti. Tutte realizzate in terracotta con stile fresco e ingenuo e ironico da Bruno Maggio; nella sua opera si incontrano le tradizioni popolari del Salento e le stilizzazioni propri alla grafica e al design.
Scambio di confidenze tra le mani e l'argilla
Un'originale mostra di lanterne che si credono case, campanili, presepi, gatti.
Tutte realizzate in terracotta con lo stile fresco e ingenuo di un delicato quanto ironico poeta della materia: Bruno Maggio, nella cui opera si incontrano le tradizioni popolari del Salento e le stilizzazioni proprie della grafica e del design.
La capacità di Maggio di reinterpretare creativamente la tradizione ceramica pugliese attraverso oggetti-giocattolo, come ad esempio i divertenti fischietti che costituiscono un motivo ricorrente nella sua arte e con cui ha vinto il 1° Premio Nazionale del fischietto in terracotta (Ostuni, 1984), si applica ora ad un oggetto antico e carico di significati, la lucerna, reinterpretato con uno stile che riecheggia grandi artisti contemporanei e riunisce nella mostra organizzata dalla Fondazione Lungarotti oltre 25 pezzi coloratissimi e originali.
In Lucignando, Maggio gioca con il suono ma anche con la luce, che dà calore ad oggetti scanzonati e ai suoi ironici personaggi. Una galleria di creazioni fantastiche e senza tempo.
Nato a S. Cesario (Le) nel 1943, dopo il diploma presso l'Istituto Statale d'Arte di Lecce, Maggio si diploma in grafica pubblicitaria (1965) a Firenze dove lavora nel campo dell'animazione cinematografica e della grafica pubblicitaria.
Dal 1976 inizia la ricerca nel settore della ceramica. Suo principale oggetto di interesse è la produzione tradizionale e popolare del Salento, rivisitata nei suoi motivi classici del fischietto e della campanella.
Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive.
La Fondazione Lungarotti sostiene con attività scientifiche e culturali la locale economia vitivinicola e oleicola e rappresenta l'espressione culturale della Cantina Lungarotti di Torgiano, azienda che ha reso famoso nel mondo il vino umbro. La Fondazione gestisce due importanti musei: il Museo del Vino aperto al pubblico dal 1974 e il Museo dell'Olivo e dell'Olio attivo dal 2000, dove fin dall'inizio, nel periodo autunnale, quasi ad accompagnare l'arrivo dell'olio nuovo, sono ospitate mostre tematiche dedicate alle lucerne e interpretate di volta in volta da un artista diverso.
Il Museo dell'Olivo e dell'Olio. Nato nel 2000, vale a dire 25 anni dopo il Museo del Vino, segue la stessa impostazione a tutto tondo che caratterizza il "fratello maggiore": pezzi tecnici e meccanici si alternano a gioielli archeologici ed artistici, la cultura classica si affianca a quella più moderna, attuale, alternativa. Il percorso museale inizia con la storia dei sistemi di coltivazione e lavorazione dell'olivo e, nel corso di dieci sale, racconta molte cose e stupisce con manufatti rari e a volte imprevisti.
Qualche esempio? Una lucerna di marmo greca del VII sec. a.C., l'elegantissima oliera "Suemare" in ebano, avorio, acciaio e cristallo firmata Cristophle anno 1925; una vanitosissima serie di portasaponi in rame stagnato (XIII e XIX sec.). E c'è persino un telaio umbro del XX secolo. Come mai? Perché l'olio serviva (fino a non moltissimi anni fa) per ingrassare le fibre nel processo di lavorazione della lana. In poche parole: il museo, ospitato in un ex frantoio (ancora funzionante, fra l'altro, in epoca recente) mette in luce gli innumerevoli e differenti usi dell'olio nella storia, dall'illuminazione all'alimentazione di ieri e di oggi, dallo sport alla cosmesi, alla medicina. Del resto la pianta dell'olivo e il prodotto derivato dal suo frutto nell'immaginario popolare ha da sempre valenze simboliche, propiziatorie e curative, molte delle quali sono ormai largamente confermate dalla scienza.
Il Museo del Vino. Tutto tranne che un museo-contenitore di botti e bottiglie: è una sorta di macchina del tempo dove ripercorrere 5000 anni di storia umana rappresentata in ogni suo aspetto. Oggetti e collezioni spaziano in ogni direzione: reperti sempre colti e raffinati ma adatti a tutti i gusti, dai più "impegnati" ai più "frivoli".
In 20 sale il vino è proposto nel suo stretto legame con l'uomo, nell'uso quotidiano e nell'immaginario, nelle tecniche di produzione e nelle arti applicate, dall'antichità ad oggi.
Vi si trovano reperti archeologici provenienti dall'intero Mediterraneo, simboli religiosi, esemplari di letteratura antica: da Catone a Nietzsche, dai proverbi ai trattati di agricoltura italiani e francesi, fino ai primi libri di cucina e a quelli con antichi segreti di bellezza e "cure" per i mali dell'anima. E ancora: opere d'arte, come l'elegante coppa di vetro soffiato dalle sembianze femminili disegnata da Jean Cocteau, una vasta collezione di ceramiche da vino di età medievale fino alle ceramiche di Gio' Ponti e altri maestri del '900, oltre 600 incisioni che vanno da Mantegna a Picasso.
Da segnalare anche cose strane e curiose, divertenti e romantiche. Fra i piccoli tesori, la più completa collezione di ferri da cialde, gli antesignani dei moderni biglietti da visita, cioè gli "attrezzi" con cui le famiglie nobili, dal Cinque/Seicento in poi, "firmavano" i dolci che venivano offerti agli ospiti col Vin Santo. Sul fronte del gioco, ecco i "bevi se puoi", irridenti e raffinate brocche scherzo che mettono alla prova i bevitori chiedendo loro di individuare il meccanismo che consente di accedere al vino. Alcune sono state realizzate da ceramisti o maestri vetrai su commissione di famiglie nobili del Rinascimento, altre sono di origine popolare ed epoca più tarda, tra Otto/Novecento. C'è poi tutta una parte allegro-amorosa: si va dalle stampe ed incisioni a tema bacchico-dionisiaco, in cui ricorrono scene di feste dal divertimento sfrenato, ai numerosissimi bicchieri e contenitori da vino "amatori" (cioè doni d'amore spesso realizzati su commissione).
Il tutto lungo un percorso reso facile e ulteriormente piacevole da grafici, immagini e didascalie. Ma la Fondazione Lungarotti ha pensato anche ai visitatori più esigenti, "quelli che vogliono sapere tutto" su periodi storici, correnti di gusto, tecniche, artisti e botteghe: per loro ci sono gli album volgibili a parete: qui si trova anche la documentazione sull'Umbria viticola, la produzione, i consumi, le usanze e molto altro ancora.
Orari di visita: lunedì-domenica: 10-13; 15-18. Ingresso libero
Ufficio stampa: Lead Communication - Anita Lissona, Barbara Franco T. +39 02.86.06.16 - F. +39 02.86.43.57
Fondazione Lungarotti
Museo dell'Olivo e dell'Olio
Torgiano (PG)