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Dialogo di tempi e di luoghi
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12/12/2004

Dialogo di tempi e di luoghi

TufanoStudio25, Milano

Giovanni Sabatini e Antonio Scaccabarozzi. I due autori hanno una lunga esperienza di ricerca nell'ambito della formazione e della percezione e presentano ciascuno i risultati di due progetti elaborati in tempi diversi, uno negli anni '70, l'altro oggi. Un dialogo fra posizioni generazionali differenti e fra i rispettivi atteggiamenti estetici


comunicato stampa

Si inaugurerà il 13 dicembre 2004 alle ore 18.30 presso tufanostudio25 la mostra di Giovanni Sabatini e Antonio Scaccabarozzi

I due autori, sulla scorta della loro pluridecennale esperienza di ricerca nell’ambito della formatività e della percezione presenteranno ciascuno i risultati di due progetti elaborati a distanza di anni, uno negli anni Settanta, l’altro oggi. Il dialogo a distanza si verifica in primo luogo con i presupposti della loro ricerca, ma anche con posizioni generazionali differenti, oltre che fra i rispettivi atteggiamenti estetici, posti in rapporto nel luogo espositivo.

Intenzione di Sabatini e Scaccabarozzi, artisti ben noti nell’ambito delle tendenze di eredità astratto-costruttiva, è quella di proporre, in un luogo che si è contraddistinto in questi anni principalmente come spazio aperto a iniziative di artisti della più giovane generazione, un processo di verifica di una concezione artistica fondata sul rigore logico e sulle possibilità tecnologiche attuali, all’insegna di un costante dialogo con il prorpio tempo.

In particolare, Giovanni Sabatini proporrà in diverse forme un progetto di indagine sulla percezione cromatico-luministica, indicato come Rapporto di luminosità. Originariamente concepito come una sequenza di quindici tavole dipinte, con l’adozione del tipo di legno più dozzinale – un truciolare di genere commerciale – sulle quali le bande cromatiche rispondevano a criteri di analisi della quantità di luminosità in rapporto con l’estensione dello spazio ricoperto, secondo una variazione che andava dalla estrema chiarezza alla maggiore oscurità, il progetto è stato recentemente ripetuto con un sofisticato programma di gestione dell’immagine al computer. Quelle quantità, una volta studiate secondo un processo empirico, sono ora affidate a un’elaborazione numerica che pare togliere aleatorietà al percorso visivo e percettivo. In realtà a Sabatini interessa proprio sottolineare il riproporsi differente dell’identico, dove il computer può fornire un perfezionamento in chiave meccanica o semplicemente offrire l’opportunità di realizzare in modo apparentemente schematico un progetto già pienamente esistente nel momento in cui viene concepito.

Il percorso visivo è completato, inoltre, da un video di lunga durata – un’ora – dove quel processo, esplicitato a parete da una sequenza di quindici stampe su alluminio che ripetono le quindici tavole degli anni Settanta, viene ripreso e seguito in estensione temporale e con un commento musicale. Negli anni Settanta Sabatini aveva effettivamente ripreso fotograficamente l’evolversi del processo pittorico, rappresentando la temporalità del visivo in altro modo. Ora la manualità della variazione viene meno, di fronte a un passaggio dalla chiarezza all’oscurità che può essere giudicato tanto artificiale quanto naturale.
Scaccabarozzi per vie diverse accosta un esemplare della sua ricerca analitica sulla disposizione del segno nello spazio, una delle modalità operative da lui praticate negli anni Settanta, a suoi lavori recenti, dove le variazioni di forma-colore derivano dal materiale ora adottato, il polietilene dei comuni sacchetti della spazzatura, che diviene materia-colore. Trasparenze, impercettibilità fisica e visiva delle profondità evocate, possibilità di illusione, sono i fattori attorno ai quali verte la composizione, mai definitiva, di questo leggero velo di colore strutturale e strutturato.
I punti e le linee che segnavano lo spazio con l’immutabilità di un ritmo costante, fondato sulla processualità indagata in ambito costruttivo, ma ancora e fortemente manuale, diventano oggi gli spazi vuoti e pieni di un modo di costruire per “velature” moderne e tecnologiche, quello che la pittura sembra non poter più fare. Il suo lavoro attorno alla pittura, che sorge dall’intenzione di dare all’autore non un ruolo di protagonista, ma di osservatore dei percorsi visivi instaurati, trova una forma di convergenza nella variazione, più che nella ripetizione.
Il dialogo-confronto è fra i modi di agire di due epoche differenti, ma forse non così tanto da introdurre una nota di scarto definitivo.
Quell’agire razionale e sulla forma, ma nello stesso tempo fondato sull’impossibilità di affermare una concezione stabile del passaggio dal progetto alla sua realizzazione costituisce, una volta di più, il filo conduttore di un rapporto che tanto Sabatini quanto Scaccabarozzi intrattengono con il tempo, il proprio tempo, quello in cui hanno avviato una loro ipotesi di ricerca e quello nella quale questa ipotesi iniziale si dipana.
Computer, ritrovati plastici e altri strumenti ed espedienti possono essere motivo di precisazione di un modo di svolgere quelle idee che hanno valore in sé, come momenti che attivano un processo compositivo e percettivo che non si arresta nemmeno alla apparente stabilità dell’opera compiuta.
Francesco Tedeschi

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